Come conciliare lo sviluppo applicativo e l’erogazione dei servizi IT con le esigenze dei nuovi business digitali? Questo è il problema che molte aziende stanno affrontando attraverso l’innovazione tecnologica, organizzativa e di processo, in accordo con gli specifici contesti: “Il ripensamento dei modelli di business in chiave digitale, unitamente all’esigenza delle aziende di trovare forme di coinvolgimento e di condivisione con gli utenti/clienti sempre più efficaci, porta il software al centro della strategia – spiega Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno in occasione dei due Executive Cocktail organizzati a Roma e Milano in collaborazione con Micro Focus – dandogli un forte valore di business. Ma se le applicazioni diventano sempre più cruciali, serve agire rapidamente per velocizzare i cicli di sviluppo, di rilascio, avere feedback continuativi e sicurezza integrata. Un obiettivo non proprio semplicissimo, considerando l’attuale struttura organizzativa delle imprese che, specialmente per quanto riguarda lo sviluppo software, vede ancora modelli a silos, processi sequenziali e una forte presenza di applicazioni monolitiche difficili da modernizzare”.
C’è quindi oggi più che mai l’urgenza di adottare metodi più agili e collaborativi per innovare il parco applicativo oltre che fame di strumenti per velocizzare e rendere continui i cicli di rilascio, integrare la security, combattere le rigidità che ancora ostacolano il cambiamento: “L’IT è divenuta pervasiva e parte integrante dei prodotti e dei servizi al cliente – spiega Giulio Nicelli, senior researcher per l’Osservatorio Cloud & ICT as-a-service del Politecnico di Milano, – da qui l’esigenza di dare agli utenti la migliore user experience possibile, cosa che ha impatto su chi deve creare le applicazioni ed erogarle”.
La competizione sul mercato si gioca sempre sulla tecnologia: “Tra le innovazioni più pervasive c’è l’intelligenza artificiale (AI): aumenta il valore dei dati ai fini del business, permette di recuperare efficacia e sicurezza nella gestione IT, di disporre di ‘alter ego’ virtuali per attività semplici e ripetitive, di creare piattaforme conversazionali per interagire in linguaggio naturale con le macchine. E oggi è possibile usare la realtà aumentata per il training delle persone o per facilitare complesse operazioni di manutenzione e molto altro”, afferma Nicelli. Per trarre vantaggio da tutto questo, gran parte del software in uso va modernizzato adottando architetture basate su eventi, strumenti per gestire la sicurezza, il rischio applicativo, gli SLA con i fornitori: “Compito non semplice e non realizzabile con il metodo waterfall o con i tradizionali approcci negoziali con fornitori – continua Nicelli -. Serve adottare la metodologia Agile, e non solo a livello dell’IT”.
Il modello Agile per l’innovazione dell’IT e dell’impresa
Il modello Agile introduce nuovi concetti nello sviluppo di prodotti e servizi, cambiando fortemente le abitudini, i modi di lavoro e i rapporti con clienti e fornitori: “Agile ‘spezzetta’ l’approccio waterfall in piccoli subset di funzioni che è possibile realizzare in parallelo, in tempi ridotti – spiega Nicelli -. Questo permette all’utente finale di poter fruire subito dei prototipi e dare feedback. Dall’interazione tra clienti e team di sviluppo si ottiene il risultato desiderato”. Agile è oggi sempre più usato nel mondo, Nicelli cita i dati dello State of Agile Report (realizzato da Analysis.net Research e giunto alla 12ma edizione): “Il 94% delle aziende mondiali dichiara d’impiegare Agile, anche se solo per l’8% riguarda la totalità dei team di progetto”. Ad essere più avanti sono le startup: “non avendo vincoli possono scegliere di adottare i metodi e i modelli organizzativi più adatti all’innovazione continua – continua Nicelli -. La maggior parte delle aziende [58%, ndr] lo sta sperimentando o introducendo, il 32% ha più della metà dei team che operano in Agile”.
Per quanto riguarda l’Italia, i dati dell’Osservatorio Enterprise Application Governance del Politecnico di Milano rivelano che su un campione di 150 grandi aziende, “il 17% usa Agile in modo esteso, il 36% in alcuni progetti, mentre il 27% lo sta valutando”. Se da una parte Agile aiuta a sviluppare progetti e fare sviluppo secondo i requisiti dettati dal business, dall’altra serve ‘mettere a terra’ questa capacità rendendo più agili anche le operation. “Questo si fa unendo sviluppo e operation in DevOps, ancor meglio con DevSecOps integrando la security come elemento di routine in ogni fase del ciclo di vita – prosegue Nicelli -. Per far questo servono tool di automazione, ma anche strumenti per facilitare la comunicazione e la collaborazione cross-funzionale tra team, cambiare i modi con cui si fanno pianificazione, budget e si ottiene il coinvolgimento dell’utente finale. Per riuscire, molte aziende devono distribuire l’ownership decisionale, cambiando l’organizzazione e acquisendo nuove competenze. Solo in questo modo l’IT può riuscire a portare il massimo valore all’impresa”.
Adeguare il delivery con DevOps
Marco Bertini, EMEA business development Professional Services di Micro Focus, ha testimoniato l’esperienza maturata in centinaia di progetti: “Gli aspetti del delivery dei servizi IT sono fondamentali per garantire velocità ed evitare che le line-of-business (LOB) si arrangino da sole, con soluzioni non adeguate – spiega Bertini -. In aziende che non siano startup è un impegno molto complesso e l’obiettivo può essere raggiunto solo lavorando passo per passo”.
Secondo Bertini il punto cruciale è l’allineamento tra sviluppo e operation: “Non si possono attendere mesi tra il termine di una ‘build’ e il rilascio finale. Non è utile sviluppare velocemente se a valle manca la capacità di mettere in produzione e di riutilizzare le informazioni su problemi, performance e scalabilità rilevate nel running delle applicazioni. Questo è ciò che Micro Focus fa, dando supporto a cicli continui di pianificazione, definizione, sviluppo, build e test, rilascio e operation. Si aggiungono inoltre gli strumenti per il supporto dei cicli ‘esterni’ di continuous assessment, per realizzare la raccolta in comune di tutti i dati che riguardano prestazioni, test, guasti e incidenti, a supporto di chi fa operation, ma anche security e pianificazione del business”.
Un modo per capire l’efficacia di processi di sviluppo nella propria azienda è, per Bertini, chiedersi quante informazioni vengono riportate dalla fase di run all’inizio del ciclo di sviluppo e quindi quante di queste passano da chi rileva i problemi a chi fa pianificazione di business e infrastrutturale. “Questo si ottiene utilizzando tool di collaborazione, automazione, tecniche analitiche e machine learning, ma richiede nuovi modi di lavorare e attitudine delle persone”. Non mancano gli esempi virtuosi. “Nelle imprese più avanzate vediamo l’IT rapportarsi in modo differente con le LOB, impegnandosi sui temi dell’efficienza, dell’automazione e della collaborazione, fornendo aiuto per ristrutturare i processi con soluzioni in grado di evitare il lock-in, ossia legami troppo stretti con i fornitori”. Sul fronte delle tecnologie, le scelte migliori sono quelle che permettono all’azienda di cambiare più rapidamente in funzione delle condizioni di mercato. “Strumenti come gli enterprise service portal, chatbot testuali e vocali, tool di ‘robotics process automation’ permettono di velocizzare i business ed estendere i servizi ai clienti fuori dai normali orari di lavoro – precisa Bertini -. Fondamentale poter disporre di strumenti di monitoraggio che vanno oltre le infrastrutture e i servizi, con indicatori di business capaci d’imparare, fare analisi predittive e ridurre i livelli di rischio. Serve avere strumenti per automatizzare il rilascio applicativo, rendendolo più veloce, evitando disallineamenti sia tra sistemi interni e cloud pubblico”.
Dalla “robotic process automation” allo smart ticketing
L’automazione dei processi ha oggi una nuova definizione allo ‘stato dell’arte’ nella robotic process automation, che promette di sostituire gli esseri umani nelle attività più ripetitive grazie a un insieme di strumenti di process management, bot intelligenti e orchestratori. “I robot-software possono svolgere task elementari di data entry, analisi dati, elaborazioni su e-mail affiancando gli esseri umani nei processi di business”, spiega Bertini.
Micro Focus ha recentemente applicato questa tecnologia in un istituto bancario per robotizzare il processo di rilascio delle carte di debito/credito, “che realizzato in modalità manuale richiedeva molti giorni per essere completato. I bot scaricano le informazioni, fanno verifiche su mainframe, quindi compongono e inviano le e-mail di risposta in meno di un giorno – precisa Bertini -. Al personale resta solo gestire le situazioni anomale o che richiedono verifiche ulteriori. In questo modo la banca ha ridotto tempi ed errori manuali e ottenuto l’operatività 24×7”.
Ci sono altri modi con cui l’IT può aiutare l’innovazione dei business. “Ci sono in azienda grandi quantità di dati non strutturati, come immagini, testi, rapporti di chiusura dei ticket, ecc, che non sono fruibili mentre sarebbe utile poter condividere e utilizzare”, spiega Bertini. Dati relativi a problemi di software, utilizzo dei sistemi, costi infrastrutturali e altri possono essere utilizzati per il chargeback verso le divisioni aziendali, come per valutare se, per esempio, i risparmi ottenuti nello sviluppo del software non abbiano avuto, come contraltare, un aumento dei costi per le operation. “Ci sono strumenti per riconoscere testi e ricercare informazioni nelle immagini – precisa Bertini -. È possibile categorizzare i ticket, raccogliere le informazioni sui problemi già noti e quindi abilitare dei virtual assistant in grado di fornire risposte in chat o voce, rendendo gli utenti autosufficienti, e non solo nell’ambito IT”. Queste capacità sono alla base dei sistemi di smart ticketing: “È raro che un utente che ha un problema sia in grado di fornire indicazioni precise a chi deve risolverlo – commenta Bertini -. Per questo è molto importante disporre di sistemi capaci di ricavare le informazioni mancanti dal contesto”.
Le esperienze dell’introduzione di Agile e DevOps nelle aziende
Gli Executive Cocktail di ZeroUno hanno dato l’occasione ai partecipanti di Roma e Milano di scambiare esperienze, opinioni e ricevere i suggerimenti dagli esperti. Alessio D’Andrea, senior project manager di Sogei, ha parlato della sperimentazione del metodo Agile nei processi di sviluppo software della propria azienda: “All’inizio eravamo un po’ scettici e consideravamo Agile un po’ una moda, ma poi ci siamo ricreduti e lo abbiamo utilizzato – spiega il manager –. Agile dà il meglio di sé nello sviluppo delle app mobili, mentre per applicazioni in ambito governativo preferiamo usare il Waterfall. Non è una metodologia facile da applicare per gli sviluppi fatti in outsourcing”, può infatti essere facile commissionare a un fornitore esterno un software con specifiche date, ma non è semplice garantire la collaborazione e la sinergia diretta e continua richiesta dal metodo Agile. D’Andrea segnala inoltre la difficoltà nell’applicare il metodo con l’organizzazione esistente, “che separa la responsabilità delle infrastrutture l’IT da quella applicativa, e divide quest’ultima tra gestione e sviluppo”.
D’Andrea segnala inoltre la difficoltà nell’applicare il metodo con l’organizzazione esistente, “che separa la responsabilità delle infrastrutture l’IT da quella applicativa, e divide quest’ultima tra gestione e sviluppo”.
Secondo Nicelli, Agile è adatto laddove gli aspetti tecnologici e funzionali non possono essere determinati con esattezza: “In questa condizione, i problemi emergono molto prima che con il Waterfall e si abbassa il rischio. Agile e DevOps sono modi per mantenere il focus sul valore del prodotto finale e non sulle fasi di realizzazione”.
Ha dato un ulteriore punto di vista Daniela Palazzo, project manager GSE (distribuzione energia): “Agile ci permette di ottenere risultati utili anche in presenza di requisiti poco chiari e utenti che non sanno perfettamente ciò che vogliono – spiega la manager -. Agile ci aiuta a risparmiare tempo nei progetti a scadenza legati all’entrata in vigore di nuove normative. Per esempio ci fa risparmiare una buona parte di documentazione: elenchi di dettagli e requisiti che nessuno in passato ha magari mai letto, nemmeno per le approvazioni”. L’approccio Agile alla documentazione è un aspetto che Micro Focus indirizza con propri tool: “Non significa rinunciare a tracciare i requisiti – spiega Bertini – ma solo farlo in modo più semplice, anche in Saas, collegando queste informazioni con le fasi di test per poi automatizzare il rilascio su piattaforme interne ed esterne, degli ambienti di prova o di produzione”.
Agile è importante anche per Salvatore Mantaci, head of contact center platform di Actia Italia, (automotive): “La metodologia ci ha dato velocità e produttività, aiutandoci nella rottura dei silos. Ma per far funzionare Agile – ha sottolineato Mantaci – è stato necessario interpretare la metodologia per adattarla alla nostra cultura aziendale.”
Un’altra testimonianza viene dal mondo delle assicurazioni: “Il nostro lavoro è cambiato moltissimo nel corso degli ultimi anni – spiega Anna Continella, direzione ICT & digital innovation di Sara Assicurazioni –. Agile ci ha aiutato a cambiare i sistemi e le applicazioni a supporto delle agenzie. Entro ottobre andremo in produzione con il nuovo ambiente di emissione delle polizze, realizzato in una frazione del tempo che era servita per la realizzazione di quello attuale. In un solo un mese abbiamo completato il passaggio dal nostro sistema legacy e-mail (Lotus Notes) verso Gmail di Google. Ora stiamo valutando l’ipotesi di migrare l’infrastruttura di server farm remote verso il cloud ibrido”.
Le risposte ai problemi di organizzazione, sicurezza e governance sui dati
L’integrazione della robotica nei processi suscita le riflessioni di Sandra Zappalà, responsabile applicazioni di Deutsche Bank: “Abbiamo processi che richiedono molte attività manuali e che potrebbero essere resi più veloci e automatizzati. È però difficile convincere il cliente [interno, ndr] che il cambiamento è fatto per il suo bene o che è necessario reingegnerizzare i processi per renderli efficaci”. Gli ostacoli organizzativi all’innovazione sono un problema per Roberto Carnevale, IT manager di Solvay: “Stiamo lavorando per trovare la quadra tra chi sviluppa e chi rilascia al cliente finale [oggi in dipartimenti indipendenti, ndr] – spiega il manager -, integrando i team che si occupano di SAP, nuove tecnologie e del rilascio dei portali. Guardiamo ai concetti di continuous delivery e continuous testing, ma il cambiamento non è semplice, abbiamo bisogno di inserire il change management nei progetti”. Per Cristiano Campion, cyber insurance di Allianz (assicurazioni), il problema è ridurre al minimo i rischi di sicurezza: “Siamo passati attraverso GDPR, ma non è uno scherzo fare in modo che durante l’intero ciclo di sviluppo dell’applicazione, dalla fase di progetto a quella operativa, le manipolazioni dei dati avvengano in conformità di legge”.
Un problema simile a quello più generale che denuncia anche Giuseppe Messina, delivery manager SI di Sky Group: “Sono circa due anni che abbiamo introdotto su 10 team il framework Agile Scrum con la continuous integration, il continuous deployment e la data security. La governance sui dati è l’ambito più critico perché serve bilanciare il rigore e il controllo sul dato con la garanzia di continuous integration e deployment”.
La presentazione dei dati è un aspetto chiave per Paolo Macculi, project manager di ENI: “L’innovazione ha grande bisogno dei dati, ma serve avere la capacità di visualizzarli nel modo migliore per aiutare la comunicazione e creare fiducia tra gli interlocutori”, spiega il manager.
Saper estrarre saggezza dalle informazioni per far agire bene le persone nel momento giusto è un obiettivo per Nicelli: “I servizi consumer ci hanno abituati ad avere informazioni in modo semplice e veloce – spiega l’analista -, le cose non possono essere diverse in azienda”. Per ottenere vantaggi dall’Agile non va trascurato l’aspetto umano: “Serve individuare i ‘campioni’ Agile/DevOps tra persone che conoscano i processi e abbiano buone capacità di comunicazione – continua Nicelli -. Occorre partire da piccoli prototipi, mostrare che funzionano, quindi farlo sapere all’intera organizzazione. Raggiunta la massa critica, si innescherà il circolo virtuoso che porta al cambiamento”. Un aspetto importante è la riorganizzazione dell’IT: “Nella nostra esperienza serve riunire le responsabilità della digital innovation con quelle della direzione IT per evitare che le due componenti viaggino con velocità diverse”, precisa Nicelli. Per garantire la governance sullo sviluppo e sui dati delle applicazioni nell’impiego della metodologia Agile, “non si può fare a meno di strumenti semplici in grado di tracciare e controllare l’implementazione dei requisiti nel ciclo di sviluppo – risponde Bertini -. Gli strumenti devono essere pensati per permettere la libertà di decisione in modo decentralizzato, mantenendo il controllo di tutto ciò che viene fatto”.