Anche gli elefanti possono imparare a danzare: è un’immagine che vale più di mille parole e, metaforicamente, vuol significare che anche i colossi economici che operano in business così pesantemente regolati come quello dei servizi finanziari possono riuscire a vincere la sfida della enterprise agility.
L’ ‘elefante’ in questione è HSBC, una delle organizzazioni bancarie e di servizi finanziari più grandi del mondo, con circa 38 milioni di clienti a livello globale. HSBC sta compiendo il “viaggio di migrazione” delle proprie infrastrutture e servizi IT da sistemi prevalentemente on-premise, verso la nuvola, adottando i paradigmi ‘cloud first’, DevOps e Agile delivery. E il concetto è: se organizzazioni come HSBC, dotate di infrastrutture tecnologiche e organizzative tradizionali, mastodontiche e complesse, stanno imparando a diventare agili e flessibili, allora ci possono riuscire anche altre imprese, di caratura e dimensioni differenti.
Jen Thomson, Research Director, European Application Development & Deployment Strategies della società di ricerche di mercato e consulenza IDC, porta questo esempio, e illustra le attuali strategie di HSBC nel proprio viaggio verso la digital transformation, per poi estrapolare quelle che indica come nuove regole, da tutti applicabili per intraprendere questo complesso, quanto ineludibile, percorso di evoluzione verso un business digitale.
Who's Who
Jen Thomson
DevOps, leva centrale su cui agire
HSBC doveva cambiare la velocità, il modo di fornire prodotti e servizi ai clienti finali. E pur dovendo mantenere in funzione applicazioni legacy chiave, aveva l’esigenza di investire nel cloud e in un generale processo di ammodernamento delle proprie infrastrutture IT. La società ha dovuto intervenire sui processi operativi e sul modo di gestire i servizi IT, e, di conseguenza, provvedere al riallineamento dei KPI (key performance indicator). Ha poi cercato di dare un senso ai dati provenienti da quasi 300 diversi servizi, investendo in sistemi di monitoraggio e intelligence; in quarto luogo ha implementato realmente il modello DevOps, e non semplicemente il paradigma agile delivery, passando da cicli di rilascio del software trimestrali, a giornalieri e/o settimanali. E tale processo è in divenire, per soddisfare quella che Thomson definisce “un’insaziabile domanda di servizi digitali” da parte delle varie tipologie di utenti.
La ricerca condotta da IDC sullo sviluppo e implementazione di applicazioni in Europa, per comprendere come la trasformazione digitale si connetta al tema DevOps e ai KPI chiave che lo definiscono, rivela tra l’altro che il 90% delle organizzazioni europee considerano la trasformazione digitale come una componente chiave della propria strategia a livello corporate: ciò pone l’accento sulla vitale importanza per l’IT di aiutare il business a riallineare la velocità di fornitura di prodotti e servizi su nuovi standard, pena il fallimento del business stesso.
Nuove regole per superare gli ostacoli
Società all’avanguardia come BMW e Adidas, esemplifica ancora Thomson, sono riuscite a ottimizzare e anche a innovare il business digitale, creando prodotti e servizi abilitati da esso, e piattaforme di ‘ingaggio’ dei clienti in ogni fase del ciclo di vita di tali prodotti e servizi. Tuttavia, spiega IDC, il 55% delle organizzazioni europee si trovano bloccate a un punto morto della digital transformation, per varie ragioni, tra cui l’incapacità di superare i ‘silos di innovazione’, correggere KPI scorretti o strutture organizzative non adatte. Per il 2027, prevede IDC, il 75% delle organizzazioni avranno compiuto la trasformazione digitale e le nuove regole da applicare in questo lungo viaggio sono fondamentalmente quattro: innovazione, qualità, velocità, user experience. Per accelerare il percorso, occorre in sintesi integrare i silos di innovazione, traendone le sinergie necessarie, e poi creare quella che IDC chiama una ‘enterprise digital platform’, in cui tutto è connesso, attraverso un ‘intelligent core’ dove confluiscono i processi interni e quelli esterni, con gli insight provenienti dalle azioni di ingaggio.
DevOps: è mandatorio per la digital transformation
È fondamentale riflettere su come abilitare il moderno sviluppo applicativo, ossia focalizzarsi su come far evolvere le applicazioni enterprise verso la metodologia DevOps. Da questo punto di vista, DevOps è un passaggio obbligatorio per abilitare davvero la digital transformation, con benefici che si traducono in incrementata agilità dell’impresa, implementazioni più veloci, migliore ‘customer experience’ e performance aziendali più elevate.
Sullo sviluppo di DevOps in Europa, il quadro non è proprio tranquillizzante: infatti, se attualmente le grandi organizzazioni che adottano questa metodologia arrivano al 52%, resta sempre un 48% che non la implementa. Occorre cambiare questo trend, dice IDC, perché al momento il paradigma DevOps si trova ancora allo stadio di sperimentazione, con un 54% delle organizzazioni localizzate nella fase ‘opportunistica’, in cui si comincia a fondere i diversi team (sviluppo, test, security) ottenendo standardizzazione e riduzione dei costi. Nonostante ciò, l’obiettivo delle organizzazioni è arrivare in diciotto mesi a un livello di maturità e ottimizzazione di DevOps su scala enterprise (enterprise scale DevOps).
Il modello DevOps resta comunque un viaggio in corso, ribadisce IDC: infatti, meno del 30% dei workload applicativi è attualmente sviluppato secondo il paradigma Agile-DevOps, mentre solo il 39% implementa l’integrazione continua; idem per il test continuo (38%). Per quanto riguarda la capacità di apportare velocemente cambiamenti alle applicazioni, solo il 15% delle organizzazioni è in grado di rilasciare release orarie, mentre la maggioranza fornisce rilasci mensili. Infine, sull’integrazione delle tecniche di sicurezza, che è il nuovo collo di bottiglia nella pipeline di fornitura del software, solo il 16% sta integrando i propri team di security e compliance con i team DevOps.
Approccio a DevOps non uniforme
La realtà oggi, osserva IDC, è che esistono differenti pipeline di fornitura per diversi stack applicativi. Un’altra sfida è poi sui toolbox per gli sviluppatori, che risultano in continua evoluzione. Anche per queste ragioni IDC prevede una grande migrazione verso i modelli DevOps ‘as a service’, ma anche una molto rapida acquisizione di servizi nelle categorie ‘containers as a service’ (CaaS) e ‘function as a service’ (FaaS). Tra le sfide, oltre a dover integrare i processi e i silos di innovazione, e a dominare la letterale esplosione dei tool di sviluppo, alle imprese è richiesto anche un salto di qualità culturale: per IDC il successo in DevOps è infatti dovuto per il 70% alla capacità di combinare i processi, e solo per il 30% alla tecnologia in sé. Un’altra sfida culturale è il superamento della logica ‘finger-pointing’, per arrivare a un modello di responsabilità condivisa all’interno dei team DevOps: ma fare questo significa modificare anche le metriche con cui si valutano le performance degli staff di lavoro. Ancora, in Europa è necessario focalizzarsi sul re-training dello staff interno, oltre che sviluppare capacità di gestione di progetti e di trasformazione della business leadership.
7 KPI essenziali per guidare DevOps verso il digital business
Per il 2020, stima IDC, più del 70% delle operazioni routinarie legate al ciclo di sviluppo saranno automatizzate e supportate da intelligenza artificiale (AI). Però, per guidare tale sviluppo, sarà necessario introdurre nuovi KPI, richiesti per misurare il successo e le performance di DevOps; comprendere i meccanismi di feedback dei clienti; stimare il grado di integrazione nei vari stadi del ciclo di sviluppo; misurare le performance dello staff IT per influenzare la trasformazione delle modalità di lavoro. In particolare, IDC identifica sette KPI: collaborazione, multi-cloud automation & orchestration; continuous delivery & integration; business leadership; DevOps budgeting; automazione; approccio organizzativo differente. Entrando nel merito di ciascuno di questi KPI, occorre infine valutare altri quattro aspetti fondamentali, che sono i risultati di business, le metriche usate, l’intelligence applicata e il livello di integrazione raggiunto.