Executive Dinner

Innovazione? Tecnologie, processi ma anche competenze nei partner

La velocità del cambiamento dei modelli di business in chiave digitale si traduce oggi, specie nella media impresa, in un labirinto di problematiche IT, organizzative, metodologiche e culturali da cui è impossibile uscire senza un corretto aiuto esterno. Ecco, da un recente Executive Dinner di ZeroUno, realizzato a Torino in collaborazione con Elmec, i percorsi tecnologici e organizzativi che alcune imprese stanno seguendo nella loro business-digital transormation e gli elementi e i consigli per scegliere partner di servizi a misura della propria impresa

Pubblicato il 20 Giu 2018

foto della tavola rotonda di zerouno ed elmec sui servizi it gestiti

TORINO – Sia che si tratti di realizzare l’espansione di un data center sia di garantire la connettività degli endpoint nei workplace è oggi difficile fare a meno di servizi gestiti o dell’apporto esperienziale dei partner. Ai servizi più standardizzati, erogati dai grandi vendor e cloud provider, serve infatti affiancare servizi IT tagliati ‘su misura’ per trasformare l’esistente e dare all’azienda i livelli di flessibilità ed efficacia adeguati per competere sul mercato. Un tema di cui si è discusso durante un recente Executive Dinner di ZeroUno, “Servizi IT gestiti, innovazione a misura d’impresa”, realizzato nel capoluogo piemontese in collaborazione con Elmec, managed service provider di soluzioni IT e partecipato da alcuni responsabili IT di primarie società italiane.

“La trasformazione digitale tocca gli elementi fondativi del fare oggi impresa: modelli di business, competenze, approccio al mercato e ai clienti – ha spiegato nella sua introduzione Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno e chairman dell’evento -.

Per generare valore serve cambiare l’interazione con utenti e consumatori ed è un obiettivo che vede l’IT alla base di ogni progetto ma anche un differente ruolo dei partner di servizi a cui le imprese si rivolgono: un ruolo che deve essere sempre più orientato alla condivisione, nei fatti, nei contratti, del disegno strategico e di cambiamento d’impresa, in una strada da percorrere insieme”.

Il ruolo del partner nell’era della digital transformation

Alessandro Ballerio, direttore tecnico e socio di Elmec precisa, dal proprio punto di vista di fornitore, cosa deve fare e saper fare oggi un partner di servizi IT. “Abbiamo esperienza con aziende medio-grandi a cui eroghiamo servizi architetturali e infrastrutturali IT – spiega il manager -. Si tratta di società basate in Italia, spesso con stabilimenti e filiali estere, di cui conosciamo preoccupazioni, esigenze e priorità. A volte anche piccole realtà nei campi d’elite del manufacturing e della moda che hanno investito nelle tecnologie o nella presenza all’estero ritrovandosi con complessità IT paragonabili alle grandi multinazionali, ma con sistemi informativi perlopiù interni e sottodimensionati, anche sul fronte del personale”.

Situazioni che richiedono “progetti gestiti” oltre ai classici servizi gestiti, e la capacità del partner di aiutare in profondità l’azienda a cambiare pelle. Per far questo Elmec ha puntato sullo sviluppo delle competenze del personale interno (circa 700 dipendenti). “Anni fa abbiamo abbracciato ITIL (la Information Technology Infrastructure Library è un insieme di best practice per la gestione dei servizi IT) certificando le persone per farne la nostra disciplina di riferimento e oggi dobbiamo padroneggiare metodi come Agile e DevOps. Per questo stiamo certificando una decina di DevOps leader e formando altro personale sulle DevOps foundation”.

Un momento di confronto durante l’evento

Sul fronte dei servizi infrastrutturali, Elmec attribuisce grande importanza alla capacità del partner d’essere presente contemporaneamente sia sulle tecnologie ‘core’ del data center sia su quelle periferiche dei workplace. “Sono mondi che hanno esigenze differenti ma funzionalmente correlati – precisa Ballerio -. Dobbiamo saperci occupare, da una parte, di sistemi informativi, cloud e reti, dall’altra di soddisfare utenti esigenti che usano device diversi per compiti che richiedono sempre più libertà e creatività”. Queste capacità sono funzionali all’evoluzione dei servizi: “Lo vediamo, per esempio, sul fronte della security – precisa Ballerio –. È parte integrante dei servizi gestiti, ma non ci si può occupare del data center trascurando ciò che accade dal lato utente”. Per rispondere alle esigenze più diverse, Elmec si è dovuta dotare di 4 data center di cui uno in Svizzera, “per differenziare l’ambito giurisdizionale, come richiesto da alcuni clienti – spiega Ballerio -. Poiché chi ci sceglie come partner non può tirare una riga sugli investimenti pregressi, dobbiamo essere in grado di gestire le complessità connesse con l’erogazione di servizi da infrastrutture nostre, del cliente, di outsourcer precedenti, di cloud Iaas Saas e Paas di differenti provider su reti VPN, LAN, WAN, Wireless…”. Un livello di complessità che ha risvolti anche nella gestione dei contratti con i partner di servizi. “Sono finiti i tempi in cui si stilavano contratti triennali basati sull’uptime dei sistemi nel perimetro aziendale – commenta Bellerio – Se non si aiuta il cliente nella trasformazione, si andrà inevitabilmente incontro a insoddisfazione anche nel pieno rispetto degli SLA assegnati”. È oggi importante per il partner aiutare il cliente nel monitoraggio e nell’automazione dei processi IT, a risolvere i problemi da remoto o meglio prevenirli, utilizzando tecniche avanzate di analisi e machine learning. “Dietro l’apertura di un ticket la cosa più importante non è il costo dell’intervento ma la perdita di produttività associata al problema. Vecchi modi di gestire i servizi favoriscono la convivenza degli utenti con situazioni non ottimali che presto o tardi diventano emergenze e perdite di produttività”, conclude Ballerio.

Un momento della Tavola Rotonda

Cosa c’è e cosa manca nei servizi, secondo le aziende

Dario Castello, CIO di Magneti Marelli (componentistica automotive), ha portato al tavolo del dibattito la propria esperienza di azienda investita dalla ‘disruption digitale’ del settore auto e dei servizi di trasporto. “Siamo una realtà complessa e globale con 43 mila persone e 14 centri di ricerca, in cui fare innovazione significa avere soluzioni adatte alle diverse geografie – spiega il manager – e culture”. Secondo Castello, l’open innovation ha meccanismi che funzionano bene nel mondo occidentale ma non dappertutto. “Per esempio in Cina, dove la gerarchia organizzativa rende più complesso applicare metodi come il design thinking. Inoltre non è facile trovare partner capaci di seguirci nelle declinazioni locali e fare al contempo un deploy su larga scala, senza perdere, elemento per noi importante, la dimensione di un rapporto diretto. C’è la coda oggi di gente che ci propone IoT e big data, ma mancano partner che conoscano davvero il dominio su cui la tecnologia va applicata. Per questo dobbiamo fare più lavoro all’interno, reperire nuove competenze, remunerarle, far capire la relazione degli investimenti IT con il business del futuro”.

Anche per Massimo Rosso, ICT director di RAI, la disruption digitale ha creato nuove esigenze di innovazione e velocità e di conseguenza nuovi parametri su cui ricercare partnership: “Stiamo creando una piattaforma digitale a supporto di colleghi che operano in mobilità non solo in Italia, ma anche all’estero e in scenari remoti. I contenuti tv sono oggi un veicolo per l’acquisizione e l’elaborazione contestualizzata di dati social, che, anche in forma anonima, possono permetterci di trovare le correlazioni tra la comunicazione broadcaster (uno a molti) e la conversazione sui social (molti a molti)”. C’è spazio per l’innovazione ma è difficile avere tutte le competenze che servono soltanto attingendo dall’interno o, in alternativa, passare dalla complessità delle gare ad evidenza pubblica, normate dal codice degli appalti. E la ricerca di partner con queste competenze non è così semplice.

Maurizio Fontana, head of IT di ArcelorMittal CLN, (settore siderurgia) pone l’accento sulle complessità di portare l’innovazione nei settori d’impresa più tradizionali. “Il nostro business consiste nel tagliare e spianare coils d’acciaio, ma non per questo possiamo permetterci di trascurare ciò che le tecnologie digitali stanno apportando a livello di metodologie, analytics, Iot e industria 4.0. Abbiamo svolto il nostro compito realizzando applicazioni per snellire ed efficientare la gestione delle richieste di acquisto con la firma elettronica, per migliorare la security e la qualità delle produzioni. Stiamo facendo screening a 360° su progetti di workplace management, data center cloudification, hosting SAP e Business Intelligence. L’apporto dei partner è fondamentale in una realtà industriale come ArcelorMittalCLN, che ha 13 stabilimenti, 700 dipendenti e un team IT composto di sole 5 persone, ed è evidente che l’orchestrazione di competenze sia, in strutture tipo la nostra, di fondamentale importanza ma anche di una certa complessità”.

Per Ferdinando Peretto, corporate CIO di DiaSorin (diagnostica medicale) la disruption IT è iniziata portando fuori dall’azienda i servizi e-mail, quindi esternalizzando i sistemi e adottando il cloud. “Il nostro impegno è erogare i servizi rendendo trasparenti le tecnologie usate, cosa che richiede molto lavoro sui fronti della sicurezza, delle compliance normative (più stringenti nel settore, ndr) e ora su quello degli analytics”. Tra le sfide più importanti Peretto cita il supporto all’incorporazione di nuove aziende, la realizzazione della maintenance preventiva e il reperimento dei partner. “Pur essendo un’azienda di 2000 persone abbiamo difficoltà a tramutare in operatività diretta le strategie concordate con i grandi vendor, cosa che ci obbliga ad utilizzare i loro partner e a lavorare con cordate di fornitori”.

L’esigenza di operare con partner di servizi medio-piccoli accomuna anche Stefano Tronu, CIO di 4G Retail, responsabile della logistica di 230 negozi italiani a marchio TIM. “La digital transformation ha significato per noi mettere il cliente al centro del business, quindi realizzare strategie di contatto omnichannel sfruttando la trasversalità tra canale fisico (il negozio, ndr) e quello virtuale delle app”. Tra le componenti che aiutano il time to market di 4G Retail, Tronu Cita l’impiego di un ERP flessibile: “Usiamo Sage X3 con cui riusciamo a programmare su base mensile il supporto delle nuove iniziative commerciali. Per questioni di velocità oggi usiamo la comunicazione video per formare giornalmente la forza vendita, lanciare gare e incentivi che poi valutiamo in modo maniacale con BI e reportistica. Facciamo questo con un team di 5 risorse ICT, fornitori e partner di servizi medio piccoli e una governance centrata sul business, perché per noi l’IT è business”.

Mario Salbego, IT manager Ocap (azienda che produce componenti di sospensione e sterzo per il Primo Impianto) parla di un ritorno del settore alla crescita e quindi di investimenti nella tecnologia, dopo anni di compressione e stasi.

“Stiamo rimodernando due sale server, a cui seguiranno i deploy IT nei nostri siti in India e Cina – spiega il manager –. Oltre ai sistemi abbiamo rivisto i flussi aziendali e oggi siamo molto più veloci nell’approntare e spedire materiale. Non riusciamo a fare tutto con il personale interno e per questo ci facciamo aiutare dai partner. Il nostro problema è ottenere gli stessi servizi in Italia, Europa, India e Cina. L’area cinese, in particolare, è quella dove abbiamo maggiore difficoltà a reperire servizi equivalenti alle altre geografie”.

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