MILANO – Soddisfazione da parte del management di IBM Italia per la riuscita dell’evento IBM Watson Summit 2017, che dal 16 al 23 maggio si è svolto nella cornice del Casello del Dazio di Milano, accanto all’Arco della Pace. Una manifestazione dedicata al cognitive computing, e quindi a Watson, la piattaforma di Big Blue per questa disciplina dell’IT, alla quale si sono recati utenti, professionisti dell’information technology, privati cittadini e scolaresche. “Abbiamo deciso – ci racconta in una recente intervista Maurizio Decollanz, Brand and Communication Leader, IBM Italia – di portare ‘a piano strada’ [cioè in modo accessibile a tutti, ndr] il cognitive computing e la nostra tecnologia Watson e abbiamo riscontrato una presenza di 600-800 persone al giorno”.
“Il cognitive computing – spiega Stefano Rebattoni, General Manager Global Technology Services, IBM Italia , nel corso dell’intervista rilasciata a ZeroUno – è un paradigma che sta cambiando il nostro modo di vivere e di fare business in ogni settore. Permette alle tecnologie di analizzare i dati effettuando correlazioni non ovvie. Questa è una peculiarità della mente umana, ma un sistema come Watson è in grado di compiere queste operazioni su enormi moli di dati. E nel farlo, ha la capacità di aumentare la propria intelligenza. Questo non significa che sostituisca l’uomo, perché nel cognitive computing è molto importante la collaborazione fra uomo e macchina”.
Nell’”era cognitive” è più che mai importante la resiliency di tutto l’ecosistema di sistemi, reti, dati, applicazioni e processi IT e di business. Lo stesso cognitive computing è però in grado di assicurare questa resilienza, analizzando in tempo reale miriadi di informazioni strutturate e non strutturate, rilevando anomalie e applicando la propria intelligenza (in continua evoluzione) per prendere decisioni nel giro di millisecondi che consentono di innalzare l’efficienza e l’efficacia delle attività di business continuity e di It security. In questo contesto, cosa distingue IBM dalla concorrenza? “Innanzitutto – risponde Rebattoni – la disponibilità di un framework, che costituisce una nostra proprietà intellettuale, basato sulla diffusione di sensoristica e sull’uso della piattaforma Watson. In secondo luogo la ridondanza e la qualità dei nostri data center, che i clienti possono utilizzare per fare girare le loro applicazioni che sfruttano il cognitive computing. In Italia abbiamo cinque data center collegati fra loro ad altissima velocità e che possono essere visti come un unico data center logico. Quattro nell’area di Milano e uno a Roma. Tre di quelli milanesi e quello romano sono certificati Tier IV. Penso che in tutta Europa non ci sia un’infrastruttura analoga. In terzo luogo segnalo il nostro capitale umano: tecnici, specialisti e architetti in grado di interpretare le tecnologie a disposizione e applicarle su scala esponenziale”. A questi si affianca anche un canale di partner sempre più formati e dedicati a Watson. Stefano Rebattoni, GM Global Technology Services, IBM Italia.