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Strategia omnichannel, ecco cosa stanno facendo le aziende italiane

Nei risultati dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience del Politecnico di Milano si rilevano i 4 fattori fondamentali su cui basare un approccio corretto all’omnicanalità. Nel lavoro dei ricercatori sono illustrate le tecnologie da utilizzare e quanto al momento queste sono adottate nel nostro Paese

Pubblicato il 07 Dic 2018

Figura 3- Nell’Osservatorio sono stati analizzati quali dati vengono raccolti in azienda e quali touchpoint sono gestiti in modo integrato - Fonte: Osservatorio Omnichannel Customer Experience 2018

Le imprese non stanno capendo fino in fondo cosa significhi realizzare una strategia omnicanale perché hanno una focalizzazione esasperata sui risultati di breve periodo (principalmente sulla generazione di lead e conversion per aumentare le vendite) che induce a concentrarsi sul prodotto e sul suo prezzo, invece di guardare a una prospettiva di lungo termine. Proprio quest’ultima è invece importante per avere un approccio omnicanale che ponga davvero il cliente al centro. È la constatazione di Giuliano Noci, responsabile scientifico dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience del Politecnico di Milano, in apertura del recente convegno dal titolo “Omnichannel Customer Experience: la strada verso la maturità” in cui sono stati presentati i risultati del secondo appuntamento dell’Osservatorio stesso (la cui ricerca si è basata su oltre 100 interviste lato domanda e offerta, una survey condotta su un campione di grandi e medio-grandi aziende italiane appartenenti ai principali settori e 3 momenti plenari di confronto e discussione che hanno coinvolto complessivamente oltre 150 aziende della domanda).

A spingere le imprese verso l’adozione di strategie di omnichannel customer experience sono i cambiamenti in atto nei comportamenti dei consumatori stessi durante il loro processo d’acquisto. Sono infatti ormai 35,5 milioni i clienti multicanale, per i quali cioè il digitale ha un ruolo nel percorso di acquisizione di un prodotto o un servizio, il che rappresenta il 67% della popolazione italiana.

“Alla luce di questo fenomeno – ha dunque spiegato Noci – le imprese devono riprogettare le strategie di relazione. Una strategia omnicanale implica la definizione dei touchpoint che si vogliono presidiare sia online sia fisici, ridisegnare il customer journey in modo sempre più personalizzato e progettare experience di marca che siano integrate sui diversi canali”.

Ed è proprio il concetto di marca sul quale Noci si è soffermato in modo particolare: “Oggi diventare ‘marca’ passa attraverso un processo di relazione; significa essere capaci di rappresentare qualcosa di utile, di risolvere problemi. Affinché la marca sia marca in questo senso, la customer experience deve andare oltre le logiche push, deve essere capacità di attrarre, richiede conoscenza del cliente, intimità con lui”.

Dai dati dell’Osservatorio 2018 emerge invece che i principali obiettivi che guidano l’articolazione di una strategia di omnichannel customer experience sono a oggi ancora principalmente tattici (miglioramento della customer acquisition e/o incremento delle vendite sono segnalati dal 33% del campione di aziende intervistate, miglioramento dell’engagement dal 27%).

Eppure le imprese manifestano di essere ben consapevoli dei cambiamenti in atto, al punto che la tematica dell’omnicanalità è, nella maggior parte dei casi, sui tavoli dei vertici aziendali.

Secondo gli uomini dell’Osservatorio, però, l’alto commitment dichiarato non si traduce nel quotidiano modo di lavorare delle realtà aziendali: dalla ricerca è emerso che solo nell’8% delle aziende analizzate è presente una partecipazione diffusa alla gestione dell’omnichannel customer experience e nel 44% esistono figure coinvolte, ma solo occasionalmente/al bisogno, senza una formalizzazione del loro specifico ruolo. Inoltre, solo nel 20% delle imprese considerate, tutte le business unit interessate hanno un elevato grado di commitment e quasi ovunque vi sono problemi di mancato allineamento sugli obiettivi, una diversa percezione dei benefici e, soprattutto, si investe poco nello sviluppo di competenze interne in quest’ambito.

Come gestire l’omnicanalità: i 4 fattori fondamentali

Secondo la visione condivisa dai responsabili dell’Osservatorio, i pilastri su cui fondare un approccio che risponda pienamente alle esigenze di omnicanalità dei consumatori sono 4: strategia, organizzazione, dati e tecnologia.

Garantire davvero un’esperienza multicanale vuol dire che tutti i livelli dell’azienda sono orientati all’omnicanalità. In particolare, è necessario che vi sia un grande coinvolgimento perché si toccano aspetti fondamentali quali: l’esplicitazione dell’identità e, come si diceva, dei valori di marca; gli obiettivi aziendali e lo sviluppo dei punti di contatto con il cliente; da tutto ciò si deduce che questo tema deve rappresentare una delle priorità strategiche aziendali (figura 1).

Figura 1 – L’approccio strategico delle aziende italiane all’omnicanalità è ancora focalizzato su obiettivi di breve termineFonte: Osservatorio Omnichannel Customer Experience 2018

“Il raggiungimento di un’integrazione sinergica dei diversi punti di contatto attivati – ha aggiunto Nicola Spiller, direttore dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience – dipende strettamente dalla struttura organizzativa dell’azienda. Inoltre, più l’organizzazione è priva di silos organizzativi e profondamente integrata, più l’impresa sarà in grado di cogliere in modo tempestivo le esigenze del cliente, condividere tali informazioni internamente e introdurre le opportune azioni di risposta in tempo reale” (figura 2).

Figura 1 – L’approccio strategico delle aziende italiane all’omnicanalità è ancora focalizzato su obiettivi di breve termineFonte: Osservatorio Omnichannel Customer Experience 2018

Se dunque offrire un’esperienza omnicanale implica che l’impresa si doti di processi, strumenti e risorse che siano in grado di fronteggiare le profonde implicazioni a livello organizzativo, d’altra parte è anche fuor di dubbio che i dati siano fondamentali. Dati che possono essere raccolti dalle aziende lungo tutto il processo di relazione con il cliente, per creare una visione unica del cliente stesso (figura 3).

Figura 3- Nell’Osservatorio sono stati analizzati quali dati vengono raccolti in azienda e quali touchpoint sono gestiti in modo integratoFonte: Osservatorio Omnichannel Customer Experience 2018

Il ruolo della tecnologia, oltre a consentire l’integrazione dei sistemi legacy con i diversi touchpoint coinvolti nel processo di omnicanalità, riguarda proprio il supporto alle organizzazioni nelle fasi di raccolta dei dati e, poi, di generazione di insight ed execution in relazione agli obiettivi strategici definiti (figura 4).

Figura 4 – Tutte le tecnologie a supporto delle strategie di omnicanalitàFonte: Osservatorio Omnichannel Customer Experience 2018

Le tecnologie per l’omnicanalità: cosa usano le aziende italiane?

Per quanto riguarda la raccolta dei dati, la maggior parte delle aziende intervistate (69%) ha dichiarato di disporre di un software CRM (Customer relationship management) unico, in grado di integrare tutti i dati sull’anagrafica dei clienti, anche relativi a più prodotti, brand e canali.

Il 23% utilizza una piattaforma di tipo CRM dinamico, Customer Data Platform o Customer Data Hub (diversi nomi di tecnologie che hanno però l’obiettivo comune di armonizzare informazioni di anagrafica, di acquisto, di comportamento sui vari touchpoint eccetera) capaci cioè di gestire tutti i dati sul cliente, di diversa natura e provenienti da diverse fonti.

Il 21% si è dotato di un Data Lake, ossia un sistema che consente di archiviare un volume consistente di dati di diversa natura e differente fonte, nel loro formato nativo, senza alcuna struttura.

Le interazioni degli utenti non noti, invece, possono essere tracciate attraverso cookie gestibili tramite Data Management Platform, piattaforme che raccolgono e processano grandi quantità di dati (proprietari e di terze parti) e creano delle audience con finalità di comunicazione e advertising online. Ma solo il 9% del campione ha una Data Management Platform proprietaria e il 19% si affida a soluzioni esterne, per esempio dei centri media.

Passando quindi alla seconda fase di un corretto processo di omnichannel customer experience, occorre focalizzarsi sulla generazione di insight. A tal proposito, i software di business intelligence aiutano ad avere una maggiore comprensione dei fenomeni accaduti, riuscendo ad analizzare e visualizzare grandi quantità di dati sulla base di specifiche richieste (query). Il 25% delle aziende ha affermato di utilizzare strumenti di Analytics evoluti che consentono anche di predire i comportamenti degli utenti.

Infine, la tecnologia è un validissimo aiutante sul fronte dell’execution, ossia per abilitare la creazione e gestione del contenuto. Tra gli strumenti più evoluti in quest’ambito si trovano i Digital Asset Management (Dam) piattaforme che consentono la gestione intelligente di svariate tipologie di contenuti garantendone la coerenza d’uso sui diversi canali di contatto. Ma si tratta di soluzioni non particolarmente diffuse al momento: i Dam sono utilizzati nel 15% dei casi. I sistemi di Dynamic Content Management (o anche User Experience Platform, ossia soluzioni che consentono di pubblicare contenuti in maniera dinamica sui diversi touchpoint) sono usati nel 16%, mentre le Creative Management Platform (piattaforme di progettazione che consentono nella fase di design creativo di creare e manipolare una consistente quantità di materiale) nel 2%.

Le soluzioni di Marketing Automation intervengono a valle di tutto il processo per la consegna dei contenuti: sono diffuse se si tratta di invio su un unico canale (il 71% delle aziende utilizza piattaforme di e-mail marketing, il 46% per l’invio di SMS) ma solo il 28% adopera soluzioni per la gestione di più canali.

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