“Building the future together” è il claim che Vidiemme Consulting ha scelto quest’anno per esplicitare al meglio un approccio di business che guarda allo sviluppo congiunto (Vidiemme-cliente) di progetti e non alla mera vendita di prodotti tecnologici. Un approccio che assume particolare rilevanza quando si entra nell’ambito dell’intelligenza artificiale dove, ad oggi, “non c’è nulla che possa essere preso a scaffale”, esordisce Silvia Peviani, Pharma & Healthcare Business Director della società. “Lo sviluppo di progetti per noi significa non solo erogare una soluzione tecnologica al cliente ma anche accompagnarlo nella sua adozione e, soprattutto, nella sua valorizzazione affinché possa davvero produrre i benefici attesi”.
Nata nel 2004 Vidiemme Consulting è oggi una società specializzata in progetti e soluzioni tecnologiche per mercati verticali come Pharma, Luxury/Fashion, Retail, Finance/Banking, oppure su aree funzionali come HR e Customer Care. Ha iniziato a sviluppare soluzioni nell’ambito dell’intelligenza artificiale già da qualche anno, focalizzandosi, inizialmente, su chatbot ed assistenti virtuali spaziando poi anche su progetti personalizzati che vanno dalla data science all’utilizzo del machine learning in svariati ambiti di business.
“Grazie al lavoro di ricerca e sperimentazione specifico sull’intelligenza artificiale portato avanti da un nostro laboratorio interno, abbiamo oggi una business unit interamente dedicata allo sviluppo di progetti che vedono l’uso di tecnologie avanzate, dagli algoritmi di machine learning fino alle piattaforme conversazionali”, spiega Serena Spalla, Artificial Intelligence Business Director di Vidiemme.
Quello della conversational AI è un’area strategica per Vidiemme che proprio in quest’ambito è stata recentemente riconosciuta da Gartner come una delle realtà leader, a livello mondiale, da considerare tra le top 20.
Start small: approcciare l’intelligenza artificiale a piccoli passi (partendo dall’education)
“Capita spesso che le aziende si rivolgano a noi chiedendoci di implementare tecnologie di AI senza però avere ben chiaro per cosa – racconta Spalla nel delineare l’attuale contesto entro il quale si muovono le aziende italiane che iniziano ad avvicinarsi all’intelligenza artificiale -. Il nostro approccio è riconducibile a due semplici parole: start small. Pensare ad un progetto di AI troppo esteso potrebbe non solo richiedere tempi molto lunghi di sviluppo ed erogazione ma anche avere costi ingenti di realizzazione. Meglio partire con la comprensione delle tecnologie per poter poi valutare da quale ambito o processo aziendale può essere più utile (e produttivo) partire”.
La comprensione delle tendenze tecnologie e dell’innovazione che possono generare è una sorta di ‘missione’ che Vidiemme concretizza attraverso la proposta di workshop educativi: “l’idea è far avvicinare le aziende (e le persone che lavorano sullo sviluppo di progetti di innovazione digitale) alle tecnologie ‘di frontiera’ affinché possano capire se e quali tecnologie possono davvero fare al caso loro. Dal punto di vista progettuale, invece, consigliamo sempre di partire da piccoli POC che consentono di valutare l’efficacia di una tecnologia (anche con budget limitati), estendendo poi il perimetro progettuale per step successivi”, spiega Spalla.
“Se il lavoro di squadra è ciò che ha sempre caratterizzato il successo di un progetto di innovazione tecnologica – interviene Peviani – ancor di più lo è oggi quando si sviluppano soluzioni che hanno come cuore tecnologico l’intelligenza artificiale: noi portiamo alle aziende tutto il nostro know how in termini di ricerca e sviluppo e la conoscenza delle tecnologie, ma sono le persone che operano in azienda che conoscono il dominio applicativo, l’ambito cioè dove l’AI dovrebbe essere calata. Senza il contesto adeguato, l’AI non può produrre valore”.
Il recruiting si fa con l’intelligenza artificiale. La stessa Vidiemme ne è testimone
A testimonianza del fatto che prima di proporre al mercato una soluzione, Vidiemme la studia nei dettagli non solo all’interno del proprio centro di ricerca ma anche ‘testando su se stessa’ alcune tecnologie, Peviani e Spalla raccontano di come hanno utilizzato l’intelligenza artificiale in ambito recruiting
“Quello che mi ha colpito nel processo di selezione è stato il fatto di non dover compilare lunghi form”, racconta Sara Sangermani, marketing specialist e ufficio stampa di Vidiemme, recentemente assunta con un processo di selezione che, nelle prime fasi, è stato gestito da un chatbot. “Nel 2017 era sicuramente il primo chatbot che io avessi mai visto ed utilizzato e devo dire che l’esperienza è stata positiva, la conversazione è stata fluida e mi sono sentita perfettamente a mio agio”.
“Con Adecco abbiamo avviato una progettualità per la regione Eastern Europe per lo sviluppo e l’implementazione di chatbot che vengono impiegati nei processi di selezione dove ci sono tantissimi candidati”, spiega Spalla. “Il chatbot è l’elemento tecnologico grazie al quale si riesce a dare a tutti i candidati una possibilità ed assicura la totale oggettività nella prima fase di selezione. Visto dalla prospettiva dei candidati, si sentono ascoltati e il fatto di non dover compilare i soliti form di adesione semplifica notevolmente non solo il processo ma anche la relazione, sono portati a dare più informazioni perché lo fanno in modo naturale”.
Dal punto di vista funzionale, il chatbot per il recruiting non è una tecnologia “standard”, è evidente che debba essere calato nello specifico contesto aziendale e che debba essere “allenato” da chi conosce bene i processi. “In questo senso il recruiter diventa il designer del chatbot”, spiega Spalla. “E’ il recruiter che genera, alimenta e fa maturare il chatbot (è lui che scrive l’ipotesi di colloquio iniziale, quello da garantire a tutti). Il recruiter riesce così a dedicare più tempo per l’incontro, l’ascolto e la selezione dei candidati che superano le prime fasi”.
“E’ importante evidenziare che le persone non vengono selezionate da una macchina, sono sempre i recruiter a vedere i candidati selezionati dopo la prima fase e a decidere”, ci tiene a sottolineare Peviani in chiusura. “Il vantaggio sta nella democratizzazione del processo di selezione grazie all’intelligenza artificiale che permette a tutti di avere un primo colloquio e al recruiter di non perdersi delle opportunità per via dell’elevata numerosità dei candidati”.
I chatbot impiegati ad oggi sono testuali ma, dicono Spalla e Pievani, il centro di ricerca interno a Vidiemme sta già lavorando alla conversational AI basata su voce con un team di esperti multidisciplinare che opera nel campo dell’NLP, Natural Language Processing.