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Collaboration: cosa ne pensano le aziende

Al webinar organizzato da ZeroUno in partnership con Cisco, il dibattito con i partecipanti porta l’attenzione sui temi caldi dello smart working, dal freno culturale alla sicurezza

Pubblicato il 22 Nov 2016

Il webinar “Smart Working: come disegnare esperienze di collaboration efficaci” ha offerto una panoramica sul tema, con l’analisi di Marco Mazzucco, Senior Researcher Osservatori Digital Innovation e l’intervento di Michele Dalmazzoni, Collaboration & Industry IoT Leader di Cisco Italy, partner dell’evento.

Di questo servizio fanno parte anche i seguenti articoli:

LO SCENARIO – Lo smartworking, come sta evolvendo

L’OFFERTA – Cisco Spark, servizi cloud per l’Ucc

I relatori del webinar, da sinistra: Valentina Bucci, Giornalista di ZeroUno, Marco Mazzucco, Senior Researcher Osservatori Digital Innovation e Michele Dalmazzoni, Collaboration & Industry IoT Leader di Cisco Italy

L’interazione con la platea degli utenti, attraverso la bacheca online, ha permesso di approfondire alcuni ambiti di discussione.

  • Barriere culturali – Innanzitutto, il sondaggio lanciato durante la diretta ha fatto emergere che il principale ostacolo allo smart working (41% delle risposte), risiede nel disinteresse del management e/o nella scarsa cultura aziendale. La seconda barriera (25% delle segnalazioni) è imputabile all’ineguatezza della tecnologia in essere. “Non è strettamente necessario – ha commentato Mazzucco – che ci sia da subito l’entusiasmo della direzione. È possibile partire con piccoli progetti locali bottom-up, convincendo poi i vertici con l’evidenza dei risultati”.
  • Ownership dei progetti – Ma quindi, come ha chiesto un partecipante, chi deve guidare l’iniziativa? “I casi di successo – ha detto Mazzucco – hanno in comune la governance condivisa di It e Lob, con il coinvolgimento delle Hr”. “Si tratta di progetti multidisciplinari – ha specificato Dalmazzoni -, ma l’ad dovrebbe essere il primo coinvolto, nell’interesse della sua azienda”.
  • Riprogettare gli spazi – Smart working significa non solo telelavoro, ma anche revisione degli spazi aziendali, come ha evidenziato un’altra domanda dal pubblico. “Bisogna creare spazi collaborativi – ha suggerito Dalmazzoni -. In Cisco, tutti condividono un open space e, quando c’è bisogno di maggiore concentrazione, possono spostarsi in sale più tranquille. Ma ogni azienda è un caso a sé: occorre scegliere la soluzione adatta in base alla popolazione aziendale”.
  • Sicurezza, nodo critico – Sul tavolo arriva anche la questione della sicurezza, inevitabile quando si parla di collaboration, che va a braccetto con cloud e mobility. “La security – è intervenuto Mazzucco – va ricondotta soprattutto a un tema di comportamento umano e governance, non di tecnologie. Bisogna investire in formazione. Oggi, comunque, le aziende sono più consapevoli e si aprono ai nuovi modelli It”. “L’approccio di Cisco – ha evidenziato Dalmazzoni – è hybrid per garantire protezione ai dati critici. Ad esempio, nonostante l’azienda abbia optato per una soluzione di collaboration in cloud, può decidere di fare transitare il traffico video e voce sulla propria rete oppure di tenere in casa le chiavi di criptazione”.
  • I pro della collaboration – I vantaggi dello smart working possono tuttavia vincere le riluttanze. Un utente ha chiesto qualche esempio. “Ormai i casi reali ci sono – ha risposto Mazzucco – e dimostrano una riduzione del tempo speso in alcune attività anche del 50%. Si riscontrano, inoltre, benefici meno quantificabili, come la diminuzione del flusso di email. Tuttavia, è meglio diffidare di indicatori trasversali, perché i vantaggi della collaboration si concretizzano soprattutto a livello di singolo processo”. Dalmazzoni ha riportato esperienze precise: “Con la telepresenza, i commerciali riescono a incontrare più clienti, gli ingegneri fanno assistenza da remoto ai plant produttivi e… si organizzano corsi di cucina a distanza”.

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