Le applicazioni transazionali? Non sono più sufficienti per mantenere la competitività dei modelli di business tradizionali e non sono in grado di supportare quelli innovativi.
Le applicazioni collaborative e social? Così come sono state usate finora non hanno, nella maggior parte dei casi, fatto una grande differenza a livello economico fra il prima e il dopo la loro adozione: “Pubblicare su un social network belle foto di una convention aziendale – esemplifica Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Collaborative Business Application della School of Management del Politecnico di Milano – non genera necessariamente valore di business. Rischia di testimoniare solo un approccio ‘modaiolo’ alle tecnologie social in azienda”.
Ma da qualche tempo, il rapporto fra processi aziendali, It tradizionale e applicazioni collaborative/social, ha iniziato a imboccare una rotta più matura. Lo certifica la ricerca curata dall’ateneo milanese, che da un anno all’altro ha potuto cambiare focus. Nella prima edizione 2013/2014, erano state poste sotto la lente di ingrandimento le tecnologie social, mobile e cloud al debutto all’interno delle imprese. “Nel secondo Osservatorio – spiega Alessandro Piva, Responsabile della Ricerca – ci siamo posti gli obiettivi di comprendere il livello di maturità dell’adozione di questi strumenti nelle aziende italiane, come le evoluzioni del mobile e del cloud influiscono sui sistemi informativi, quali processi sono stati maggiormente impattati, con quali benefici, e, infine, abbiamo analizzato il mercato dell’offerta”.
Da un punto di vista statistico, i dati dimostrano un crescente apprezzamento delle iniziative di Social Business Collaboration. L’85% del campione (composto da 180 persone, il 54% delle quali Cio e It manager, e il restante 46% responsabili di line of business; per il 54% impiegato in grandi aziende e per il 46% in Pmi) ha espresso soddisfazione per i progetti già avviati (figura 1). Tra i periodi di riferimento 2013-2014 e 2014-2015, inoltre, la percentuale di grandi imprese che hanno lanciato – o stanno per farlo – progetti basati su Collaborative Business Application (Cba) è salita dal 50 al 61% (figura 2). Per le Pmi, la tematica inizia a essere di interesse, facendo registrare progetti collaborativi nel 20% dei casi. Nelle organizzazioni più grandi si è registrato un aumento delle iniziative pari al 22% (figura 3), un trend testimoniato anche dai casi utente presentati nel Convegno di presentazione della ricerca, che aveva come titolo Execution e Collaboration emergente: finalmente uniti!.
Le persone e il business al centro
Già, perché gli anni a venire promettono grandi opportunità di successo, vuoi per i sistemi, vuoi per le applicazioni collaborative e social: tutto ciò a patto che si integrino fra loro sulla base di logiche definitive a livello strategico, centrate sulle persone, flessibili e misurabili. “L’obiettivo – afferma Mainetti – è coniugare l’utilizzo dei nuovi strumenti, che devono offrire una buona user experience e spesso derivano dall’It consumerization, con le finalità di business”. Per conseguire questo obiettivo, il docente della School of Management del Politecnico di Milano ritiene che “per ogni tipo di processo si debba individuare il baricentro”, intorno al quale ragionare in termini di innovazione e integrazione e “di case management. Non esistono modelli unici da replicare”. Che il gioco “valga la candela”, Mainetti lo fa capire quando ricorda che “la produttività aumenta quando si riesce a condividere la conoscenza aziendale”, e quando cita una metafora secondo la quale “un banco di pesci è più grande di uno squalo e lo spaventa”.
Tecnologia e empowerment
Ascoltando le testimonianze di alcune aziende che hanno già implementato progetti di Social Business Collaboration imperniati su Collaborative Business Application, si rilevano concetti chiave come aumento dell’efficienza delle comunicazioni nell’ambito dei modelli organizzativi – grazie all’integrazione più efficace fra sistemi transazionali (per l’execution) e collaborativi – ed empowerment degli utenti. Un esempio del primo trend è la diminuzione delle email che negli ultimi anni hanno avuto un’esplosione insostenibile, sia per il tempo sottratto agli utenti, che devono controllarle e leggerle, sia per l’infrastruttura It. “La posta elettronica – esemplifica Massimo Moimare, Responsabile Ict di Ivar – tende per sua natura a essere pervasiva. Se si integra questo mezzo con il gestionale, è possibile permettere l’invio di determinate email solo nei momenti in cui si verificano gli eventi che le prevedono”. Una conferma a questa tesi arriva da Alessandro Gasparetto, Vice Presidente di Iqt Consulting: “Nel nostro caso, l’adozione di Collaborative Business Application ha portato a un aumento del 15% della velocità di evasione delle commesse e a una riduzione del 50% delle email. Inoltre ha contribuito a un miglioramento del clima aziendale e a far sentire più connessi gli utenti che lavorano sul campo o in modalità telelavoro”.
L’integrazione fra i sistemi esecutivi e collaborativi accresce il ruolo delle persone nei processi. È ciò in cui consiste l’empowerment innescato dalle Collaborative Business Application. “Non è un caso – interviene Claudio Montechiarini, Cto di Ermenegildo Zegna – che il principale sponsor del nostro progetto Zportal sia stata la direzione Human Resource, preoccupata di educare le persone a un uso corretto degli strumenti”. Se da una parte, come spiega Mainetti, “per stimolare all’uso degli strumenti di collaborazione non è ideale un approccio prescrittivo ma è meglio far leva sulla consumerizzazione dell’It e sul Bring-your-own-device”, dall’altra, avverte il Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Collaborative Business Application, “occorre far sì che l’uso di queste tecnologie sia coordinato con gli eventi di business e in accordo con le loro esigenze”. Approccio strategico, governance ed education, in questo scenario Ict, hanno la stessa rilevanza dell’apertura verso le nuove tecnologie.