Comunicare e condividere, l’ultima occasione

Pubblicato il 18 Dic 2013

Dietro l’acronimo UCC, Unified Communication and Collaboration, che molti di noi subito identificano in piattaforme tecnologiche con precise caratteristiche funzionali, si nasconde in realtà una vera e propria rivoluzione. Ancora tutta da compiere da parte dei sistemi informativi.

Le piattaforme di comunicazione e collaborazione possono infatti rappresentare il “territorio comune”, il felice compromesso tra chi, della rivoluzione digitale e “social” ne sta facendo il proprio universo di riferimento, sia professionale sia personale, e chi, i dipartimenti It delle imprese, sta disperatamente cercando soluzioni che diano flessibilità e agibilità agli utenti interni, ai partner esterni e ai clienti dell’azienda ma al contempo consentano un’azione non del tutto avulsa da “buone pratiche” di security e di governance.
La messa a punto di infrastrutture di Communications & Collaboration può quindi essere, per i Cio, la formalizzazione concreta di un compiuto salto culturale e di presa di coscienza: che deve finalmente arrivare dopo aver appreso e subìto l’It consumerization, con l’eliminazione di distanze e tempo grazie a Internet (the world is flat, scriveva nel suo fortunato libro best seller Thomas Friedman, in cui ogni distanza e ogni gap è potenzialmente colmato dalla rivoluzione digitale); la fruizione in mobile di ogni tipo di servizio e applicazione; la flessibilità garantita dall’on demand con il cloud; infine, l’avvento del “social business”, con l’inclusione, collaborativa, di clienti, fornitori nella messa a punto di nuovi prodotti, servizi e strategie. Preso atto di tutto questo, è venuto il momento, per l’It, di impegnarsi concretamente, chi già non l’ha fatto, nell’abilitazione di una strategia di collaborazione e di comunicazione che comunque sta autonomamente e a macchia di leopardo prendendo corpo, pericolosamente senza l’apporto, di strategia, di competenza e di organicità, dei sistemi informativi.
Comunicare e collaborare è un’attività tipica e naturale dell’essere umano, ed è in teoria un controsenso cercare di costringerla all’interno di regole rigide. Nel momento in cui, grazie al Web, ai social, ai device mobili semplici da usare e da portare, le modalità di contatto sono state moltiplicate, semplificate e rese economicamente convenienti, la natura umana ha “debordato”, ha generato una valanga di relazioni, di contatti e di scambi, culturali, economici, di conoscenza. Ma l’It non può restare ai margini di questa rivoluzione, spesso subendo modelli, abitudini, tecnologie che naturalmente si diffondono ma che spesso sono in aperta contraddizione con elementari criteri di sicurezza e di gestione. È giunto il momento, per i sistemi informativi, di “salire di livello”, acquisendo il dato di fatto dell’impossibilità di rincorrere questa “rivoluzione” cercando di arginarla dietro a criteri di sicurezza e di governance, per impostare, insieme agli utenti, un quadro organico di collaborazione e comunicazione. Allineato alle esigenze dei singoli e dell’impresa nei suoi percorsi di sviluppo competitivo.
È una sfida, per quanto complessa, affascinante, che porta con sé una profonda trasformazione culturale e organizzativa dell’It, da gestore tecnologico di elevata competenza specialistica sulle diverse piattaforme, ad abilitatore e orchestratore delle esigenze applicative e di servizio informativo degli utenti. Una trasformazione, questa dei sistemi informativi, che trova nei modelli Ucc una diretta e tangibile dimostrazione, ma che si estende naturalmente ad ogni altro tipo di esigenza di fruizione di servizio It da parte degli utenti.
È tuttavia indubbio che la comunicazione e la collaborazione rappresentino l’essenza del modo di fare business. La difficoltà, alquanto elevata, sta nel saper sviluppare un corretto approccio, un disegno globale da un lato ma anche, dall’altro, specifico nelle differenti esigenze dei diversi tipi di utenti e di relazioni dell’azienda al proprio interno e nel rapporto con il mercato. Come fare allora? Soprattutto per soluzioni di collaborazione e comunicazione bisogna cominciare a porsi, come It, qualche domanda: quanto conosco delle strategie della mia azienda? Quanto sta estendendosi sul mercato internazionale? Qual è la frequenza di “inclusione” di nuovi partner che collaborano con l’azienda? Quale livello di variabilità e di flessibilità è necessario? Quanto si devono riconfigurare dinamicamente i modelli di relazione? E questo soltanto per quanto riguarda le strategie generali. Poi bisogna saper guardare all’universo degli utenti: come lavorano, quali strumenti usano, quali livelli di agibilità comunicativa (social network, ma non solo) si sono ricavati perché ne hanno realmente bisogno e quali utenti invece dovrebbero sviluppare nuove modalità comunicative ma non sfruttano le opportunità già oggi disponibili.
Insomma, partire da questi “assessment” per disegnare uno schema organico di infrastrutture comuni sui quali abilitare servizi di Ucc su scala globale, garantendo ampi margini di autonomia agli utenti, sperimentazione e flessibilità che comunque siano riconducibili ad una strategia che tiene conto di imprescindibili esigenze di sicurezza e di governance. Ma una governance non soltanto tecnologica, quanto di vero supporto alle esigenze di comunicazione e collaborazione di cui un “corpo vivo” come l’azienda ha bisogno quotidianamente nel suo sviluppo competitivo.
Ecco allora che la collaborazione e la comunicazione diventano un potentissimo strumento di visibilità per l’It nei confronti degli utenti. Può rappresentare il vero “banco di prova” verso un percorso di profonda sinergia tra due parti, business e It, che è sempre più pericoloso tenere separate. È un vecchio discorso che però, per l’It, è ormai giunto a maturazione e ad un pericoloso bivio: essere strategici o essere inutili.
Gli utenti business, con la rivoluzione digitale Web, social e mobile che ha fatto loro scoprire, prima ancora sul piano personale e nella vita di tutti i giorni, la velocità, l’economicità e la semplicità dell’utilizzo e del servizio, non sono più disposti ad aspettare i tempi dell’It. Non hanno la cultura della tecnologia di impresa. E forse è giusto anche così. Hanno bisogno un servizio? Lo comprano in cloud, lo vogliono usare subito e con facilità sui loro device.
Vivere in azienda l’It come un freno allo sviluppo è l’anticamera per una disintermediazione estesa dell’It e del suo enorme patrimonio di competenze e di innovazione che potrebbe invece essere messo a frutto. Collaborare e comunicare è una questione vitale. E non solo per l’azienda sul mercato ma anche per due aree, i sistemi informativi e il business, che fino ad oggi sono cresciuti con modelli, linguaggi ed obiettivi troppo diversi tra loro. Prima che siano altri a guidare il cambiamento, prima che scelte di esternalizzazione impoveriscano l’It aziendale, è giunto il tempo di scelte “disruptive” non solo sul piano tecnologico, ma soprattutto su quello della disponibilità a cambiare e a mettersi in gioco. Superando la paura e la fatica.

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