Siamo all’interno di un cambiamento epocale di paradigma ma, forse, non ne abbiamo colto né tutti i segnali né tutte le implicazioni.
Cominciamo, in primo luogo, dai fatti
Il 44° Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, è stato eletto il 4 novembre 2008 anche grazie alla prima campagna elettorale Social che il mondo della democrazia ricordi.
Il 24 gennaio 2011, il pontefice Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali afferma che “le nuove tecnologie permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture, inaugurando così un intero nuovo mondo di potenziali amicizie. Questa è una grande opportunità. Le dinamiche proprie dei social network mostrano che una persona è sempre coinvolta in ciò che comunica. Quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali. Si può affermare che si è di fronte ad una vasta trasformazione culturale. Con tale modo di diffondere informazioni e conoscenze, sta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione”.
Gli ultimi avvenimenti avvenuti e in corso nei Paesi del Nord Africa hanno mostrato il valore incalcolabile di comunicare, attraverso la rete, la realtà non mediata da altri media.
In secondo luogo, qualche dato quantitativo.
In base all’ultima analisi resa nota da Morgan Stanley al Web 2.0 Summit di San Francisco nello scorso novembre, Questions Internet Execs Should Ask & Answer, emerge quanto segue (figura 1):
Figura 1 – Il fenomeno del social networking
(cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)
– il numero di utenti di social network ha già da tempo (fine 2009) superato gli utenti di email;
– il mondo dei social network si divide in due emisferi: quello Cinese (Tencent) e quello del “Resto del Mondo“ (Facebook). Il primo, con 637 milioni di utenti e una crescita del +31% (3Q 2010), ha superato il secondo (620 Milioni di utenti), con una crescita però del 51%.
– Twitter ha raggiunto 102 milioni di utenti ma cresce addirittura del +74%.
L’ulteriore trasformazione in corso è l’uso sempre più diffuso degli smartphone e, dunque, del mobile social network. Nell’ultimo trimestre del 2010, il numero totale di smartphone venduti nel mondo ha superato quello dei PC.
Il numero di Applicazioni disponibili via Web ha raggiunto il miliardo; il numero di download a ottobre 2010 aveva raggiunto i 7 miliardi; il fatturato delle Mobile Application è stato secondo Gartner, pari a circa 7 miliardi di dollari. La proliferazione degli Application Store sta già portando a un doppio mercato: verso i consumatori finali e verso l’interno delle aziende (figura 1).
Naturalmente, queste dinamiche stanno generando una serie molteplice di impatti:
– a livello sociale, di interazione fra le persone nell’alternanza tra mondo reale e virtuale;
– a livello di stile di vita: on-line life, sempre connessi, senza distinzione alcuna tra spazio privato e spazio lavorativo;
– A livello di impresa:
• il “luogo” del social diventa un nuovo spazio di mercato dove le aziende esprimono la propria presenza: con pagine Facebook, con blog, con una spesa crescente in pubblicità on line, con attività di e-Commerce che si affianca a quella tradizionale;
• il modo di essere social permea il modo di lavorare in azienda, di comunicare, di fare ricerca e sviluppo. Il consumatore è, infatti, allo stesso tempo eWorker. Permea il modo di interagire non solo con i propri clienti ma anche con i propri fornitori. I vantaggi, secondo una ricerca McKinsey (The rise of the networked enterprise: Web 2.0 finds its payday, dicembre 2010) sono molteplici e si sintetizzano sulla velocità di accesso alla conoscenza. Che si traduce in maggiore conoscenza in azienda, maggiore produttività ma anche migliore time to market, maggiore fatturato e maggiore profittabilità.
Secondo Clay Shirky, l’insieme delle nuove tecnologie, dei media sociali e del tempo libero disponibile genera un “Surplus cognitivo” che può procurare, se opportunamente incanalato, una ricchezza per le aziende e per le istituzioni nella capacità di creare conoscenza interconnessa, a supporto della formazione continua come della ricerca e sviluppo; a supporto delle evoluzioni dei prodotti e dei servizi perché più ancorati alle attitudini diffuse e comunicate.
Le stesse evoluzioni nel sistema relazionale tra imprese e consumatori hanno imposto una profonda rivisitazione delle strategie Marketing delle aziende (Harvard Business Review, Rethinking Marketing, 2010). Perché il consumatore va indirizzato in modo molto diverso rispetto al passato, secondo esigenze e bisogni puntuali. Ma soprattutto cercando di massimizzare non più le vendite di breve periodo ma il valore del cliente nel tempo, ovvero la sua capacità di generare per l’azienda profitti e vendite in un arco temporale possibilmente lungo. Il passaggio di prospettiva è forte: dal Brand Value al Customer Value.
Don Tapscott va oltre e ne costruisce una visione d’insieme, molto più ampia che chiama (e ne dà titolo al libro) MacroWikinomics. È l’impatto del social a livello di sistema nel suo complesso.
“Sicuramente, la motivazione fondamentale per la collaborazione a livello globale discende dalla progressiva diffusione della consapevolezza di ciò che dobbiamo fare per affrontare i problemi … Ma l’opportunità si trova nella tecnologia della rete … è una nuova epoca di intelligenza in rete … Le organizzazioni possono imparare. Se riuscissimo a favorire la crescita di organizzazioni capaci di imparare potremmo combattere questa ignoranza pianificata dei gruppi che conosciamo, questa balcanizzazione culturale che ci divide”. Tapscott aggiunge (secondo la sintesi fatta da De Biase su Nova del 24 febbraio 2011) che oggi non si crea valore generando un prodotto per poi difenderlo dalla concorrenza, ma creando delle piattaforme che altri possano interpretare per generare a loro volta valore. E si sviluppa una leadership soltanto mettendosi al servizio dell’insieme.
Quest’ultima è una potente suggestione che potremmo applicare all’intero mondo nelle sue declinazioni: economica, finanziaria, politica. La speranza è che i Millennials, i ragazzi nati dopo il 1980, contribuiranno ad accelerare questo processo che speriamo benefico di trasformazione.
*Annamaria Di Ruscio è Partner e Direttore Generale di NetConsulting