Flessibilità e autonomia al prezzo di una forte responsabilizzazione sui risultati: l’applicazione concreta e diffusa del modello organizzativo definito con il termine “smart working” è la partita del secolo e il fischio d’inizio è adesso. Finito il periodo di emergenza, valutando benefici e criticità emersi, si può disegnare il futuro individuando strategie, metodologie e approcci per massimizzare collaborazione, resilienza e benessere individuale all’interno dell’hybrid workplace. ZeroUno, in collaborazione con Citrix, sta dedicando un ciclo di incontri dal titolo Workspace Innovation Business School a chi intende vincere questa sfida post-pandemica: nel primo ha affrontato il tema dell’employee experience dal punto di vista tecnologico, ma non solo.
“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” a esordito Patrizia Fabbri, Direttrice di ZeroUno, introducendo l’evento: “Non che fino ad oggi si sia scherzato, anzi, questo ultimo anno e mezzo di gigantesca sperimentazione sullo smart working ha mostrato un grande impegno da parte di tutti: aziende, lavoratori, pubbliche amministrazioni… Ma sicuramente abbiamo tutti noi accettato anche difficoltà, disagi, improvvisazioni ai quali, adesso che ci stiamo avvicinando alla fine del tunnel e stiamo entrando in quella che viene ormai definita una nuova normalità, bisogna assolutamente far fronte per disegnare in un modo coerente, efficiente e soprattutto sostenibile una nuova modalità di lavoro ibrida dove il contributo delle tecnologie digitali è essenziale”.
Ridisegnare l’Hybrid Office, puntando su tecnologia e nuova leadership
Si è passati da 600mila a 6,5 milioni di persone in smart working in pochi mesi nel 2020, il tasso di crescita annuale del 10%, che prima del Covid-19 ci sembrava quasi soddisfacente, è diventato del 1000%. Questa impennata vissuta in ottica emergenziale, secondo Mariano Corso, Direttore scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano e Presidente P4I, “ci ha permesso di imparare di più e di avere degli elementi per individuare un nuovo modo di lavorare, consapevoli che serve ancora una maturazione sia culturale che tecnologica per sviluppare progetti di vero smart working, essenziali per la resilienza digitale e organizzativa”.
Facendo leva sulle consapevolezze acquisite quali il ruolo centrale delle tecnologie digitali e la necessità di ridisegnare nuove regole di utilizzo di spazi e orari, nuovi layout fisici degli uffici e nuovi stili di leadership, ogni organizzazione può affrontare le sfide illustrate da Corso per disegnare quel Hybrid Workspace che può traghettarla verso un modo di lavorare agile ma anche produttivo.
“Sarà necessario estendere e riequilibrare i modelli di smart working con disciplina e rispetto reciproco, sperimentando nuovi bilanciamenti tra remotizzazione e presenza, connessione e disconnessione e coinvolgendo le persone per dare risposte chiare sul futuro e ridefinire l’employee value proposition” ha spiegato Corso. La realizzazione di un vero Hybrid Workspace, però, “dipende fortemente da quanto i manager sapranno adottare nuovi modelli di leadership e creare imprenditoria diffusa, anche nelle PMI. Questo sarà il fardello su cui lavorare per non perdere il potenziale trasformativo dello smart working”. Dalle persone agli spazi di lavoro, altro elemento essenziale. La loro attuale inadeguatezza di fronte ai modelli organizzativi che si stanno affermando ci pone di fronte a delle domande: in futuro perché staremo in ufficio? E come dovrà essere lo spazio di lavoro per rispondere alle nuove esigenze?
Integrazione e fruibilità: il mondo business impara dal mondo consumer
Nel riprogettare gli spazi lavorativi la tecnologia gioca un ruolo chiave, ne è convinto Nicola Ferrandina, Corporate Account Manager di Citrix, che indica come priorità l’usabilità e l’integrazione. La semplicità di utilizzo dei nuovi strumenti di lavoro “sarà un fattore trainante, come dimostra chiaramente il mondo consumer da cui il business deve prendere esempio” mentre l’integrazione tra le tante piattaforme quotidianamente impiegate per risolvere task è l’unico modo per evitare “il bombardamento di messaggi a cui siamo sottoposti che abbassa notevolmente la produttività. Un buon workspace unificato serve per governare gli stimoli: in media si passa il 20% di una giornata a cercare informazioni per lavorare, recupereremmo quindi un giorno alla settimana”.
Secondo Daniele Corsi, Senior Corporate Account Manager di Citrix, un’altra complessità legata allo smart working di cui l’utente non si deve fare carico è quella dell’esperienza multi device che deve essere omogenea “e per garantirla serve una progettazione apposita che punti ad elevare gli standard di produttività e assicuri un comodo passaggio tra diversi dispositivi, anche mobile”. Lavorare “anytime, anywhere”, per obiettivi, con massima flessibilità, può essere possibile ed è senza dubbio vantaggioso: “significa poter guardare un video di training a qualsiasi ora e rispondere all’emergenza di un cliente anche se ci contatta quando abbiamo con noi solo lo smartphone”.
Verso il vero smart working, accompagnati dalla tecnologia
Per scoprire come le organizzazioni stanno affrontando questa delicata fase di passaggio è utile ascoltare le esperienze di aziende che, al momento dello scoppio della pandemia, si trovavano ad un diverso stato di adozione dello smart working, ritrovando priorità comuni e gli strumenti tecnologici sempre co-protagonisti al fianco di un management attento e pronto.
Magneti Marelli aveva solo “un piano sonnolento” di lavoro agile ma, grazie anche all’esperienza vissuta “in anteprima” dai colleghi cinesi, come ha spiegato il CIO Dario Castello, “è stato possibile organizzare velocemente un piano, convocando un tavolo di emergenza per realizzare progetti sito per sito e regolare il fenomeno”. Affrontati sia i problemi di security sia quelli di approvvigionamento tecnologico, ora Magneti Marelli è pronta per uno smart working più strutturato, già verso fine anno.
Inail, per la quale il Covid-19 è stato uno “stress test” su un progetto di lavoro agile avviato nel 2019, nei prossimi mesi punta anche a “ripensare gli spazi, secondo le nuove esigenze, facendo dell’ufficio un luogo che accoglie le persone per attività di confronto e networking – spiega il CIO Stefano Tomasini – perché dopo il momento di rottura vissuto, la sfera sociale va ripensata nel suo complesso”. Già durante l’emergenza Inail ha puntato molto sul coinvolgimento delle persone nella trasformazione proponendo anche “un approccio bottom up negoziato con il proprio responsabile per identificare obiettivi di breve e medio termine, introducendo un modo diverso di gestire i propri compiti”.
Altra realtà che ha potuto pienamente “capitalizzare e monetizzare la lungimiranza degli anni precedenti” permettendo di lavorare in smart working già nei primi due giorni di pandemia ad oltre il 97% delle persone, è stato il gruppo ACEA. “Scevri dalla pressione di dover abilitare da zero i colleghi, ci siamo concentrati sull’efficacia del nuovo assetto – ha spiegato Ivan Vigolo, Group Chief Innovation & Information Officer – l’integrazione era il principale problema e abbiamo trovato in Citrix un’idea che sposava il nostro paradigma, abbiamo iniziato con un POC per poi avviare subito la parte esecutiva del progetto di Digital Workspace”. Grazie a survey e brainstorming congiunti per ogni target personas sono state disegnate scrivanie digitali ad hoc “in uno sforzo continuo di aggiornamento delle priorità di ciascuno ma mantenendo come linee guida comuni la semplicità di utilizzo e la centralità dell’utente”.
Engagement e nuovi talenti: un buon workspace è decisivo
Per chi si occupa di risorse umane, mantenere il focus sulle persone mentre si cambiano i paradigmi del mondo lavorativo è un imperativo come lo è diventato anche l’uso della tecnologia che, come ha ricordato Sara Nelson, Senior HR Director Emea Sales & Services di Citrix, “diventerà la chiave per essere sempre più competitivi a livello globale”. L‘efficienza tecnologica sarà il criterio con cui verranno giudicate le organizzazioni osservando se sono state in grado di trasformare con successo processi, cultura e modalità di lavoro per offrire un nuovo tipo di employee experience. Oltre che per il work-life balance, Fabio Luinetti, Country Manager Italia di Citrix, punta sulla tecnologia anche “per creare senso di appartenenza e assicurare flessibilità proteggendo anche dal tecnostress perché un workspace ben disegnato filtra il rumore digitale e favorisce la produttività”. Allo stesso tempo può diventare anche “un aggregatore di strumenti per misurare il sentiment e ottenere analytics per monitorare il comportamento degli utenti e individuare colli di bottiglia o possibili ottimizzazioni anche puntando su machine learning e intelligenza artificiale”.
Se l’employee experience è stata trasformata dalla pandemia, quella l’on boarding è stato stravolto ma dato che “quando è ben fatto è il miglior biglietto da visita di un’azienda”, come spiegato da Massimiliano Grassi, Field & Channel Marketing Manager, Citrix ha scelto di offrire “una scrivania digitale che sia un guscio unico di lavoro in grado di accogliermi al primo giorno e di indicarmi un percorso guidato, liberandomi tutte le classiche complessità degli ingressi in realtà nuove. Fin dall’inizio è importante che nessuno si senta improduttivo, perché ciò porta frustrazione e calo di engagement”.
Attenzione alla salute e misura del sentiment i trend HR nel new normal
Intervenendo sui modelli di leadership e raccogliendo feedback per monitorare la produttività, TIM, forte di esperienze di smart working risalenti al 2015, in 2 o 3 settimane è riuscita gestire l’emergenza Covid-19 agilmente “scoprendo che anche lavori come il customer care possono essere fatti senza problemi da remoto” ha spiegato Giovanni Iacobelli, Head of HR and Organizational Development. “Quando rientreremo circa 30mila persone potranno usufruire dello smart working, con più giorni a disposizione e troveranno nuovi spazi di lavoro, senza scrivanie personali ma in sharing: un grande cambiamento in cui le tecnologie digitali sono protagoniste”.
Nuovi uffici significa anche un modo integralmente diverso di pianificare le giornate e questo per qualcuno può essere un passaggio critico: Zucchetti, affiancando le aziende nella loro digital trasformation da anni, in questo periodo si è infatti trovato ad “aiutarle nel rendere consapevoli le persone di dover cambiare le modalità di usufruire degli spazi, pianificando e ragionando per obiettivi” spiega Elisa Chioda, Head of HR Digital Transformation Consulting di Zucchetti. Dal suo speciale osservatorio ha avuto modo di registrare nuovi trend nell’adozione dello smart working dal punto di vista HR, come la crescente presenza della tecnologia unita a una forte attenzione sulla salute: a partire da strumenti di self check sui protocolli Covid “la digitalizzazione ha reso tutti protagonisti nel realizzare ambienti di lavoro sani”.
Il monitoraggio del sentiment e l’utilizzo di analisi predittive nelle mani del HR “hanno poi permesso al management di leggere comportamenti e livelli di benessere per capire ciò che stava accadendo. Questo ha reso il ruolo dell’HR notevolmente più significativo agli occhi del business, di importanza strategica, soprattutto se supportato dalla tecnologia”, uno dei due cardini su cui poggia la trasformazione oggi necessaria. L’altro è il change management, per dare spazio, senso e efficacia agli strumenti innovativi già a disposizione di chi è pronto ad implementare il vero smart working.