SAN DONATO MILANESE – Era la fine del gennaio 2011 quando Gianluigi Castelli, Cio di Eni, convocava un piccolo team di persone, “scelte semplicemente sulla base di una minima conoscenza personale all’interno del contesto aziendale, indipendentemente da ruoli e incarichi professionali”, dice lo stesso Castelli, chiedendo loro la disponibilità a collaborare, fuori dai comuni orari di lavoro, ad una nuova iniziativa. Ma quale fosse tale iniziativa, doveva stabilirlo il nuovo team. “Mi sono limitato a dare alcune regole di base – spiega Castelli – come stabilire i meeting in orari ‘extra lavoro’ (tra le 8 e le 9 del mattino, dopo le 19, il sabato mattina…), definire un inizio e una fine dei ‘lavori di creatività’ per evitare lunghe code improduttive, l’assoluta libertà di partecipazione. La mia idea era mettere in contatto un gruppo di persone che guardasse al ‘continuous improvement’ della società e degli skill con idee nuove e non convenzionali”.
È nato così l’iTeam di Eni, che dopo alcune riunioni iniziali di brainstorming si è concentrato su una iniziativa particolare identificata come ‘Ufficio del Futuro’, uno spazio progettato dal team per consentire la sperimentazione di soluzioni tecnologiche innovative e i conseguenti modelli di comportamento in termini di collaboration e produttività lavorativa. Gabriele Chiesa, Ict di Eni, responsabile per i processi di Marketing, Sales, Front office consumer e ‘leader naturale’ eletto portavoce dell’iTeam spiega come l’idea di fondo fosse quella “di costruire un vero e proprio spazio fisico dove poter sperimentare l’interazione dinamica tra l’uomo e le soluzioni più rilevanti del mondo Ict. Dopo diverse riunioni ‘spese’ a ‘buttare giù’ idee e suggerimenti – sottolinea Chiesa – abbiamo deciso di concentrare gli sforzi sulla creazione di uno spazio compatto che riuscisse a trovare risposte a bisogni tra loro molto differenziati: lavoro individuale, di gruppo, interazione con uffici remoti, condivisione di idee e collaborazione anche in contesti non formali”.
Realizzato con soluzioni già disponibili sul mercato
Dall’idea concettuale si è poi passati alla realizzazione vera e propria dell’Ufficio del Futuro, un ambiente ‘tecnologicamente denso’, realizzato con soluzioni esistenti e già disponibili sul mercato (e offerte gratuitamente dai vendor per questa realizzazione sperimentale), dove ogni elemento ha una doppia natura, strutturale ed esperienziale: le pareti alloggiano sistemi Lcd avanzati; i tavoli sono superfici touch interattive; partizioni curve che dividono gli ambienti diventano superfici di proiezione (per esempio, dal tavolo touch di Milano si può visualizzare una presentazione proiettata da un collega da Roma che altri seguono in videoconferenza, anche dai propri tablet; ognuno può interagire e lavorare sulla presentazione; nell’Ufficio del Futuro si possono salvare direttamente su determinate pareti curve alcune note o slide, come se si attaccasse un Post-It; il tutto anche senza toccare realmente il video, sfruttando il riconoscimento del movimento delle mani).
“Per riuscire a catturare e valorizzare le idee anche in contesti non formali (come alla macchina del caffè) – aggiunge Chiesa – abbiamo studiato alcuni spazi dotati di sistemi di telepresenza integrati nell’ambiente e sistemi per la condivisione di contenuti multimediali con interfacce intuitive per una prima elaborazione di idee e spunti originali che possono poi essere ripresi in contesti lavorativi formali che, nell’Ufficio del Futuro, sono caratterizzati da: sistemi per l’elaborazione condivisa di contenuti, tecnologie per il trasferimento ‘seamless’ di contenuti fra dispositivi differenti per utilizzare sempre lo strumento più efficace; tecnologie di controllo ‘naturale’ del flusso delle presentazioni (che possono essere fatte scorrere anche solo con un cenno della mano senza toccare gli schermi); passaggio ‘seamless’ di contenuti da/per il dispositivo più efficace”, conclude Chiesa.
Rendere la creazione di idee un processo sistemico
“Il nostro obiettivo è ora riuscire a rendere la creazione di idee un processo sistemico, che non significa affatto strutturato perché verrebbe meno il senso di libertà dato dall’organizzazione orizzontale che non tiene conto di ruoli e cariche gerarchiche e che invece vogliamo mantenere”, sottolinea Castelli. “L’impegno è più che altro rivolto a innescare meccanismi periodici di stimolo alla creatività e all’innovazione”.
Uno strumento utile per favorire tale processo è dato da Moka, il social network aziendale, aperto a tutti, nato con l’obiettivo di favorire la creazione di dinamiche collaborative e trasversali tra i dipendenti Eni attraverso: social knowledge (logiche di creatività e propositività dal basso, intelligenza collettiva); open collaboration (interazione veloce e diretta tra le persone indipendentemente da schemi organizzativi predefiniti); enterprise search (efficacia e reattività: accesso immediato alle persone competenti e alle informazioni necessarie per prendere decisioni in tempi rapidi).
Infine, per rendere ancora più coinvolgente l’esperienza di telepresenza, Eni sta sperimentando l’utilizzo della tecnologia degli ologrammi: noi stessi abbiamo assistito a una prova durante la quale un collega che si trovava fisicamente in un’altra parte dell’edificio si è “materializzato” nell’Ufficio del Futuro interloquendo con i presenti.