Le nuove frontiere della comunicazione integrata nell’offerta dei vendor

Centrata sugli individui e sulle loro esigenze. Sempre più basata su un approccio agnostico dal punto di vista delle infrastrutture di comunicazione e dei device utilizzati.
Con un ruolo crescente assunto dalla mobilità e dal video. Ecco la Unified Communication che emerge dalle visione e dalle proposte dei protagonisti del mercato.

Pubblicato il 28 Mar 2012

Tecnologie, dati, persone. È intorno a questi tre cardini che si evolvono il concetto e le piattaforme per la Unified Communication and Collaboration (Ucc). Ecco una breve panoramica degli approcci e delle tecnologie più rappresentative di alcuni grandi vendor attivi nel settore.
Iniziamo da Aastra, multinazionale canadese. “Per noi – spiega Fabio Pettinari (nella foto a sinistra), direttore Marketing & Business Development di Aastra Italia – l’Unified communication è un insieme di applicativi che, integrati con i processi aziendali, permettono di portare valore al business. Esempi di questi applicativi sono quelli che permettono di identificare la presenza di un interlocutore attraverso molteplici canali, di creare caselle vocali, di condividere documenti. Negli ultimi anni la nostra vision si è legata molto al concetto di mobilità. Questo si traduce nell’abilitare la presence anche attraverso le reti Gsm, poter utilizzare gli stessi numeri brevi che si utilizzano nella rete telefonica aziendale anche per raggiungere utenti che si trovano in mobilità con un device diverso dal telefono di scrivania, supportare un’architettura “pluridevice”. Un’altra dimensione su cui stiamo investendo molto è quella della videocomunicazione”.
Tra le soluzioni più innovative che l’azienda ha lanciato in tempi recenti, quella che riassume tutti i concetti dell’Ucc espressi è il terminale video Blustar. “Di solito – spiega Pettinari – la videocomunicazione viene associata con tecnologie installate in meeting room, che solitamente vanno prenotate. Noi vorremmo che comunicazioni di questo tipo potessero essere effettuate da ogni posto di lavoro. Blustar è un terminale Sip (Session Initiation Protocol, lo standard utilizzato per la telefonia su Ip, ndr) corredato di un touch screen da 13 pollici con una resa Hd. Quattro microfoni e tre altoparlanti garantiscono una qualità audio HiQ. BluStar è compatibile con qualunque nostra soluzione Ip-Sip, permette la navigazione Web, la condivisione di documenti, l’interoperabilità con vari device via Bluetooth. E può essere integrato con applicativi aziendali, per esempio quelli di gestione del magazzino”.

Il video, la “new wave” della comunicazione aziendale“

Cisco – interviene Michele Dalmazzoni (nella foto a destra), Collaboration Architecture leader di Cisco – è leader mondiale nella telefonia su Ip (questa è stata finora la sua offerta tradizionale nell’Unified Communication). La centralità che sta assumendo il video costituisce l’evoluzione naturale dell’Uc e ne rappresenta la vera ‘new wave’”. Nel corso degli ultimi anni, continua il manager di Cisco, si è assistito allo sviluppo e alla diffusione della telepresenza, o come la definisce Dalmazzoni “Telepresence 2.0”, esperienza di videocomunicazione immersiva praticabile all’interno di apposite meeting room. “Oggi siamo nell’era del 3.0, che rende accessibile la qualità della telepresenza in modo più capillare nelle organizzazioni. Non solo nell’ambito dei board, insomma, ma anche presso le postazioni di lavoro dei singoli dipendenti, grazie a videotelefoni che supportano il video Hd, la voce, la presenza, l’instant messaging e la mobilità. Con l’installazione di un client come Cisco Jabber, questi device consentono la collaborazione a trecentosessanta gradi”.
Per Cisco la collaborazione è passata da una visione document-centric e Pc-centric a una people-centric e multidevice. In questa trasformazione il video ha assunto un valore sempre più centrale. “E lo dimostra – continua Dalmazzoni – la crescente diffusione che stanno avendo nelle aziende e sui più diversi device le soluzioni di video content management. Ci sono imprese che realizzano dei veri e propri YouTube interni e che producono programmi tv destinati prima ai propri dipendenti e poi anche ai clienti. Questo trend ha forti impatti dal punto di vista tecnologico, che devono essere gestiti, soprattutto alla luce del fenomeno della virtualizzazione. Il traffico video richiede molta banda e non ha senso, se devono comunicare due client nella zona di Milano, farlo transitare per un data center di Roma. Per questa ragione noi siamo impegnati a sviluppare thin client, come il nostro tablet Cius, in grado di gestire localmente tutta la componente multimedia della comunicazione, soprattutto quella real-time, mentre per il resto ci si può appoggiare a sistemi virtualizzati centrali”.

UC sensibile al contesto

L’Unified Communication oggi è molto di più dell’integrazione tra le tecnologie della telefonia e quelle della collaborazione, come era intesa fino a qualche anno fa. “In Ibm – racconta John Campitelli (nella foto a sinistra), Software specialist Ibm Collaboration Solutions – Ucc Ibm Italia – noi ormai parliamo di Social Unified Communication”. Diversi fattori hanno fatto sì, negli ultimi tempi, che l’Uc diventasse parte di un ecosistema più vasto. Fra questi l’evoluzione delle tecnologie mobile, l’uso dei social media e l’adozione del modello cloud. “Oggi – puntualizza Campitelli – è necessario che gli strumenti di comunicazione siano calati nella dimensione ‘social’. Nell’Unified Communication non basta più poter identificare la presenza di un contatto attraverso una lucina verde. Occorre raccogliere e considerare altre informazioni di contorno, come l’essere libero o occupato, la location, l’ora locale e così via. La ‘business card’ dell’utente, insomma, deve essere correlata con altre informazioni che ne definiscono il suo essere sociale”.

Ibm aggredisce questa problematica con Sametime, una soluzione software che integra dall’instant messaging al supporto a riunioni virtuali, dalla telefonia al videoconferencing. “Con Sametime – spiega Campitelli – un laptop, uno smartphone o un tablet diventano strumenti di Unified Communication & Collaboration. Nel 2011 abbiamo rilasciano ben undici versioni del software per altrettanti tipi di device. Abbiamo anche stipulato un accordo con Nokia per reintegrare Sametime sui nuovi smartphone con sistema operativo Windows Phone 7”. “Noi non vogliamo essere un’azienda di telefonia – puntualizza il manager di Ibm -. Per l’hardware di communication ci avvaliamo di terze parti, come Polycom, per esempio, nel settore del videoconferencing”.

Indipendenza da piattaforme e infrastrutture

Un approccio software è anche quello di Microsoft. “Unified Communication – spiega Vieri Chiti (nella foto a destra), direttore della divisione Office della filiale italiana – è prima di tutto cercare di unire tutti i possibili canali di comunicazione disponibili in modo integrato. E noi integriamo non solo i nostri canali, ma anche quelli che utilizzano tecnologie di altri vendor, tra i quali anche Cisco”.

Con la soluzione Lync, Microsoft è entrata in modo deciso nel mercato dell’Ucc, dove prima era presente con Office Communicator, una soluzione con funzionalità molto più limitate. “L’approccio dei nostri competitor – continua Chiti – è sempre stato di tipo hardware. Questo ha causato l’instaurazione di un notevole livello di complessità, dovuto alla proliferazione di diversi tipi di telefoni, centralini e così via. Con Lync offriamo uno strato software comune, che aiuta le aziende a ridurre la loro dipendenza dall’hardware. Per esempio, diventa possibile effettuare la videoconferenza anche senza avere centralini Ip”. Completa libertà anche nelle scelte infrastrutturali. “Le applicazioni – sottolinea Chiti – possono essere fatte girare tutte su un server Lync oppure fruite in modalità ibrida: per esempio si può usare il server on premise per le videoconferenze e il cloud per l’instant messaging”.

Ucc e Bring Your Own Device

Anche presso una società storica nel mondo delle tecnologie per la telefonia, quale Siemens Enterprise Communication, importante produttore di telefoni e centralini Ip-Sip, troviamo un approccio più legato al software che all’hardware. “Unified Communication per Siemens non è una tecnologia – spiega Gianfranco Ulian (nella foto a sinitra), direttore Presales Engineering presso la filiale italiana – ma una metodologia per rendere disponibile all’utente funzioni e applicazioni tendenzialmente già presenti in azienda, come i telefoni Ip-Sip e le voice-mail. È l’utente, con il suo stato fisico, il punto focale dell’applicativo e non la sua presenza online, come avviene nell’instant messaging. La nostra soluzione OpenScape permette di impostare regole su come si può essere contattati o meno in funzione degli stati reali in cui ci si trova, differenziandole anche a seconda dei tipi di interlocutori con cui si entra in contatto, e gestendo più strumenti di comunicazione differenti, pur utilizzando un unico numero o un’icona di contatto. Per tutelare la privacy, la soluzione non mostra il numero finale dell’interlocutore chiamato, che potrebbe corrispondere a un numero riservato”.

OpenScape è scritto in Sip per integrarsi con le tecnologie Ip di Siemens e di altri vendor, ma si integra anche con applicazioni business tradizionali o cloud come, per esempio, Sap, Microsoft Teamcenter, Salesforce Crm, nonché i social media come Twitter o Facebook. Anche per Siemens Enterprise Communication siamo nell’epoca del video, “ma a differenza di Cisco e Avaya – puntualizza Ulian – non abbiamo puntato su telefoni Ip con grandi schermi, perché riteniamo che i telefoni per l’Unified Communication del futuro siano gli smartphone e, soprattutto, i tablet. In questo modo cavalchiamo anche il fenomeno del ‘bring your own device’”. Un trend che non può essere ignorato dai vendor di Ucc e che testimonia un’altra verità: anche nell’Unified Communication saranno sempre più gli utenti a dettare le regole del gioco.

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