Regole e convergenza: la net neutrality

Parità di accesso alle infrastrutture di tlc e alla banda larga e le future regole per lo sviluppo dei servizi convergenti fisso-mobile si presentano come temi centrali nel 2007: quale l’evoluzione? Quali i modelli di business possibili continuando a garantire la neutralità della rete?

Pubblicato il 07 Feb 2007

Una vera e propria rivoluzione. Il settore delle telecomunicazioni è in pieno fermento per un intreccio sempre più complesso fra innovazione tecnologica, modelli di business e assetti regolamentari.
Parità di accesso alle infrastrutture di tlc e alla banda larga e le future regole per lo sviluppo dei servizi convergenti fisso-mobile si presentano come temi centrali per il 2007: i primi due influenzano la concorrenza dell’intero mercato, i secondi rappresentando un primo concreto esempio di servizi frutto della spinta tecnologica, pongono problemi di adeguamenti di normativa in un mercato dove non è prevista l’esistenza dell’operatore mobile virtuale (un operatore che realizza una forma di accesso alle reti degli operatori mobili assimilabile al roaming fra operatori mobili).
Per capire la centralità del tema net neutrality e parità d’accesso alla banda larga occorre fare qualche passo indietro e ripercorrere sinteticamente i cambiamenti avvenuti nel settore tlc dove, dal 1998 ad oggi è praticamente cambiato tutto. Fino a poco più di tre anni fa le potenzialità del doppino sembravano sfumate, il mobile pareva basato unicamente sul Gprs per le delusioni iniziali dell’Umts; la fibra ottica veniva snobbata dopo l’entusiasmo vissuto a cavallo del duemila; le tecnologie di accesso wireless (Wi-fi e Wimax) del tutto frenate (per tentare di far decollare l’Umts). Oggi ci troviamo di fronte a un rinnovato interesse per il vecchio doppino di rame grazie all’Adsl, alla banda larga, alla sorprendente possibilità di gestire su una unica rete voce, dati, internet e contenuti.
In questo quadro così modificato, Telecom Italia mantiene ancora una quota di oltre il 75% nella telefonia fissa (Databank, 2006), la più alta fra quelle detenute da un singolo operatore nei principali Paesi dell’Europa a 25 (con l’eccezione di Lussemburgo, Slovenia, Portogallo e Cipro, dati CoCom2006).
Inevitabile dunque che, rinforzato da richiami giunti dall’Unione Europea, si sia posto il tema della separazione della infrastruttura di telecomunicazioni dell’incumbent dai servizi e dalle attività commerciali, con l’obiettivo di garantire a tutti gli operatori parità di trattamento nell’accesso delle reti di telecomunicazioni.
Al richiamo del Commissario Europeo per l’informazione ed i media Viviane Reding di attuare, come già avvenuto in Inghilterra per British Telecom, quella separazione della rete di trasmissione dai servizi, l’11 settembre 2006 Telecom Italia ha annunciato, a sorpresa, lo scorporo della rete e di Tim. L’annuncio ha posto immediatamente una serie di questioni quali il perimetro dello scorporo, i futuri investimenti da parte di Telecom Italia nella rete di nuova generazione (Next Generation Network) e le modalità di accesso a questa rete da parte dei fornitori di servizi. Un altro argomento cruciale riguarda l’analisi della posizione di Telecom Italia che conserva una posizione dominante nei servizi di rete fissa e forte in quelli di rete mobile, sia rispetto all’offerta integrata dei servizi fisso-mobile sia per quella dei contenuti (dvb-h, IP television).
In vista dello sviluppo dei nuovi servizi di Tlc che richiederanno una capacità di banda sempre più ampia, gli operatori di telecomunicazioni stanno accelerando la transizione delle loro reti verso la tecnologia IP, le reti Ngn (Next Generation Networks). Fastweb lo ha già fatto, BT ha annunciato di voler seguire questa strada con la 21th Century Nework, la sua rete del futuro per cui prevede investimenti di circa 15 miliardi di euro. Telecom Italia non ha ancora fatto dichiarazioni ufficiali su tempi e investimenti ma, secondo alcuni esperti di tlc, sta pianificando il rinnovamento della rete con investimenti che potrebbero oscillare intorno ai 10-12 miliardi di Euro.
È ragionevole pensare che, trattandosi di investimenti significativi, gli operatori di telecomunicazioni coinvolti nel processo di ammodernamento delle infrastrutture non possano non essere condizionati dal dibattito che si è sviluppato sia nel mercato statunitense sia, in minor misura, in quello europeo sul mantenimento o meno del controllo della rete da parte degli incumbent, questione centrale per la competizione e per l’offerta dei futuri servizi .
Il modello inglese, per quanto presenti grandi differenze rispetto al mercato italiano, merita di essere guardato attentamente perché offre spunti di riflessione. L’Ofcom, l’autorità britannica di regolamentazione della convergenza, ha imposto a BT la creazione di una business unit (Access Services) per gestire la rete di accesso e rivendere le linee local loop, ovvero dell’ultimo miglio, in condizioni di assoluta parità ai concorrenti e alle altre divisioni della stessa BT. In UK tuttavia la regolamentazione si è concentrata prevalentemente su quello che viene definito il monopolio naturale delle tlc, l’ultimo miglio per l’appunto, lasciando a BT una notevole libertà di movimento sugli altri mercati, molti dei quali deregolamentati. La scelta adottata dall’Ofcom sembrerebbe dunque garantire una neutralità di accesso, anche per il futuro, da parte delle compagnie telefoniche concorrenti all’infrastruttura di nuova generazione, i cui investimenti saranno assicurati da BT che, per contro, potrà muoversi senza troppi vincoli su altri terreni.
Che cosa accadrà in Italia? La situazione del nostro Paese è differente sia perché il mercato è più regolamentato, sia perché l’unbundling che conta oltre un milione e seicentomila di linee (Ecta, marzo 2006) si è sviluppato molto di più rispetto all’UK dove è praticamente irrisorio (poco più di 142.000 linee), sia perché l’Autorità ha già imposto a Telecom Italia di garantire parità di trattamento per le offerte wholesale. Quello che è certo è che il comparto delle tlc italiano sarà certamente influenzato dal nuovo piano industriale di Telecom Italia che nel 2007 affronterà il tema della infrastruttura e dei futuri investimenti della rete. Ma la net neutrality è un punto di partenza e non di arrivo per la competizione e si interseca con le future applicazioni e servizi che richiederanno modelli di business e dunque di organizzazione, di approcci al mercato, di investimenti tecnologici, differenti: l’orientamento al consumer e al quadruple play (voce, internet, dati, tv) da una parte e/o l’attenzione al mercato business con offerte integrate di connettività e di applicazioni IT dall’altra. La competizione si sposterà pertanto dalla rete ai servizi.

Nuovi servizi integrati fisso-mobile
In un mercato regolamentato che, nell’ultimo anno, si è dimostrato particolarmente litigioso per contenziosi fra concorrenti ma anche fra operatori e Autorità, la spinta della convergenza non può che aumentarne la complessità. Un esempio arriva dai primi servizi di telefonia fisso-mobile grazie alla disponibilità di apparecchi ibridi capaci di funzionare come fisso sotto copertura wi-fi utilizzando la tecnologia VoIp e come Gsm per strada, nonché dalle recenti offerte lanciate dagli operatori mobili (in Italia Vodafone) che consentono di usare il cellulare anche per ricevere chiamate dirette al proprio numero di casa o di ufficio. La peculiarità del mercato italiano è che le offerte convergenti sono introdotte senza che sia stata prevista ad oggi la figura dell’operatore mobile virtuale (presente in altri paesi europei come UK, Irlanda, Danimarca) e pertanto risultano parziali, con tariffazioni ancora separate per tipologia di traffico, con problemi di regolamentazione (portabilità della numerazione per servizi forniti su reti differenti). Ad oggi gli operatori mobili hanno la possibilità di stipulare accordi su base commerciale per la vendita all’ingrosso di traffico o di pacchetti di servizi di traffico dati (sms, mms) ad altri operatori che “riconfezionano” in servizi convergenti fisso-mobili. Il mercato è ancora agli inizi: gli operatori mobili non sembrano così interessati a rivendere il loro traffico ai competitor di telefonia fissa che, con le offerte integrate, puntano a mantenere quote di mercato e a competere sul loro stesso terreno. D’altro canto l’evoluzione tecnologica fisso-mobile sta imponendo nuovi obblighi, anche a fronte di offerte che scavalcano l’attuale regolamentazione. L’Authorithy nel corso del 2006 ha comunque dato segnali di apertura: nella relazione annuale ha dichiarato che qualora l’introduzione di forme di competizione basate sui servizi convergenti non conducesse alla discesa di prezzi finali e non si registrassero significativi cambiamenti, potrebbe prendere in considerazione nuove misure regolamentari. I vantaggi per le aziende si tradurranno in offerte integrate, con presumibile razionalizzazione dei costi e maggior efficienza nella gestione della mobilità.


NEUTRALITÀ E SVILUPPO DELLA RETE. UN PROBLEMA DELICATISSIMO
Due sono i fattori scatenanti il dibattito sui destini di Internet e dei modelli di business da adottare: l’aumento della quantità e della dimensione degli oggetti scambiati in rete (contenuti audio, video, software) e lo sviluppo di business dei fornitori di servizi (a pagamento o gratuiti).
Il primo fenomeno, ampliato dalla crescita del social networking e del peer-to-peer, ha cominciato a riempire le grandi infrastrutture di rete che fino a un paio d’anni fa parevano sovradimensionate. A questo punto si è cominciato a parlare della necessità di aumentare la portata tecnologica delle reti, di “allargare i tubi” sino alla Next Generation Network, e agli ingenti investimenti necessari a realizzarla. Contemporaneamente aziende come Amazon, Google, Yahoo e servizi come My Space, You Tube, Type Pad hanno cominciato ad aumentare i fatturati con le vendite o con la pubblicità on line.
Le grandi Telco americane, in primis, seguite più sommessamente dalle europee, hanno cominciato a lamentarsi dell’asimmetria: per loro tariffe decrescenti, bassi utili, forti investimenti, per gli altri grandi fatturati, elevate quotazioni e scarsi investimenti. Nasce da questa dicotomia quella che è stata definita l’Internet a due velocità: priorità e velocità elevata per contenuti a pagamento, compresa l’IP TV offerta dagli stessi Telco, e discriminazione dei contenuti “poveri”, come quelli del traffico peer-to-peer, le conversazioni in rete dei blog. In molti hanno parlato di attacco alla neutralità della rete: ma che cosa è, e perché è importante?
La neutralità della rete è questo: se io pago per connettermi alla rete con una certa qualità di servizio, e tu paghi per connetterti con la stessa (o una migliore) qualità di servizio, allora possiamo iniziare una comunicazione con quel livello di qualità.
Quindi neutralità della rete implica che qualsiasi provider utilizzi, io possa connettermi con chiunque ed accedere a qualsiasi contenuto. Per farlo dovrò pagare per l’accesso alla rete, e pagherò in misura proporzionale alla velocità della mia connessione. Se mancasse la neutralità i provider potrebbero fornire il servizio di connessione a Internet favorendo alcuni contenuti del web rispetto ad altri. Sarebbe un’architettura di rete basata su asimmetrie, progettata affinché taluni servizi possano avere enormi vantaggi rispetto ad altri che permetterebbe la creazione di un nuovo mercato tra fornitori di contenuti per il web e Internet Service Provider.
Ma, come sostiene Joy Marino, uno dei pionieri dell’Internet italiana, a quel punto non sarebbe più l’Internet che conosciamo. Internet si basa sul concetto di Best Effort, (BE); l’ISP garantisce il BE sull’universalità (raggiungerai chiunque), BE nelle prestazioni (appena possibile), e con un prezzo indipendente dalla distanza. “Ciò non significa che ci sia sempre la garanzia di poter raggiungere tutti i nodi della rete, perché possono insorgere impedimenti temporanei”, spiega Marino, “ma qualunque impedimento sistematico violerebbe il principio del BE, così come qualsiasi preclusione ai futuri nodi della rete. Best effort non equivale a ‘io non ti garantisco nulla’, è un elemento ineliminabile del Internet Protocol (IP)”.
Ora, molte Telco si stanno orientando a fornire a loro volta servizi di contenuto di tipo broadcast, ma il protocollo IP non è stato pensato per il broadcasting, è stato pensato per la comunicazione uno-a-uno; il passaggio all’altro modello impone complessità di gestione superiori e livelli di collaborazione tra operatori poco immaginabili. Per cui la preferenza dei grandi telcos va verso un’offerta chiusa, in cui un utente firma un contratto che gli permette di accedere a velocità superiori a determinati contenuti e servizi, offerti dal suo fornitore. Il traffico verso altri siti e servizi viene invece penalizzato. Sul piano tecnologico tutto ciò è già oggi ampiamente possibile, anzi già avviene, per servizi oggetto di contratti in cui si stabilisce un livello di QoS specifico.
Ma un conto è garantire un livello di servizio, un altro è impedire ad alcuni di utilizzare la rete: il timore del popolo di Internet è che sarebbero gli utenti con minore capacità di reddito e le applicazioni del tipo sociale ad essere discriminati.
Inoltre, fanno notare non pochi studiosi della net economy, il meccanismo di innovazione continua garantito dalla rete si basa proprio sul suo modello aperto: il tentativo di modificare il giocattolo rischia di romperlo.
Tutto ciò è in gioco con la neutralità della rete. (Antonio Santangelo)

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