Alla luce dei risultati della CIO Survey, l’indagine sui CIO presentata nei mesi scorsi da NetConsulting cube, di cui abbiamo scritto diffusamente in questo servizio, ci siamo confrontati con Paolo Bagnoli, Head of IM Marketing sul nuovo ruolo che il Responsabile dei sistemi informativi ha assunto e sembra ancora destinato ad assumere all’interno delle imprese.
“Dall’esperienza che abbiamo maturato direttamente con i nostri clienti – spiega Bagnoli – è evidente oggi si presuppone un ruolo differente della figura del CIO rispetto al passato. Da figura prevalentemente tecnica oggi il CIO è diventato decisore, si è trasformato in una figura consulenziale che supporta le aziende nei loro percorsi di digitalizzazione”.
Il coinvolgimento proattivo del CIO
Al CIO viene chiesto oggi un ruolo attivo nella gestione dei dati, rendendoli disponibili alle Line of Business e lavorando con loro sui dati stessi per costruire e definire nuovi processi.
“Abbiamo assistito a un cambiamento importante nella relazione tra il CIO e le Line of Business. Se in precedenza il CIO veniva chiamato in causa perché facesse succedere qualcosa, perché attivasse una procedura, ora la funzione Sistemi Informativi viene chiamata a diretto supporto delle strategie delle Linee di Business nel passaggio da analogico a digitale. Il CIO è parte integrante di questo processo”, spiega ancora Bagnoli. “Il primo passaggio per qualsiasi moto di innovazione deve coinvolgere il CIO, altrimenti le cose non accadono: il rischio di un mancato coinvolgimento del CIO è quello di mettere in discussione altri processi o addirittura i livelli di sicurezza in azienda”.
Nella visione di Bagnoli, le aziende che non coinvolgono i CIO li obbligano di fatto a rincorrere processi di innovazione che rischiano altrimenti di fallire.
“Il CIO, invece, deve essere parte integrante della pianificazione, sia per quanto attiene la gestione del dato sia per la gestione dei processi, lasciando poi alle LoB tutti gli aspetti maggiormente agganciati al business”.
Il supporto di Samsung al CIO
In questo scenario, qual è il ruolo che Samsung vuole giocare e, soprattutto, come si relaziona con i CIO nel loro nuovo ruolo?
“Samsung – spiega Bagnoli – vuole supportare questo grande movimento che definiamo Next Mobile Economy secondo due aspetti ben definiti”.
Al primo posto c’è l’hardware: in questo caso Samsung segue l’intero ciclo di vita del prodotto, a partire dalla ricerca e sviluppo fino alla produzione, e ha messo a punto un portafoglio di offerta che copre tutte le esigenze a partire dalla Generation Z passando per i CIO e le grandi aziende, con una logica di evoluzione continua per restare al passo con i tempi e con i bisogni.
C’è poi l’aspetto consulenziale, legato alle soluzioni, con l’obiettivo di integrare le soluzioni presenti in azienda con i dispositivi Samsung, come smartphone, tablet o wearable.
“La consulenza è per noi un business core quando si parla di digital transformation. Mettiamo il cliente al centro della nostra strategia: cerchiamo di capirne i bisogni, cerchiamo di capire come il dispositivo possa essere impattato o avere a sua volta un impatto nei nuovi processi”.
Focus sulla personalizzazione
Per questo, Samsung interloquisce direttamente con le imprese e con CIO: lavora in accounting diretto, coinvolgendo i consulenti interni cui spetta il compito di studiare il tema, confrontarsi con il cliente e abilitare gli aspetti più tecnici della questione, ad esempio aprendo le API sia di Android sia di Knox.
“Il nostro focus è la personalizzazione: prendiamo un hardware standard e lo personalizziamo sui bisogni delle aziende. La logica è tailor made: conosciamo i bisogni delle imprese, ma conosciamo molto bene anche i comportamenti degli utenti finali e troviamo il giunto punto di sintesi tra le esigenze di entrambi”.
Così come è emerso dalla ricerca, anche in Samsung è comunque molto forte la consapevolezza di quanto la sicurezza sia centrale, non solo in mondi quali il fintech o il settore pubblico, ma per i CIO di qualunque tipologia di organizzazione.
“C’è una responsabilità diversa in capo ai CIO. Fino a ieri non c’era una digitalizzazione così pervasiva dei dati: oggi invece i dati ci sono, sono digitali, sono critici e indispensabili. Il CIO ha lavorato per fare in modo che questo patrimonio informativo sia accessibile a chi ne ha bisogno anche al di fuori del perimetro fisico aziendale. Ha abilitato i dipendenti alla mobilità, ha abilitato i team alla collaboration: ma tutto questo non può e non deve andare a scapito della sicurezza e dell’integrità dei dati e delle informazioni”.
E poi ci sono le nuove frontiere e anche in questo caso il CIO è in prima linea: “Pensiamo all’automatizzazione dei processi, sulla base dei dati raccolti e analizzati con tecnologie di Machine Learning, oppure utilizzati in applicazioni di Business Intelligence. Pensiamo a tutti gli strumenti che stanno entrando in azienda, a partire dall’IoT. I dati non sono solo file o cartelle, ma tutto quanto deriva da sensori, macchine connesse. Pensiamo all’ecommerce, che espone verso l’esterno la struttura aziendale. Pensiamo al cloud, che di per sé rappresenta l’estrema disponibilità del dato. Il CIO è coinvolto in tutti questi processi di innovazione e deve farsi carico della tutela e della protezione di tutti gli asset aziendali, senza trascurare gli aspetti legislativi, a partire dal GDPR”.
Sono richieste a cui il CIO deve rispondere, rivedendo tutti i processi, tutelando i dati e attuando anche attività di formazione interna, nella consapevolezza che alle basi della sicurezza vi è anche una forte sensibilizzazione dei dipendenti e dei collaboratori.