La propensione verso lo smart working, e di conseguenza il mobile workplace, varia molto da un’azienda all’altra. Dall’analisi del dibattito tenutosi nel corso dell’Executive Cocktail Digital Tranformation: che cosa abbiamo imparato dall’esperienza, organizzato da ZeroUno in collaborazione con Citrix, si è potuto dedurre che nella maggior parte delle realtà i responsabili It sono spinti ad assecondare nuovi trend tecnologici come il Bring Your Own Device (Byod) e il digital workplace. Cambiano però i mix fra interventi tattici e strategici, le modalità di ingaggio fra It e business e i modi in cui l’It è considerato all’interno dell’azienda.
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LO SCENARIO – La digital transformation? Guardiamo cosa è successo in casa Citrix | |
LA SOLUZIONE – Citrix: framework metodologico e soluzioni per il mobile workspace |
“Mi ritrovo molto – ha esordito un partecipante all’Executive Cocktail – nel quadro presentato da Martin Kelly [Vice President World Wide Infrastructure & Service Delivery Citrix, che ha raccontato l’esperienza di workplace digital transformation all’interno del vendor, ndr] e Marco Planzi [Associate Partner Organization Design and Innovation Management di P4I, che ha sottolineato l’esistenza di una vasta comunità di persone ‘digital ready’ in tutte le aziende, ndr]. Anche da noi l’It si sta evolvendo da essere computer-based [ossia legato solo alla fornitura di risorse computazionali, ndr] a fornitore di nuovi servizi cloud, mobili e, per così dire, ‘touch’. Ed è vero anche che sempre di più troviamo utenti business con i quali è diventato più semplice dialogare da pari”.
Tra benefici logistici e di produttività
“Riscontro quotidianamente – ha aggiunto Enrico Luigi Toso, It Business Solutions e Ict Regulatory Risk and Control Specialist in Deutsche Bank Italia – esigenze di innovazione sia in ambito manageriale che in quello operativo. In entrambi i casi il requirement principale è la flessibilità: nel caso dei manager rispetto alla possibilità di lavorare in mobilità, in quello operativo riguardo all’utilizzo intercambiabile delle postazioni. In altri contesti, la disponibilità di workspace multifunzione si traduce in risparmi logistici e in una interazione più efficiente tra persone e sistemi”.
Sulla base della propria esperienza di successi ottenuti nella propria azienda, Francesco Oggionni, It Manager Emea di Novartis Farma, ha sottolineato la necessità che anche le aziende precisino ai responsabili It i propri obiettivi. “La digital transformation di per sé vuol dir poco. Occorre ragionare su quale valore può avere, per esempio, integrare applicazioni mobile nelle strategie multicanale”.
Non solo ‘quelli dei computer’
Laddove il business non è in grado di esplicitare da solo possibili obiettivi conseguibili con innovazioni come il mobile workspace, è comunque necessario che siano gli It manager a essere propositivi. “Agli uomini It – ha testimoniato Luca Magnoni, Head of Digital & Life Apps di Aviva Italia – viene sempre più chiesto di suggerire nuovi processi digitali. Questo è un grande cambiamento, che ci pone delle sfide anche sul fronte della formazione”.
Il rapporto fra competenze It e business è più volte tornato nel corso della discussione. In un suo intervento, Planzi ha ricordato come anche le persone che si occupano di processi posseggano conoscenze tecnologiche e provino ad applicarle direttamente. “L’It – ha ammonito il consulente – non deve tarpare loro le ali in quei momenti. Piuttosto deve cercare di essere presente nel posto giusto al momento giusto quando si cambiano i processi”.
Questo richiede, ancora una volta, che l’It non sia vista solo come ‘quelli dei computer’. “Gli uomini It – ha sostenuto Gianbattista Caragnini, Chief Technology Officer di Helvetia – possono offrire il loro maggiore contributo alla digital transformation quando i responsabili di business li vedono come depositari anche di talenti non It”. Secondo Benjamin Jolivet, Country Manager Citrix, “In Italia l’It è posizionata ancora troppo indietro rispetto alle altre direzioni aziendali. Troppo spesso, prima di ogni iniziativa, deve aspettare il via libera dei responsabili del Real Estate o dei Chief Financial Officer”. La persistenza di questo gap di ‘posizionamento’ pone a rischio la competitività di molte aziende nazionali.