Social gaming: amici di gioco online

Da Farmville a Mafia Wars, i successi e il futuro di un mercato da due miliardi di dollari. Che coinvolge milioni di utenti in modalità “social”. Secondo i dati presentati al Social Game Summit, dell’11-12 novembre scorsi a Londra, il mercato dei giochi “sociali” vale oggi circa 2 miliardi di dollari nel mondo. Ma oltre ai sistemi di micropagamento come Facebook credits (dove ogni dollaro reale vale 10 crediti virtuali), il mercato pubblicitario è la principale fonte di revenue per i protagonisti del social gaming. Il 2010 secondo molti analisti, sarà l’anno della svolta nell’ambito dell’”in-game advertising”, raggiungendo i 220 milioni di dollari nel 2010 e sfiorando i 300 l’anno prossimo (fonte: eMarketer)

Pubblicato il 31 Mar 2011

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Erano i primi anni Ottanta quando bastava essere dei bravi programmatori, avere una buona creatività e del tempo libero, per realizzare in pochi mesi un business milionario. Sierra Online – il marchio che in quegli anni aveva creato adventure game storici come Leisure Suite Larry o King’s Quest – nacque infatti dal lavoro di una coppia di programmatori: Ken e Roberta Williams. I giochi erano graficamente semplici ma riuscivano a catturare l’attenzione grazie a delle storie estremamente avvincenti e un team di due persone poteva compiere il balzo e diventare la società leader mondiale nei videogame in pochi mesi.
Erano i tempi in cui nacquero società come Activision (una delle più longeve società di videogame, dai primissimi anni Ottanta sulle console Atari, fino a oggi, passando da successi come le serie di Quake e di Star Wars), o poco dopo la LucasArt, divisione gaming della LucasFilm (come non ricordare l’incredibile successo di tutta la serie Monkey Island).
Oggi quei tempi sono tornati: il nuovo livello di convolgimento degli utenti portato dai social network, ma soprattutto gli incredibili numeri della loro diffusione sono stati ben compresi da personaggi come David Maestri. Nel 2008, lavorando la sera dopo il suo lavoro abituale in una società chiamata Freewebs, rilasciò sotto pseudonimo il primo vero successo tra i Social Games: Mob Wars – un gioco di ruolo su Facebook in cui viene interpretata una guerra di mafia – entro la fine dello stesso anno aveva già raggiunto il traguardo di 2,4 milioni di utenti attivi, diventando la prima applicazione Facebook a fatturare più di 1 milione di dollari al mese. Nonostante lo pseudonimo, il successo non passò inosservato e Freewebs, che incidentalmente nel frattempo aveva cambiato ragione sociale in Social Gaming Network, gli fece causa per violazione del copyright in quanto, come la maggior parte delle aziende, anche Freewebs aveva inserito nei contratti dei propri dipendenti la clausola che i diritti d’autore di tutto quanto realizzato durante il contratto di collaborazione sarebbero stati di proprietà della società. La disputa venne conciliata il 16 dicembre del 2008 con un corrispettivo economico da parte di Maestri e la possibilità per Sgn di sviluppare nuovi giochi a partire dallo stesso modello. Mob Wars però rimase di proprietà di Maestri, anche se venne poi sorpassata da versioni più evolute graficamente come Mafia Wars, di Zynga. Costituita nel 2007, Zynga oggi è probabilmente l’azienda più grande nel panorama del social gaming grazie anche allo straordinario successo dell’applicazione Facebook più utilizzata di tutti i tempi: Farmville. Nel suo momento di massima popolarità tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010 è arrivata a sfiorare gli 80 milioni di utenti al mese. Successo ancora più straordinario se si pensa che, dal punto di vista grafico, questa applicazione non è molto diversa dagli adventure degli anni ‘90. A tre anni dalla sua fondazione, questa start-up di San Francisco vanta numeri che parlano da soli:
– 10 giochi principali
– 1,300 dipendenti
– 13 sedi in 6 nazioni diverse
– 6 acquisizioni negli ultimi 6 mesi
– 320 milioni di persone che hanno interagito almeno una volta con un gioco Zynga
– 200 milioni di utenti mensili di media
– 400 persone che lavorano nell’ambito creativo
Quella di Zynga non è comunque un’avventura tutta in discesa: il rapporto di dipendenza da Facebook, infatti, ha rappresentato sia il vantaggio competitivo sia il maggiore rischio imprenditoriale per Mark Pincus e soci. Facebook non era mai stata entusiasta di veder crescere questo business in pochissimi mesi, soprattuto considerato che buona parte del suo successo nasceva proprio dai suoi utenti. Il primo segnale di quella che potremmo chiamare “guerra delle applicazioni” si ebbe nell’ottobre del 2009 quando Facebook annunciò l’introduzione di alcune modifiche nelle politiche di messaggistica, ufficialmente per ridurre lo spam e tutelare i propri utenti. In sostanza, agli sviluppatori di applicazioni – tra cui Zynga – veniva improvvisamente impedito di usare lo strumento di notifica verso gli utenti (i messaggi che compaiono in basso a destra nella finestra di Facebook). Non era più possibile notificare novità, inviti o tutto quanto poteva rappresentare uno strumento di interazione con gli utenti dell’applicazione, con l’evidente risultato di una drastica diminuzione (fino al 70%) del traffico. Ma il colpo più duro venne sferrato nel maggio 2010, con la richiesta di Facebook di utilizzare solo il proprio sistema di micropagamenti (Facebook credits) per l’acquisto di estensioni ai giochi Zynga. La richiesta di eliminare tutti i sistemi di pagamento esterni e di utilizzare solamente i crediti di Facebook (con la commissione non trascurabile del 30%) portò Mark Pincus a tenere una riunione straordinaria con tutti i suoi dipendenti il 6 maggio 2010. Alcune fonti autorevoli raccontano che, in quella occasione, Pincus ipotizzò il peggio: “Facebook e Zynga stanno negoziando l’uso dei crediti di Facebook ma i negoziati stanno arrivando a un punto di rottura. Durante questa negoziazione, Facebook ha bloccato i feed (notifiche) di Zynga e minacciato di chiudere completamente i giochi. Zynga, dal canto suo, ha minacciato di abbandonare completamente Facebook e si prepara a farlo nelle prossime settimane”.
Qualche giorno dopo, il 18 maggio 2010, le due società annunciarono l’accordo: una partnership di cinque anni per lo sviluppo del social gaming, con l’esclusivo utilizzo di Facebook credits per i micropagamenti. Non è chiaro se l’accordo sia nato da una riduzione della commissione da parte di Facebook o semplicemente Zuckemberg abbia vinto la battaglia con le minaccie di chiudere le applicazioni di Pincus.

In-game advertising
Secondo i dati presentati al Social Game Summit, dell’11-12 novembre scorsi a Londra, il mercato dei giochi “sociali” vale oggi circa 2 miliardi di dollari nel mondo. Ma oltre ai sistemi di micropagamento come Facebook credits (dove ogni dollaro reale vale 10 crediti virtuali), il mercato pubblicitario è la principale fonte di revenue per i protagonisti del social gaming. Il 2010 secondo molti analisti, sarà l’anno della svolta nell’ambito dell’”in-game advertising”, raggiungendo i 220 milioni di dollari nel 2010 e sfiorando i 300 l’anno prossimo (fonte: eMarketer).
La prima ragione di questa crescita è sicuramente dovuta alla dimensione dell’audience: Google adsense for games dichiara di raggiungere milioni di giocatori (e miliardi di minuti di gioco) ogni mese. Inoltre, secondo Nielsen, il gioco online quest’anno ha superato l’email come percentuale di tempo speso, arrivando al secondo posto subito dopo l’utilizzo dei social network. La seconda ragione risiede nell’efficacia dei posizionamenti pubblicitari all’interno dei giochi online. Secondo uno studio del 2009 di NeoEdge networks in collaborazione con la società di ricerche di mercato Frank Magid Associates, l’advertising video all’interno dei videogiochi online sarebbe più efficace rispetto agli spot televisivi. In particolare, il ricordo del brand non sollecitato nei soggetti esposti ai preroll/midroll/postroll all’interno dei giochi sarebbe fino a cinque volte superiore rispetto all’equivalente spot televisivo.

Il prossimo futuro
Secondo Kristian Segerstrale, uno dei fondatori di Playfish e, dopo l’acquisizione, direttore della divisione playfish all’interno di Electronic Arts, gli ultimi tre anni hanno rappresentato una crescita incredibile soprattutto grazie alla diffusione di Facebook, ma ora che questa è rallentata il modello di business dei social games deve cambiare.
Le tre fasi secondo cui si è evoluto il mercato secondo Segerstrale sono nascita, crescita e significato. Se all’inizio i programmatori hanno potuto sfruttare la curiosità degli utenti verso un mondo completamente nuovo – dove applicazioni anche rudimentali dal punto di vista grafico potevano riscuotere un grande successo proprio grazie al fattore novità – in seguito è stato il ritmo incredibile di crescita della base utenti (in primo luogo di Facebook) a decretarne il successo. Arrivati a questo punto dobbiamo entrare nella fase del significato: i giochi di successo saranno quelli in grado di “accrescere il valore di esperienza emozionale”. La nuova generazione di social game si basa su “un significato reale, genuino e non più la socialità puramente virale del passato”. Lo stesso termine “social game” è destinato a scomparire. Nell’arco di due anni al massimo, secondo Segerstrale tutto sarà così intrinsecamente sociale da rendere superfluo l’uso dell’aggettivo e parleremo solamente di giochi.
Anche Alex St John, presidente e Cto del social network Hi5, è convinto che il termine “social game” scomparirà, anche se per un motivo diverso: “Alla fine, credo che i social games come li conosciamo siano una moda che verrà dimenticata, consumati da un mercato online già maturo per i giochi scaricabili e multiplayer. Quello che rimarrà saranno alcune scoperte: la realizzazione che il social networking è di per sé un nuovo tipo di gioco, che le reti sociali sono uno strumento di marketing molto efficace per i giochi e che i modelli di business basati sui micropagamenti e sulla pubblicità rappresentano una via eccezionale per monetizzare i giochi online in generale. Se alcuni dei grandi nomi del social gaming sopravviveranno, sarà perché hanno sfruttato le loro capitalizzazioni per rinnovarsi e allontanarsi dalla dipendenza da Facebook”.

* Alberto Mari è business development manager di .Fox Networks e ha un suo blog all’indirizzo

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