C’è chi lo vive quotidianamente sulla propria pelle, chi è interessato per cultura personale, chi lo vede invece come fenomeno distante da sé ma ne riconosce l’esistenza, un po’ temendolo, un po’ sfruttandone i vantaggi. Di fatto l’utilizzo di Internet, dei servizi ad essa collegati, delle nuove forme di partecipazione, comunicazione e informazione che questo media consente, sta ormai entrando nell’uso quotidiano e, forzatamente o meno, nel tessuto sociale anche del nostro Paese.
Come esempio di questo “ritmo” di diffusione, partiamo dall’ultimo anno di storia del nostro giornale, per poi allargare il discorso all’intero mercato. Periodo 5 maggio 2005-fine aprile 2006. Dopo anni di semplice presenza-vetrina di ZeroUno sul Web (per motivi, va precisato, non riconducibili al nostro attuale editore…), rilasciamo finalmente nella “napoleonica data” il nuovo portale ZeroUnoweb (www.zerounoweb.it). Partiamo con belle speranze venendo subito in contatto con piccole software house formate, tipicamente, da pochi ragazzi svegli che hanno creduto, negli anni scorsi e dall’Italia, alle potenzialità dei servizi multimediali che Internet poteva offrire e ne hanno fatto il loro business (superando, taluni, la difficile fase della “bolla”). Alla base c’è un progetto editoriale preciso. ZeroUnoweb, più che essere un portale di notizie vuole differenziarsi dagli altri fornendo soprattutto due tipologie di servizi: approfondimenti e interazione con la propria comunità di lettori (voi).
Si inizia così con la nascita di un Club (ZeroUno Club) al quale ci si iscrive compilando una breve scheda che dà diritto al downloading di una ricca serie di documenti (White paper, tutti gli allegati prodotti dal giornale, studi di mercato) che pubblichiamo sul sito in una logica continuità di approfondimento di quanto scritto sulla rivista. I numeri registrati, le e-mail e le telefonate in arrivo alla redazione cominciano a darci ragione. Apriamo allora alla seconda parte del progetto, quella dell’interazione, avviando Forum e indagini. L’ultima in ordine di tempo è un’indagine sul VoIP, realizzata insieme a NetConsulting, per partecipare alla quale serve compilare un questionario quanto mai articolato. Nel giro di un paio di settimane abbiamo quasi 500 risposte. Siamo soddisfatti: la nostra comunità, cioè voi che ci leggete, risponde e capisce il nostro sforzo di erogare servizi utili. Infatti i partecipanti avranno in anteprima e in dettaglio, commentati dagli analisti di NetConsulting, i risultati dell’inchiesta. Stiamo offrendo, ne siamo convinti, uno strumento utile per decidere se, quando, quanto e come investire nel VoIP.
Fin qui, direte, nulla di nuovo. Ma è la potenzialità di Internet che ci consente di sognare, guardando al presente e al futuro. Nasce infatti, lo scorso aprile, ZeroUno DOT, il primo video magazine sull’Ict in Italia. Audio e video streaming per offrire alla comunità, una volta al mese (per ora) un notiziario sugli eventi principali del mercato Ict italiano, con interviste a guru, casi utente, dati di mercato e segnalazioni di appuntamenti; insomma in sintesi un vero e proprio video-giornale. Okay, dobbiamo ancora migliorare, ma è la nostra prima esperienza e se avremo i fornitori dalla nostra parte (leggi sponsor – ci sarebbe da aprire un capitolo interessante sul rapporto fornitori-stampa tecnica italiana in questi anni di difficoltà economica), potremo arrivare a farne un quotidiano. Per inciso: al momento in cui scriviamo sono quasi 1.200 le persone che hanno visto il nostro video magazine. Ancora una volta: la comunità risponde. Stiamo ora guardando al podcasting, cioè alla possibilità di rendere scaricabili le nostre registrazioni digitali su ogni tipo di device personale. Intanto intravediamo, in un futuro non distante, la Tv digitale terrestre con una trasmissione che possa finalmente dare spazio al nostro sogno: fare cultura informatica presso le imprese italiane. Per parlare con loro non più solo dell’ultimo telefonino iperfunzionale, ma anche della possibilità di usare l’Ict come elemento di efficienza e leva di nuova competitività, supportandole, attraverso esempi concreti di aziende innovative, nella comprensione di nuovi fenomeni tecnologici che, opportunamente declinati nella loro realtà di impresa, consentano loro di sostenere una competizione sempre più efficace e globale.
Poi abbiamo i blog (15 milioni solo negli Usa), uno strumento di partecipazione tra i preferiti da chi naviga su Internet e che rappresenta uno dei tanti “snodi” attorno ai quali si costruiscono nuove comunità digitali su temi di interesse specifici. Vi sembra una moda? Vi sembra che a voi, uomini del business, possa non interessare questo fenomeno? Andate allora a vedere, se vogliamo parlare di Crm, cosa sta facendo gente come Procter & Gamble, General Electric e in genere tutte quelle aziende riconosciute come innovatrici e attente a intercettare sul mercato i cambiamenti nelle modalità di consumo e i nuovi gusti dei clienti: una parte dell’area Ricerca e Sviluppo di queste aziende è impegnata (e finanziata) a far parte di una serie di comunità di interesse nelle quali si ha una maggiore visibilità sulle tendenze di consumo, si capisce come la pensano i consumatori rispetto a potenziali nuovi prodotti, a particolari necessità (o avversioni) che la comunità può esprimere.
Fenomeni che si calano in un sottobosco (sempre più visibile) identificabile con quella digital generation che, pur in prevalenza giovanile è di fatto composta da surfer di tutte le età, professioni e culture. E comunque le giovani generazioni sono i consumatori di oggi e di domani. Mia figlia, 13 anni, ha un blog personale, comunica con i compagni di classe via Msn, pubblica foto e partecipa a conversazioni di gruppo. Per non parlare degli sms! Pensate che io le abbia insegnato qualcosa? Sbagliato! E’ la cultura digitale che permea la sua classe, la sua scuola, la nostra società che le ha insegnato, per integrarsi nel gruppo, l’uso di questi strumenti. Questa digital generation (che “contamina” anche chi è più refrattario all’uso delle nuove tecnologie), secondo il recente rapporto 2006 dell’Osservatorio Aie (l’Associazione Italiana Editori) sull’editoria digitale, presentato a Milano lo scorso marzo, non può non essere considerata da chi, come noi, produce e distribuisce contenuti.
La ricerca, a base nazionale su un campione rappresentativo di 1000 ragazzi, ha rilevato l’attuale fase di passaggio nella fruizione di contenuti da media tradizionali (carta) a quelli digitali. Il 52% del campione legge riviste e quotidiani su Internet e su carta (ma solo il 27% lo fa esclusivamente in modo tradizionale). Il 29%, ascolta radio, informazioni e musica nelle modalità classiche ma anche in forma digitale: il 53% possiede infatti un iPod o un lettore Mp3 mentre il 18% segue la Tv via Internet (avete perso la Domenica Sportiva? Perché non vedervi gli highlights della partita che più vi interessa quando vi fa più comodo?). Importante sottolineare ciò che ha detto il noto sondaggista Renato Mannheimer a commento dello studio: “I giovani non si percepiscono come soggetti passivi del mondo informatico, ma come protagonisti attivi della produzione dei contenuti da scambiare e condividere: partecipazione e condivisione diventano dunque le nuove “regole” di utilizzo della rete”. Usando appunto chat, blog, forum, sms per scrivere pensieri, appuntamenti, compiti, condividere file, scambiarsi musica, libri, video. Insomma per comunicare.
E se all’orizzonte le grandi società di telco e le loro potenti lobbies stanno alimentando un dibattito per rimettere in discussione il modello di Internet come infrastruttura aperta, libera e gratuita guardando sempre più a servizi a pagamento, l’importante è che non sia penalizzato, in termini di velocità e prestazioni, anche chi non vuole pagare per avere servizi prioritari (vedi su questa tematica l’articolo di Antonio Santangelo nei nostri update). Il “movimento” di Internet è entrato così in profondità nei modelli culturali e di relazione sociale che sarebbe davvero difficile e pericoloso porre limitazioni a questa valanga digitale che sta rendendo il nostro mondo un po’ più piccolo, un po’ più integrato e i paesi e le persone un po’ più vicine. “The world is flat”, dice il best seller di Thomas Friedman per far capire come la cultura digitale e Internet in particolare stia contribuendo a ridurre le diseguaglianze e a creare opportunità di confronto (ma anche di business) tra popolazioni che, sia pur nella loro diversità culturale da salvaguardare, possono sentirsi sullo stesso piano, con uguali opportunità di conoscenza, crescita, miglioramento della qualità della vita. “Tutto è intorno a te”. Te ne sei accorto?
Tutto intorno a te
Pubblicato il 15 Mag 2006
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