Ucc: dalle parole ai fatti

Come realizzare la Unified Collaboration and Communication; modelli di implementazione, processi e tecnologie per non perdere competitività. Se ne è parlato durante una serata di dibattito e confronto organizzata da ZeroUno in collaborazione con Bt

Pubblicato il 15 Apr 2009

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Verso la fine del 2008, ZeroUno ha organizzato un evento per analizzare, insieme ai direttori dei sistemi informativi e al top management di alcune aziende italiane, lo scenario attuale in Italia della Ucc, Unified Communication and Collaboration, approfondendo una serie di problematiche legate a questo tipo di progetti. L’obiettivo principale di ZeroUno era poter offrire ai partecipanti ospiti alcuni spunti di riflessione e condivisione sulle difficoltà che normalmente si possono riscontrare in questo tipo di progetti, sui possibili modelli implementativi, le tecnologie coinvolte, gli impatti in termini di processi e organizzazione.
Oggetto del dibattito e del confronto, infatti, sono state le criticità dei progetti di Ucc che portano le aziende a chiedersi “quali sono oggi i principali modelli implementativi dell’Ucc? Come gestire l’impatto che progetti di Ucc possono determinare in azienda? È più valido un approccio tattico, che razionalizza il caos, oppure una revisione generale dei processi aziendali per dare all’Ucc quel valore di supporto strategico all’attività di impresa che può giustificare un investimento in questi progetti?”.
L’evento, che si inserisce nel ciclo di “Incontri a cena con gli utenti” che la nostra redazione periodicamente organizza per analizzare, insieme a imprese, fornitori e osservatori di mercato, le tendenze evolutive dell’Information Technology applicate al business di impresa, ha visto la collaborazione di Bt Italia, l’intervento di Elena Vaciago, senior associate consultant di Idc, di Antonio Petrosino, responsabile Sistemi, Infrastrutture e Servizi di Erg e di Alessandro Canzian, responsabile Practices per i Professional Services di Bt Italia.
Cercando di tracciare il panorama e inquadrare la tematica, Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno, ha posto l’accento non tanto sul tipo di approccio, quanto sul “come procedere” sul fronte dell’integrazione tecnologica e di quella organizzativa, “sapendo che queste tecnologie, per la loro trasversalità, vanno a determinare cambiamenti che devono essere adeguatamente proposti e gestiti dall’It”, ha sottolineato il direttore di ZeroUno.
“Una delle caratteristiche più evidenti della Unified Communication and Collaboration è la possibilità di garantire comunicazione, connessione, collaborazione tra gli utenti in qualunque momento, da qualsiasi luogo, con qualunque tipo di device e verso chiunque”, dice Elena Vaciago. “Un quadro che fino a qualche anno fa sembrava impossibile, o quanto meno di difficile realizzazione, ma che oggi diventa invece sempre più concreto all’interno delle realtà aziendali. Attenzione però – sottolinea l’analista di Idc –, fare Ucc significa distribuire, gestire e supportare “applicazioni di comunicazione”. Risultato che si raggiunge con i dovuti adeguamenti in termini di infrastrutture e soluzioni ma anche attraverso il ridisegno delle procedure all’interno delle organizzazioni. Ciò che non va mai dimenticato, infatti, è che un progetto di Ucc non è una semplice scelta tecnologica ma un vero e proprio cambiamento dal punto di vista del business”.
“In questo scenario diventa fondamentale la funzione del Cio nel suo nuovo ruolo strategico di supporto e allineamento al business”, ha sottolineato Uberti Foppa. “Il Cio ha, infatti, il difficile compito di proporre e guidare un progetto di cambiamento dell’azienda che si vada a integrare con una serie di processi correlati ma che ha come obiettivo finale la miglior efficienza aziendale con ‘ricaduta’ diretta sulla competitività. E lo Ucc, in questo senso, è una leva di cambiamento formidabile”.

Criticità e modelli: come muoversi?
“Prima di prendere in considerazione un qualsiasi progetto di Ucc – dice Alessandro Canzian – le aziende devono capire bene come è composto il loro ambiente It e come avvengono le comunicazioni all’interno dell’organizzazione e verso l’esterno. Molte aziende hanno fatto significativi investimenti in ambito Tlc negli anni passati per poter fornire al business servizi mission critical; poiché successivamente questi sistemi e reti si sono evoluti, e di conseguenza ne è cresciuta la complessità, il passaggio a un concetto di Ucc non è semplice e nemmeno immediato”.
Le comunicazioni unificate impattano indifferentemente sia sull’It che sulle operazioni di comunicazione di qualsiasi tipo di azienda. Questo significa che le sfide da vincere sono numerose. Una delle criticità maggiori è data da integrazione e interoperabilità; molte organizzazioni hanno ancora modelli Ict basati su silos che aumentano moltissimo la complessità della gestione di nuovi progetti proprio perché integrazione e interoperabilità risultano difficili da raggiungere. “In molti casi ancora, inoltre, non esistono le abilità e le competenze sufficienti per implementare efficaci progetti di Ucc in azienda – aggiunge Canzian -. Ecco quindi che diventa fondamentale affidarsi a veri e propri partner tecnologici e in grado di dare valore al business di un’azienda”.
“La via tecnologica che noi vediamo farsi strada come player di Tlc”, dice Canzian, “è quella della convergenza tra It e comunicazione verso il nostro modo di intendere la Unified Communication and Collaboration, ossia l’integrazione tra sistemi It, organizzazione (intesa come processi di business) e le persone, attraverso servizi di comunicazione che eliminano quella ‘human-latency’ dai flussi lavorativi migliorando così i processi decisionali e aumentando la collaborazione tra impiegati e partner”.

Manca il sostegno del business? Agite per fasi
Durante la serata, Antonio Petrosino ha illustrato l’esperienza sviluppata in Erg in tema di comunicazione e collaboration. “La nostra strategia di implementazione ci ha visti coinvolti dapprima in una lunga fase di assessment che ci ha permesso di realizzare un quadro preciso della maturità della nostra organizzazione e di quali fossero i nostri requisiti funzionali”, spiega il direttore dei sistemi informativi. “Una volta compresa come era articolata la nostra struttura e quali fossero le necessità, abbiamo avviato un progetto pilota che ha coinvolto un numero limitato di utenti aziendali [circa 100 utenti dislocati su tre sedi – tre unità organizzative, ndr]. Soltanto in un secondo momento abbiamo esteso il progetto anche al resto dell’azienda”.
L’avvio di un progetto pilota è un suggerimento che è stato ben accolto dal pubblico presente che ne ha condiviso l’efficacia nella dimostrazione immediata dei reali benefici e dei costi (aspetto ancora oggi limitante). Il pubblico ha infatti trovato in questa via una concreta opportunità per riuscire a dimostrare al business il valore di questi progetti (che non sono mai puramente tecnologici).
Petrosino, rispondendo su questo tema ad alcuni Cio intervenuti sottolineando come per loro sia ancora difficile far comprendere al business il valore dell’Ucc, ha specificato come “il successo di un progetto simile si raggiunge in un medio-lungo periodo. L’approccio deve essere sia strategico che tattico ma bisogna sempre partire da un punto fondamentale: tenere conto delle richieste degli utenti, compreso il top management. L’Ucc deve essere costruito in base alle persone, non alle tecnologie. Queste ultime sono uno strumento tattico, non strategico”.
Altro importante punto emerso durante la tavola rotonda che si è sviluppata dopo gli interventi dei relatori è stato quello relativo all’attenzione sui costi ma anche qui Petrosino è intervenuto dando un suggerimento ai colleghi Cio: “Oggi il business impone agilità e flessibilità; è vero che l’attenzione ai costi è elevata ma progettare un cambiamento nella comunicazione aziendale tenendo conto solo dei benefici in termini di denaro sarebbe un errore gravissimo. Ecco perché agire per fasi è la soluzione migliore. Il business riesce a percepire i benefici del progetto in breve tempo capendo poi l’importanza del sostegno (sia economico che organizzativo) che va dato al progetto da parte di tutti i livelli aziendali coinvolti”.
Un’altra area ‘critica’ che non va mai sottovalutata è quella della sicurezza. “In un mondo in cui è così facile comunicare è importante che sia certa l’identità di chi comunica e che sia confidenziale il contenuto della comunicazione”, dice Canzian. “In un progetto di Ucc la sicurezza non deve mai essere tralasciata. Le persone devono avere la consapevolezza dell’importanza delle informazioni, saperle gestire in modo sicuro e nel rispetto delle regole”.
Posizione condivisa dal pubblico. Alcuni Cio hanno infatti portato all’attenzione dei relatori alcune problematiche relative alla sicurezza sottolineando come, se da un lato sia corretto ascoltare le esigenze dell’utente aziendale in termini di maggiore flessibilità nelle comunicazioni e nella collaborazione, dall’altro non vada dimenticata la gestione della sicurezza e del rischio. Le esigenze di collaborazione non devono mai far cadere la barriera protettiva che ruota intorno al bene più prezioso delle aziende: le informazioni.

I benefici non mancano!
“Dal nostro punto di vista di fornitori – dice Canzian – l’Ucc rappresenta un nuovo modo di lavorare, di fare business, che implica certo uno sforzo iniziale ma che comporta benefici al business stesso (maggiori possibilità di accesso a mercati diversi, maggiore efficacia del contatto con i clienti, moltiplicazione dei canali verso i clienti e i partner) e offre opportunità di risparmio e razionalizzazione (nei consumi di telecomunicazione, nei costi di Travel and Lodging, nei costi operativi attraverso la revisione dei processi)”.
Secondo Idc, attualmente sono soprattutto le grandi organizzazioni a testare (attraverso progetti pilota) l’impatto dell’Ucc nelle proprie organizzazioni che possono essere ricondotti a: benefici legati ai costi maggiormente significativi grazie alle economie di scala, flessibilità operativa e migliore user experience (principale valore aggiunto di queste soluzioni).
Pur essendo ancora implementati dalle grandi realtà aziendali, anche per quanto riguarda le Pmi, diversi aspetti rendono questi progetti altrettanto importanti: infrastrutture più piccole, minore complessità, maggiore velocità nell’implementazione; è più facile dimostrare il Roi del progetto; è possibile raggiungere vantaggi operativi allo stesso livello della grande impresa; c’è in questo segmento una maggiore domanda di soluzioni fully managed.
A testimonianza dei benefici che si possono raggiungere, Petrosino ha esposto ai colleghi Cio intervenuti, quelli che Erg ha potuto “toccare con mano propria”: integrazione sistemi–applicazioni (posta, telefonia, portale); mobilità (maggiore flessibilità, possibilità di collegamento da qualsiasi posto); produttività (semplificazione, collaborazione e più canali di comunicazione; gruppi di lavoro distribuiti, migliore capacità di interazione); riduzione dei costi (velocità, possibilità di operare in tempo quasi reale, riduzione delle spese di viaggio , addestramento/formazione online); impatti economici positivi (Roi superiore al 200%; periodo di reintegrazione del capitale inferiore a sei mesi); agilità di business (di nuovo la velocità e la possibilità di operare in tempo quasi reale sono elementi chiave; possibilità di prendere decisioni più rapidamente e risolvere problematiche aziendali).

Roadmap verso l’Ucc
In conclusione, relatori e pubblico hanno condiviso l’idea che il successo di un progetto di Ucc passa attraverso un percorso necessariamente customizzato e a piccoli step. “L’impatto sull’organizzazione in generale e sui singoli utenti non è indifferente – dice Elena Vaciago –. Non si può quindi pretendere di cambiare radicalmente il sistema di comunicazione e di lavoro di un’impresa dall’oggi al domani; i passi vanno fatti per gradi e ogni azienda deve trovare e disegnare la propria strada”.
È necessaria quindi una roadmap che tenga presente sia le “mosse tattiche” che quelle “strategiche”. L’analista di Idc, provando a tracciare alcuni utili consigli, ha individuato nelle mosse tattiche, per esempio, la definizione di una survey interna, raccogliendo informazioni sulle esigenze degli utenti; l’analisi dello stato della Lan/Wan; l’aggiornamento degli skill interni (comprendendo le opzioni unmanaged/managed); spaziare nell’analisi dell’offerta contattando diversi provider; iniziare con soluzioni su piccola scala, con Kpi condivisi e comprendere qual è l’approccio che dà i miglior risultati. E non da ultimo, dato che è uno degli aspetti più importanti, formare adeguatamente gli utenti fruitori delle tecnologie, dei processi e dei benefici derivanti dal progetto di Ucc.
Dal punto di vista delle “mosse strategiche”, Elena Vaciago ha concluso sottolineando l’importanza per i team It di “pensare” al business. “Oltre al commitment del board – dice l’analista – nella strategia di implementazione di un progetto di questo tipo serve un Cio che riesca a pensare al business più che alla tecnologia, a concentrarsi su persone e processi, definire un service model congruente con quello che si vuole avere in casa e riesca a convincere il management a non rispondere solo alle esigenze di riduzione dei costi”.
Altri aspetti strategici da non dimenticare, infine, sono la sicurezza e la condivisione delle esperienze altrui dalle quali poter apprendere.

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