Sempre più spesso si parla di “digital business” come opportunità competitiva per proporre, attraverso l’utilizzo dei nuovi strumenti It, tipologie innovative di prodotti e servizi. Ad esempio, gli stumenti di Unified Communications and Collaboration abilitano nuove modalità operative che permettono all'azienda di rispondere con maggiore effiacia e velocità alle sfide del mercato, a patto però che ci sia alla base un approccio olistico e consapevole: “I progetti che le imprese stanno portando avanti in ambito Ucc sono spesso isolati, volti a dare risposte tattiche per ottimizzare alcuni aspetti specifici di collaborazione; diverso, invece, è mettere a punto una strategia coerente, ma al tempo stesso flessibile, che coinvolge le persone sia interne sia esterne all’azienda. Lo sforzo è cominciare a ragionare su cosa significhi, dal punto di vista tecnologico, di processo e di competenza, definire un quadro organico capace di abilitare e accelerare reali opportunità di business”, afferma Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno, aprendo i lavori di una recente tavola rotonda tenutasi a Milano in collaborazione con Easynet sul tema Unified Collaboration and Communication.
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“Si tratta di trovare una governance capace di guardare oltre il singolo caso e di fare scelte che consentano di mantenersi agili nel cambiamento”, ha detto Matteo Bertolucci, It Service Delivery Manager di Italcementi, che ha proseguito sottolinenando l’importanza di un confronto costante tra It e management: “L’errore che l’It ha reiterato nel corso degli anni è stato di partire a ragionare dalla soluzione tecnologica e non dalle necessità del business; è invece importante – continua il manager – rendere chiaramente percepibile il vantaggio competitivo che produce un progetto perché questo possa essere pienamente adottato a livello aziendale”.
In tal senso, Salvatore Carrino, Senior Vice President Ict Security & Tlc Infrastructure di Eni, sottolinea l’importanza che hanno le prime fasi di disegno e implementazione di un servizio: “Cerchiamo sempre di individuare use cases molto orientati al business: dobbiamo sempre pensare a chi può trarre un beneficio forte anche nella fase iniziale di un progetto”; un “buon inizio”, spiega infatti Carrino, è un acceleratore determinante rispetto alla successiva diffusione di un dato servizio nei vari processi aziendali.
Importante è tenere in considerazione, nella fase di studio di un sistema Ucc, alcuni elementi fondamentali, tra cui:
- la segmentazione degli utenti: individuare per ciascun lavoratore, anche in base all’area aziendale di appartenenza, quali strumenti risultano effettivamente utili, costruendo un servizio customizzato sulle esigenze personali; questo accorgimento incentiva l’utilizzo della soluzione ed evita di implementare opzioni che risulterebbero obsolete, con ovvi vantaggi sul piano dei risparmi;
- una corretta integrazione dei sistemi: è fondamentale creare un dialogo tra i diversi strumenti Ucc in modo tale che sia agile il loro utilizzo combinato. Questo lavoro è tutt’altro che scontato soprattutto considerando che spesso le grandi realtà aziendali hanno accumulato nel tempo strumenti diversificati e di differenti vendor, frutto di investimenti non trascurabili: “È importante ragionare in termini di integrazione costruendo una soluzione che consideri ciò che il cliente ha già in casa e si articoli in funzione delle sue esigenze e del suo budget”, ha detto Marco Zacchello, Global Solution Consultant di Easynet, sottolinenado l’importanza per un partner di un approccio consulenziale che entri nel merito delle peculiarità della singola realtà aziendale.
- flessibilità al cambiamento: nel forte contesto di cambiamento che il mercato impone, la possibilità di adattarsi velocemente alle esigenze degli utenti e del business è di primaria importanza anche in campo Ucc. Il cloud è in questo senso assoluto protagonista: “Il passaggio al cloud – ha fatto notare Zacchello – permette di fare dei test e capire qual è la strada più efficace senza che ci si trovi, come prima poteva accadere, ad affrontare spese consistenti per una soluzione magari destinata all’insuccesso”.
La prospettiva dell’utente: semplicità e fruibilità per superare il legacy culturale
Secondo la prospettiva dell’utente, i principi a cui il disegno strategico deve tendere sono quelli di semplicità e fruibilità. Come ha detto Carrino: “Non dobbiamo forzare l’utilizzatore del servizio a fare qualcosa perché lo impone lo standard aziendale; dobbiamo seguire le sue esigenze in modo che possa fruire della soluzione con facilità, nascondendo la complessità del lavoro che può esserci da parte nostra per ottenere lo scopo”. Non va dimenticato il sempre più dilagante fenomeno del Byod: aumenta la richiesta di poter fruire dei servizi aziendali tramite device personali, con la stessa facilità con cui si accede alle applicazioni del mondo consumer, soluzioni a cui gli utenti finiscono in ogni caso per attingere: “Il tema della convergenza tra strumenti personali e lavorativi è centrale: talvolta gli utenti preferiscono Dropbox alle soluzioni aziendali di file sharing per scambiare file con l’esterno, questo perché il suo utilizzo comporta meno vincoli.
Bisogna sedersi insieme agli utenti e capire come rilassare determinati vincoli, mantenendo al contempo adeguati standard di sicurezza” ha raccontato Stefano Genco, Corporate It Director di Amplifon.
Lo sforzo di mutuare modelli e interfacce dal mondo consumer è anche un modo per facilitare l’adozione delle soluzioni da parte degli utenti e superare quel legacy culturale che frena il loro effettivo inserimento nei processi aziendali. A proposito di quest’ultimo aspetto, tra le soluzioni trovate per agevolare l’avvicinamento dell’utente al servizio, Eni ha creato un portale che attraverso delle semplici domande instrada l’utente guidandolo verso lo strumento giusto per la risoluzione del suo problema. Carrino ha fatto anche notare come la familiarità acquisita con un certo strumento sia un fattore che incentiva indirettamente la diffusione anche degli altri tools a disposizione: “L’introduzione di strumenti nuovi ha invogliato gli utenti a utilizzare tutto il portfolio Ucc aziendale”.
È proprio l’adozione dei sevizi, e non la loro semplice “messa a disposizione”, il metro su cui si misura il reale successo di un progetto: “La tecnologia dev’essere supportata da un’adeguata cultura aziendale perché venga adottata e quindi integrata nei processi interni; solo così si può percepire il reale beneficio, il Roi dell’investimento”, ha sottolineato Zacchello.
Possibili freni al cambiamento in ottica Ucc vengono individuati da Fabrizio Belligi, Its Infrastructure Team Leader – Italy e System & Network Administrator di Ideal Standard Holdings. Il primo è la difficoltà all’interno di realtà aziendali molto grandi di gestire una governance a livello globale: dover implementare ovunque, in una variegata realtà internazionale, le medesime soluzioni nel rispetto di stringenti standard tecnologici, non rende facile intraprendere strade innovative; l’altro è il tema della sicurezza, sul quale, come ha suggerito Bertolucci, “bisogna certamente creare aree con regole rigide per salvaguardare il dato core dell’azienda, ma evitare di proteggere ogni singolo dato indistintamente al massimo livello”.
A proposito del tema Ucc come strumento per rapportarsi alla clientela, Davide Bonini, Purchase and It Infrastructure Manager di Carglass – Gruppo Belron Italia, ha portato all’attenzione un progetto aziendale di remotizzazione del servizio di vendita (e burocrazia correlata) che ha previsto la realizzazione di alcuni totem posizionati nelle varie filiali Carglass, i quali permettono di accedere a un collegamento video con un addetto dell’head office attraverso un solo bottone d’attivazione: “Ci sono 3 persone che gestiscono 25 totem; prima ce ne sarebbero volute, una per filiale” spiega Bonini, che rende così evidente il forte Roi del progetto, che oggi alimenta l’entusiasmo del management il quale, supportando l’iniziativa, ne sta favorendo la rapida diffusione.
ll nuovo ruolo dell’It come gestore di servizi
Mutando gli scenari tecnologici e di processo, cambia anche il ruolo del responsabile It che diventa “orchestratore di servizio”: “Ci stiamo trasformando da gestori di architettura a gestori di quel portfolio di servizi che insieme confluiscono e costituiscono il nostro servizio, quello di cui siamo responsabili”, ha detto Lorenzo Anzola, Corporate It Director di Mapei. “Lo sforzo di adesso – sottolinea Bertolucci – è comprendere le possibilità offerte dai servizi cloud e saperli introdurre nel contesto aziendale, spostando l’asse della capacità di gestione dell’infrastruttura verso la capacità di integrare e supportare le diverse soluzioni”. Tra i compiti dell’It manager ci sarà dunque anche quello di interfacciarsi con i partner responsabili di tali soluzioni per garantire non solo il funzionamento del singolo strumento, ma quello del portfolio e dell’insieme delle soluzioni nella sua complessità, garantendo l’efficienza dell’interazione tra i vari sistemi e la continuità del servizio, aspetto su cui gli ospiti hanno molto insistito: dopo la scelta di uno strumento è il supporto che il partner offre nella reale e concreta gestione delle problematiche a fare la differenza.
“Siamo nella fase in cui l’It – col suo nuovo ruolo di orchestratore di servizio – deve predisporsi non solo mentalmente, ma anche sul piano organizzativo, di processo e di nuova competenza, a saper interpretare le reali necessità della controparte in termini di business – conclude Uberti Foppa -. Non si tratta più solo di un elemento di sensibilità individuale; l’organizzazione del dipartimento It deve estendersi e pervadere le line of business di cultura digitale”.