Ancora impegnato a risollevarsi dai danni provocati dalla crisi dei mercati finanziari, il settore bancario si trova ad affrontare il dilemma se, per innovare e crescere in un mercato sempre più asfittico, abbracciare oppure no la mutazione del fenomeno Internet, definita Web 2.0. Questa mutazione, che si riferisce alle tecnologie Internet di seconda generazione (per esempio, Soa, Mashups e Ria – Rich Internet Applications) per la collaborazione e lo scambio di contenuti/informazioni, significa in estrema sintesi che gli utenti sono contemporaneamente “produttori” e fruitori di contenuti.
Come nell’era dell’Internet di prima generazione, una parte degli instituti bancari e finanziari italiani è ancora scettico e immobile, ma questo fenomeno, che lo si voglia oppure no, è in atto e sarà agente di cambiamento dell’ecosistema bancario attuale. È il portato della nuova generazione di clienti e dipendenti: generazione Y, ragazzi fra i 18 e i 31 anni, cioè il 27 % della popolazione “EU-25”, nata con la tecnologia.
Ma quali sono le aree di maggiori opportunità del Web 2.0 per il mondo finanziario? Sicuramente tutta l’area del reporting alla clientela. Vivendo nel mondo virtuale e usando gli strumenti di Web 2.0 (tagging, videoconferenze, RSSews feeds, discussion boards, social networks, Intranets, wikis, blogs), gli utenti si aspettano customizzazione ed interazione dalla propria instituzione finanziaria. I cruscotti bancari dovrebbero fare leva sui mushups e RIAs per permettere alla clientela di accedere a contenuti, sia strutturati che non strutturati, e decidere come desidera vedere la propria posizione, andare nel dettaglio di ogni singola voce, nonchè accedere a informazioni di terze parti in Europa. Nell’ambito dell’online retail trading (ambito non così triviale, dato che l’Italia è il secondo paese europeo per numero di Heavy Traders, e questo spiega perchè banche specializzate, come Saxo, si siano espanse nel nostro paese), l’introduzione di strumenti di social networking e condivisione, per permettere ai traders di scambiarsi idee, strategie, fogli di lavoro, ecc., non solo aumenta la loro fedeltà ma può essere fonte d’interessanti idee per la banca stessa.
Un’altra area che non dovrebbe essere sottovalutata sono i wiki e blogs. Questi strumenti possono essere un importante catalista d’innovazione: la condivisioni d’idee ed opinioni in un ambiente aperto e democratico è sicuramente l’humus migliore per creare “the next big think”.
L’altra faccia del Web 2.0 è il problema della sicurezza. Utilizzando soluzioni Web 2.0, le banche devono salvaguardare la sicurezza del proprio sito ed essere certe dei siti di terze parti. Sicuramente l’adozione di queste tecnologie è fortemente frenata dal pericolo legato al furto dei dati e delle informazioni, che ha delle ricadute sulle strategie It e implicano un aggravio di costo per i relativi budget.
Il tema delle banche e Web 2.0 è quanto mai scottante e controverso. Culturamente è ancora visto soprattutto con un fenomeno attinente alla sfera privata degli individui; è complesso definirne gli obiettivi diretti di business e valutare i ritorni sull’investimento. Ciò nonostante, il settore bancario non dovrebbe sottovalutarne le forti implicazioni, per evitare di esporsi al rischio di perdere quote di mercato a favore di attori esterni.
Queste e molte altre tematiche saranno affrontate durante l’appuntamento annuale Idc European It Banking Forum, che quest’anno si terrà il 12 novembre nella sede del Palazzo Mezzanotte a Milano.
Web 2.0 e banche: scetticismi e opportunità
Ancora impegnato a risollevarsi dai danni provocati dalla crisi dei mercati finanziari, il settore bancario si trova ad affrontare il dilemma se, per innovare e crescere in un mercato sempre più asfittico, abbracciare oppure no la mutazione del fenomeno Internet, definita Web 2.0.
Pubblicato il 05 Nov 2008
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