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Accessibilità siti web: ecco come ottimizzarla

Nel contesto digitale odierno, l’accessibilità dei siti web non è più solamente un requisito normativo, bensì un elemento di responsabilità sociale nei confronti di tutti gli utenti affetti da diverse tipologie di disabilità. Una platea di persone che sono sia utilizzatori di servizi digitali, che potenziali clienti. Rendere i siti web accessibili è, quindi, una strada che le aziende devono intraprendere con l’obiettivo di superare tutte le barriere digitali. Per analizzare e comprendere più da vicino quale sia la migliore strategia per ottimizzare l’accessibilità dei siti web, abbiamo interpellato Gianluca Peretti, Customer Success Manager Team Leader di UNGUESS.

Pubblicato il 03 Feb 2023

Accessibilità siti web

L’accessibilità dei siti web e dei servizi digitali è un tema sempre più rilevante ed elemento fondante del concetto di inclusione digitale. Per poter permettere di accedere alle informazioni contenute sul web, senza discriminazioni di sorta, a utenti con deficit o problemi fisici, tra cui ciechi, ipovedenti, non udenti, daltonici, epilettici o soggetti che non possono utilizzare il mouse è indispensabile, come nel mondo fisico, non porre alcuna barriera od ostacolo digitale, attraverso il rispetto di requisiti e best practice definiti a livello internazionale.

Al contempo, l’accessibilità dei siti web è strettamente correlata anche a fattori demografici. Il report dell’ISTAT “Conoscere il mondo della disabilità” ha scattato una fotografia che permette di avere una visione d’insieme della disabilità. In Italia vi sono oltre 3.1 milioni di utenti che, a causa di problemi di salute, soffrono di gravi limitazioni. Questo numero è in continua crescita a causa dell’invecchiamento della popolazione. Sempre l’ISTAT stima che gli ultra 65enni toccheranno quota 32% della popolazione nel 2043, per poi consolidarsi negli anni successivi intorno al 32-33%. Questi numeri a conferma del fatto che il numero di potenziali persone affette da lievi e gravi disabilità crescerà con il passare del tempo. L’accessibilità, quindi, è una necessità e non più un’opzione.

Essere inclusivi sul web: l’importanza per i brand

Il tema dell’accessibilità per le organizzazioni si riflette anche nei concetti di inclusione e responsabilità sociale. Questo tema è stato sottolineato anche da Caroline Casey, fondatrice di The Valuable 500, movimento globale lanciato al World Economic Forum nel 2019, con l’obiettivo di coinvolgere 500 multinazionali a impegnarsi pubblicamente a promuovere l’inclusione della disabilità. Gianluca Peretti, Customer Success Manager Team Leader di UNGUESS, descrive come Casey porti all’attenzione che “Se il business contribuisce all’esclusione, allora anche la società sentirà di poter escludere”.

A fronte di queste parole, è evidente il fatto che le realtà più vicine al consumatore sono chiamate a fare il primo passo. Se da un lato le aziende sono protagoniste di questo cambiamento, anche gli utenti finali sono coprotagonisti.

“I consumatori, infatti, stanno accrescendo rapidamente la loro responsabilità sociale e questo cambiamento in atto si tramuta per le aziende in una crescita tangibile in termini di ricavi, come certificato dal Diversity Brand Index. Non è un caso che dei primi 50 brand, in termini di citazioni, emersi dalla survey, molti di loro stiano già collaborando con UNGUESS, non solo per il crowdtesting e l’ottimizzazione della user experience, ma anche in ambito di accessibilità. A solo titolo di esempio: ENEL, Esselunga, Decathlon. Dunque, al pari del cambiamento climatico, le società sono chiamate oggi ad avviare una transizione digitale che possa portare a una reale e autentica inclusione. Ne va della loro stessa capacità di stare sul mercato” evidenzia Peretti.

A livello normativo, sia in Italia che in Europa sono stati creati impianti normativi che definiscono l’accessibilità come un obbligo. La Direttiva (UE) 2016/2102 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, è un elemento cardine che include i requisiti minimi sia per la pubblica amministrazione che per i privati. Peretti aggiunge: “Non solo: a questo proposito l’AGID ha emanato le Linee Guida sull’Accessibilità degli strumenti informatici, a cui sono seguiti i criteri interpretativi relativi all’ambito di applicazione della legge 4/2004, utili a fare chiarezza su alcuni dei punti aperti lasciati dalla normativa. A partire dal 5 novembre 2022, oltre alla Pubblica Amministrazione anche le aziende private, con fatturato superiore ai 500 milioni di euro, devono adeguare i prodotti digitali già esistenti sul mercato, partendo dalla redazione di una dichiarazione di accessibilità indicando i criteri WCAG rispettati e quelli disattesi, e attuando un eventuale piano di remediation per portare i prodotti a uno stato di compliance normativa. Per i nuovi prodotti digitali, invece, non esiste questo vincolo in quanto devono essere fin da subito completamente accessibili. L’obiettivo, anche nell’ambito normativo, è quello di incentivare il grado di considerazione e la sensibilità verso tutti gli aspetti di accessibilità.”

Strumenti e strategie per testare e misurare l’accessibilità dei siti web

Un’ulteriore peculiarità dell’accessibilità dei siti web è rappresentata dalla complessità di misurare in modo oggettivo i parametri definiti dai criteri WCAG. Peretti specifica: “Esistono principalmente due modalità: strumenti automatizzati e verifiche manuali. I primi si suddividono in tre diverse categorie di prodotti: estensioni browser, strumenti basati sul web o applicativi da installare sul computer. Grazie agli strumenti automatici, come le estensioni browser, è possibile annullare la barriera d’ingresso, in quanto la maggior parte di esse sono gratuite. Al contempo, consentono di massimizzare la velocità dei test, garantire la ripetibilità e l’integrazione nel ciclo di vita dello sviluppo, in un’ottica di controllo programmato a ogni rilascio o intervalli regolari. “

“Tuttavia, i test automatici hanno alcune limitazioni” precisa Peretti. “Ad esempio, gli strumenti non hanno la possibilità di testare i siti web sulla base di tutti i criteri di successo delle WCAG, andando così a trovare solamente un piccolo sottoinsieme dei requisiti di accessibilità. Questa peculiarità è data dal fatto che le linee guida WCAG sono state definite come criteri testabili per determinare oggettivamente se una pagina li soddisfa. Non possono essere superati da un test automatizzato: richiedono una valutazione di un essere umano. Un ulteriore limite dell’automazione sono i falsi positivi. Non tutti gli strumenti hanno i medesimi meccanismi di funzionamento e molti di essi possono generare falsi positivi. Ciò vuol dire che, anche se un criterio di successo risulta essere superato, il risultato potrebbe essere comunque errato. Per ultimo, ma non per ordine di importanza, il limite è dettato dall’assenza di conoscenze tecniche. I test automatici richiedono spesso un livello di conoscenza dell’accessibilità del web tale per cui è fondamentale interpretare correttamente i risultati.”

Vi è, quindi, una terza possibilità: l’approccio ibrido. “In UNGUESS abbiamo scelto la strada che unisce i vantaggi dei test automatici a quelli delle verifiche manuali” spiega Peretti.

A partire dal testing, l’approccio ibrido consente il rispetto dei requisiti WCAG in tutto il ciclo vita del software, oltre che a identificare e attuare strategie per la risoluzione dei problemi rilevati. “Il test di usabilità con utenti reali può risultare molto impegnativo nel caso in cui i tester non abbiano familiarità con le disabilità. UNGUESS collabora direttamente con persone aventi reali disabilità eterogenee e specifiche esigenze, che conoscono per esperienza diretta quali sono le criticità e le limitazioni del web. Così facendo, è possibile individuare e comprendere appieno le vere sfide da affrontare e quali migliorie apportare.”

Le best practice per l’accessibilità dei siti web

Infine, a livello di best practice, esistono le linee guida del consorzio W3C che suggeriscono agli sviluppatori tutti gli elementi da tenere in considerazione, in particolare i criteri di buon sviluppo. “Attualmente si fa riferimento alla versione 2.1 ed è già disponibile una bozza della versione 2.2 pubblicata il 25 Gennaio, che, non essendo ancora definitiva, invito a non considerare tale fino ad Aprile 2023 (salvo ritardi)” precisa Peretti.

Tuttavia, è fondamentale anche il grado di preparazione sul tema dell’accessibilità. “Nella mia esperienza ho identificato tre ambiti di preparazione. Il primo è la progettazione e lo sviluppo di servizi digitali; il secondo ambito è rappresentato da tutti gli aspetti tecnico giuridici, tema legato agli adempimenti normativi in materia di accessibilità; mentre il terzo è quello documentale grazie a cui comprendere le regole di buon sviluppo e gestione di formati documentali come documenti di testo, fogli di calcolo e presentazioni, in modo da garantire l’accessibilità dei documenti sia all’interno che all’esterno.”

Dunque “la strada da percorrere è ancora lunga e i test di accessibilità sono una parte fondamentale del viaggio verso la creazione di un mondo digitale, in cui tutti possono impegnarsi e partecipare allo stesso modo” conclude Peretti.

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