Stati Uniti, 2001: nasce il Manifesto Agile, sintesi di un modello di sviluppo applicativo dinamico, in alternativa al tradizionale waterfall [in cui il processo è suddiviso in una sequenza di passi rigidamente unidirezionali, ndr] poco flessibile e spesso fallimentare.
Italia, 2014: in un mercato volatile e sempre più complesso come quello attuale, inspearit, multinazionale di consulenza It, supporta le organizzazioni nella transizione al mindset Agile come arma di competitività.
“Le aziende – afferma Emiliano Soldi, Agile Practice Leader della società – si trovano a operare in un contesto volubile, che richiede velocità di delivery e qualità di prodotto. C’è urgenza di cambiamento e l’approccio Agile permette di recuperare competitività, garantendo una riduzione del time-to-market stimata dal 20 al 50%, drastica diminuzione della difettosità, produttività raddoppiata e un maggiore engagement del cliente”.
Basato su rilasci incrementali delle funzionalità, nonché su interazioni orizzontali tra stakeholder, il metodo, che Inspearit coltiva e sperimenta al proprio interno, permette di allineare lo scope del progetto alle esigenze in divenire del cliente attraverso transparency (visibilità dei progressi a tutti gli attori coinvolti), inspection (retrospettiva regolare) e adaption (aggiustamento continuo).
“Nel nostro paese – interviene il collega Alessandro Amella, Business Director – l’onda Agile è arrivata nei primi anni Duemila, ma si trattava di sperimentazioni circoscritte ai team di sviluppo, incoraggiate da pochi softwaristi illuminati. Ora stiamo assistendo a un vero e proprio cambio di passo: i manager hanno capito che un’iniziativa di successo deve coinvolgere tutta l’azienda e implica una profonda trasformazione culturale”.
L’Agile transformation, insomma, richiede la sponsorship del management e investimenti adeguati (“l’iniziativa deve partire dall’alto” ribadiscono Soldi e Amella), la partecipazione a tutti i livelli della struttura organizzativa, il confronto continuo con gli stakeholder e l’adesione della funzione Hr – un tempo esclusa dai processi di sviluppo -, visto che la metodologia oltre che le capacità e iniziativa del singolo, premia le performance di team.
“Inspearit – spiega Soldi – accompagna l’azienda verso un approccio da plan driven [lo sviluppo del software viene eseguito sulla base dei requisiti iniziali, ndr] a value driven [modello incrementale che sposta l’attenzione dai processi di realizzazione del prodotto alla creazione di valore per il cliente, ndr]”.
“Il nostro pattern – aggiunge Amella – basato su persone (per instillare il cambio di mentalità a tutti i livelli), processi (per ridisegnare i workflow secondo il paradigma Agile) e tecnologie (attraverso le soluzioni fornite dai nostri partner), viene declinato in base all’interlocutore e al livello di maturità dell’organizzazione. Solo nel 20% dei casi ci troviamo di fronte a manager consci dei vantaggi dell’Agile e ad aziende pronte a recepire il modello tout court. La maggioranza dei prospect è scettica e va convinta: qui adottiamo un approccio più soft e meno invasivo, introducendo le tecniche agili su aree pilota e dimostrando i risultati nell’arco di sei / otto mesi, per poi scalare gradualmente”. Come sostiene Soldi, per vincere la naturale ritrosia a “lasciare la comfort zone”, la tattica persuasiva è “a colpi di quick wins“.
Dopotutto, il fattore culturale è tra i principali freni alla diffusione del modello Agile. “C’è molta confusione – continua Amella -: spesso si crede che l’Agile significhi mancanza di regole e metodo, ma al contrario presuppone una disciplina rigorosa. Le aziende sono scettiche a coinvolgere attivamente il cliente nel processo di sviluppo, ma dopo i primi incontri entrambe le parti si scoprono soddisfatte della collaborazione. Il project manager deve assurgere a un ruolo di coordinamento strategico nei confronti dell’azienda cliente e del proprio team, racconcogliendo le impressioni personali e migliorando continuamente i processi e le relazioni. La raccolta di feedback – aggiunge Soldi – si rivela indispensabile e non deve fare paura: anche le critiche dovranno essere gestite come stimoli al miglioramento. I project manager e le figure intermedie temono una perdita di potere con la ridistribuzione delle responsabilità, invece dovranno dimostrare maggiore autorevolezza nel valorizzare le risorse del team, assumendo un ruolo maieutico da servant leader (a servizio del gruppo) e abbandonando la filosofia command and control“. “Il contatto diretto – conferma Pascal Jansen, Managing Director di inspearit – permette di eliminare gli sprechi e i passacarte, ovvero le intermediazioni inutili che non aggiungono valore: così si liberano risorse che possono essere riqualificate”.
I manager di Inspearit ammettono che voltare pagina è difficile (la partnership con Studio Santarsiero, consulente direzionale in ambito Risorse Umane, serve proprio a gestire i risvolti psicologici del change management e a lavorare sulla creazione di nuovi soft skill), ma inevitabile. “L’Agile – fa notare Amella – risponde a una necessità concreta delle aziende: molti prospect ci rivelano di avere già iniziato a introdurre i principi agili in autonomia e inconsapevolmente. Noi andiamo a dare organicità e struttura all’implementazione di questi metodi per aumentarne i ritorni”.
“L’applicazione dei concetti agili – puntualizza Jansen – è già avvenuta in altri ambiti, come nella produzione nel Manufacturing o nella catena di distribuzione nel Food, e non ci sarà ritorno: è impensabile oggi che McDonald abbandoni il metodo Kanban [la nota metodologia, parte del più ampio insieme di metodologie dette di Lean Production, che prevede la reintegrazione delle scorte man mano che vengono consumate evitando stock di magazzino, sprechi e relativi costi ndr]. Così tra dieci anni, nel mondo dello sviluppo applicativo, il modello ‘a cascata’ sarà dismesso [se non per particolari nicchie molto statiche, come i mainframe, secondo la precisazione di Soldi, ndr], ma è un processo che deve iniziare già oggi: molte aziende italiane stanno delocalizzando il software development in paesi come India o Cina, esasperando l’approccio waterfall; invece dovrebbero riqualificare gli sviluppatori nazionali e coltivare i nostri talenti attraverso la filosofia Agile. Certo, questo presuppone un forte trust dei dipendenti verso l’azienda e viceversa: non ci deve essere un clima di pressione e incomprensione, ma di fiducia nei confronti del metodo e della organizzazione”.
Così la roadmap verso l’Agile (destinato a diventare standard, secondo Jansen) è tracciata. E inspearit, attraverso lo schema Act, Assist, Answer (riorganizzazione dei processi, trasferimento del metodo, assistenza), è pronta ad accompagnare le aziende nella trasformazione fino alla mastery dei principi agili e alla piena autonomia.