3,5 miliardi di dollari il fatturato mondiale del mercato delle soluzioni di Application Performance Management (APM) nel 2016 (rilevazione IDC di agosto 2017), con una crescita del 12,7% sul 2015 e un tasso di crescita annuo composto del 13,2% stimato per il periodo 2016-2021. Un mercato più che fiorente, dunque. Per capirne tendenze, caratterizzazioni ed evoluzioni possibili, abbiamo incontrato Daniela Rao, Senior Director Research & Consulting di IDC Italia.
ZeroUno: Iniziamo subito con il definire cosa si intende per APM.
Daniela Rao: Questa terminologia viene spesso utilizzata dai vendor per un’ampia gamma di software che comprendono soluzioni di monitoraggio, test, reporting e analisi per consentire la visibilità sullo stato di salute delle applicazioni e sull’esperienza degli utenti finali. Quello che i vendor vogliono sottolineare è lo sforzo compiuto per distanziarsi da sistemi più tradizionali e strumenti di gestione della rete incentrati sul monitoraggio della salute e dello stato di specifici componenti hardware o software, ma che non forniscono una prospettiva end-to-end o un contesto aziendale.
IDC definisce APM un mercato che rappresenta segmenti di diversi mercati funzionali: gestione delle prestazioni; gestione eventi IT e log; gestione della rete; automazione della qualità del software.
ZeroUno: Le soluzioni APM hanno avuto un’ampia diffusione negli anni passati, ma oggi devono far fronte a un contesto in profonda mutazione dove la centralità del cliente si concretizza con la capacità di garantire un’esperienza adeguata alle aspettative in tutti i suoi punti di contatto con l’azienda. Ci troviamo dunque davanti a soluzioni completamente nuove?
Rao: Senz’altro il discorso che riguarda la customer experience è un fronte che in questo momento è sotto i riflettori di tutti, soprattutto nel mondo retail e nelle grandi organizzazioni che hanno una base di clienti molto ampia, come banche, assicurazioni, telco ecc. Per il semplice fatto che tenere sotto controllo l’esperienza del cliente o del consumatore nel momento in cui questo entra in contatto con l’azienda venditrice è diventato un vero e proprio vantaggio competitivo, un asset strategico. Di fatto è l’unico elemento che un’azienda deve tenere sotto controllo per capire se effettivamente sta facendo le cose bene per continuare a crescere, ad avere profitti, guadagnare quote di mercato sui competitor oppure se sta percorrendo una strada che deve essere corretta. Tutto il tema delle performance delle applicazioni dal punto di vista della customer experience è centrale per capire se le aspettative del cliente sono soddisfatte. Ma rimane l’altro fronte, che potremmo definire più tradizionale: quello interno, legato allo strato infrastrutturale dei sistemi informativi, al funzionamento delle reti e di tutte le componenti del data center che garantiscono la solidità dei sistemi sia verso l’esterno sia verso l’interno. Tema che deve coniugarsi con l’aumento della complessità dell’infrastruttura aziendale data la diffusione del cloud, degli ambienti ibridi, del multicloud, del mobile e dell’IoT. Un’infrastruttura che oltre a sostenere, e richiedere un monitoraggio, di tradizionali server, storage, reti ecc., deve anche abilitare una manutenzione predittiva con la capacità di capire quali sono le aree critiche, i momenti a rischio, dato che c’è tutto un mondo di oggetti che iniziano a parlarsi tra di loro per garantire la fruizione di determinati servizi.
ZeroUno: Più innovativo il primo fronte, quello delle performance basate sull’esperienza utente, mentre un’evoluzione di soluzioni già presenti nel secondo caso?
Rao: Si, certo. Il primo fronte si è aperto in modo dirompente negli ultimi due-tre anni ed è anche più spinoso perché è sempre più importante proprio in quei mercati dove le barriere tra settori sono crollate, la competizione è sempre maggiore ed è strettamente correlato con una cultura digitale degli individui in continua evoluzione. E che nei prossimi anni farà grandi passi avanti grazie alla realtà aumentata che rappresenterà un’altra modalità di comunicazione con il cliente che avrà forti impatti. Tutto ciò significa, a maggior ragione, che i sistemi di controllo applicativo che possono garantire una visione end to end delle prestazioni, saranno sempre più strategici da utilizzare, aumentando le opportunità di creazione di vantaggio competitivo. Ma anche la governance più infrastrutturale, proprio per la complessità intrinseca ad ambienti informativi sempre più ibridi e in costante evoluzione funzionale, richiede strumenti evoluti, che consentano un’analisi e un monitoraggio di tutte le variabili in gioco e delle loro correlazioni, evoluzioni guidate dall’implementazione di tecniche di automazione dei processi e dall’ausilio di tecnologie di intelligenza artificiale e machine learning.
ZeroUno: Quali sono dunque gli elementi caratterizzanti una soluzione APM?
Rao: Per tutto quello che abbiamo detto, bisogna quindi distinguere le soluzioni APM dai più tradizionali strumenti di monitoraggio e testing a livello di sistema, perché le soluzioni APM oggi sono in grado di guardare attraverso ambienti operativi complessi, scoprire dipendenze e topologie hardware e software e tracciare end-to-end transazioni, pacchetti software e parti di codice per fornire valutazioni sull’impatto delle applicazioni (o di parti di applicazioni come i microservizi) in uno specifico contesto. Sempre più spesso, quindi, le soluzioni APM incorporano visualizzazioni avanzate e dashboard esecutivi, nonché funzionalità di analisi predittiva e di modellazione per consentire il rilevamento rapido e proattivo, la diagnosi e la risoluzione dei problemi e degli incidenti delle prestazioni delle applicazioni, indipendentemente dal fatto che l’origine del problema sia collegato a codice, sistemi o problemi di rete. I prodotti di gestione della rete inclusi in questo mercato devono quindi riferire specificamente sulle prestazioni dell’applicazione.
Per la stessa logica, escludiamo quindi da questo mercato le soluzioni che monitorano esclusivamente il cloud IaaS, ma includiamo servizi APM basati su cloud che monitorano e forniscono report sulla salute, la qualità e la disponibilità delle applicazioni.
Rispondono inoltre ai requisiti di una soluzione APM tutti quei software che consentono di effettuare test di carico o di stress sul codice sviluppato, in quanto forniscono funzionalità chiave per ottenere visibilità su come le buone applicazioni si stanno comportando in concomitanza con il monitoraggio degli utenti reali e la stabilità del codice; questi tipi di soluzioni offrono anche la possibilità di scoprire e risolvere i problemi software mentre i test funzionali e di regressione e la tipica gestione dei test non svolgono un ruolo nell’APM.
ZeroUno: Sebbene la sua diffusione non sia così pervasiva, è ben chiaro il concetto base della metodologia DevOps e oggi si sta iniziando a parlare di DevSecOps (integrazione nel processo di sviluppo, fin dalle prime fasi, dei team di security e delle relative tecniche e funzioni). Non bisognerebbe a questo punto introdurre nei team anche figure che si occupano delle performance applicative? E implementare metriche di misurazione delle performance e funzionalità di performance management nei tool di sviluppo delle applicazioni?Rao: La crescita registrata nel mercato mondiale del software per la gestione delle prestazioni delle applicazioni è dovuta in gran parte alla crescente domanda di soluzioni progettate per supportare le iniziative DevOps e dell’infrastruttura multicloud; si tratta in questo caso di soluzioni fruite in modalità SaaS e infatti prevediamo per le soluzioni APM as a service un tasso di crescita annuo composto (CAGR) quinquennale del 22,3% (2016-2021), a fronte di un CAGR del 9,6% per soluzioni on premise. Molte organizzazioni IT o di servizi digitali utilizzano queste soluzioni per aumentare la trasparenza dei progetti DevOps, consentendo ai team di sviluppo e IT di collaborare e identificare i problemi a livello di codice, prima che le applicazioni entrino in produzione. Molte di queste soluzioni consentono di cambiare il modo in cui le applicazioni vengono gestite, abilitando una maggiore collaborazione tra team IT tradizionalmente separati e contribuendo a migliorare l’esperienza del cliente e le informazioni associate.
Quindi la risposta immediata alla sua domanda è: sì. Bisogna però subito aggiungere che l’approccio DevOps è ben sviluppato nella maggior parte delle grandi aziende del mondo e mi riferisco in particolare ai grandi system integrator o realtà veramente di grandi dimensioni. Nelle medie aziende questo concetto, soprattutto in Italia, viene ancora guardato con un po’ di scetticismo dove i vincoli di tipo organizzativo o finanziario inducono una maggiore cautela nel promuovere metodologie che hanno impatti così importanti sull’organizzazione, come è per il DevOps. Si tratta quindi di un fronte che continuerà ad avanzare, ma lo farà lentamente. Non dobbiamo poi dimenticare che si diffonde sempre più la fruizione di servizi, infrastrutturali e applicativi, in cloud, l’utilizzo di portali API per l’integrazione di applicazioni già pronte, quindi avremo sicuramente un tema di controllo delle performance, ma sarà più legato all’integrazione e all’utilizzo di applicazioni già pronte che non allo sviluppo applicativo. Naturalmente a parte le aziende che hanno nello sviluppo delle applicazioni il proprio core business.