MILANO – Un anno decisamente da brindisi quello appena concluso per Veeam Software, azienda specializzata in soluzioni per la continuità di business (backup, recovery, replication) che ha chiuso un 2015 con un +22% di ricavi a livello globale [pari ad un fatturato complessivo di 474 milioni di dollari, con l’obiettivo di raggiungere il miliardo di dollari entro il 2018 – ndr] ma, soprattutto, con un +31% in Italia, paese con la crescita più significativa che è valsa il titolo di ‘best performer 2015’, sottolinea Albert Zammar, Country Manager di Veeam Software in Italia. “Lo sviluppo registrato in Italia è significativo anche dal punto di vista del numero di clienti (+28% rispetto al 2014 per un totale di oltre 10 mila clienti) con un fatturato proveniente dalle aziende di classe Enterprise che si è decisamente triplicato [oggi Veeam ha come clienti il 48% delle aziende Global 2000 e il 70% di quelle Fortune 500 – ndr], commenta Zammar.
Il rovescio della medaglia sta nel fatto che una crescita così rilevante potrebbe indicare che la strada verso la business continuity sia ancora tutta in salita, come dimostrano, in effetti, i risultati dell’Availabilty Report 2016, studio commissionato da Veeam a Vansone Bourne e condotto a livello globale su 1140 decisori It di aziende di grandi dimensioni (dai 1000 dipendenti in poi). La conferma di ciò arriva dagli stessi Cio e It manager: “l’84% degli intervistati ritiene ci sia un divario tra ciò che l’It può offrire in termini di servizi e ciò che gli utenti invece desiderano (i Cio ammettono di non riuscire a far fronte alle loro aspettative)”, osserva Zammar commentando i primi risultati. “Eppure, sono gli stessi Cio ad ammettere l’importanza dell’always-on dei servizi It come condizione imprescindibile di business, soprattutto a garanzia dell’interattività real-time con clienti, utenti, partner… (per il 63% del campione), ma, al contempo ad ammettere di avere avuto problemi di downtime non pianificato (13 episodi nel 2014, 15 episodi nel 2015)”. La situazione in Italia riflette lo scenario globale, anche se i dati sono leggermente più confortanti: “per le aziende italiane (70% di loro) gli episodi di disservizio non pianificato sono una decina all’anno (meno della media globale) – fa notare Zammar – ed il gap tra ciò che si riesce a garantire e ciò che invece si aspetta l’utente è ammesso da parte del 63% degli intervistati”.
“Si tratta tuttavia di percentuali piuttosto elevate che indicano l’urgenza di un intervento sulla modernizzazione del data center (lo dicono il 99% degli It decision makers), in particolare su virtualizzazione (85%), backup (80%), speed recovery (59%) e data loss avoidance (57%)”, conclude Zammar, “esattamente le aree sulle quali possiamo dare risposte efficaci attraverso le nostre soluzioni che garantiscono un RTO (tempo di recupero) ed RPO (punto di recupero) inferiori ai 15 minuti (contro le 3 ore di RTO e le 4,2 ore di RPO di media dichiarate dai Cio del campione e necessarie oggi per ripristinare i servizi in caso di downtime)”.