Chatbot e web messaging sono il pilastro del nuovo modo di concepire ed erogare i servizi di customer service, nonché elementi cardine dell’esperienza del cliente.
Complice l’accelerazione digitale degli ultimi anni, le imprese si trovano a gestire canali di contatto e richieste di interazione in costante aumento. Sono così obbligate a rivedere i servizi che erogano ai propri clienti e a valutarli in termini di sostenibilità (economica), di soddisfazione e di capacità di fidelizzare i clienti.
Chatbot e web messaging: benefici e rischi
L’adozione di strumenti di web messaging e di AI conversazionale punta, dunque, a un duplice scopo: ottimizzare i costi del contact center facendo ricorso all’automazione e massimizzare la qualità dell’esperienza percepita, così da rafforzare il legame con i clienti del brand. Grazie al web messaging, infatti, i clienti dispongono di canali di conversazione asincrona e persistente con l’azienda, mentre i chatbot automatizzano – in modo completo o parziale, a seconda dei casi – il dialogo fornendo un servizio 24/7 potenzialmente molto efficace. Il tutto, inoltre, si può rivolgere non solo al cliente ma anche alle risorse interne: in tal caso, ad essere ottimizzata è l’employee experience.
Per aver successo, l’integrazione dei chatbot e del web messaging nell’ecosistema aziendale va progettata e pianificata in modo corretto. Entrambe, infatti, sono armi a doppio taglio: possono creare fiducia e soddisfazione, ma anche far perdere clienti e favorire i competitor. A titolo d’esempio, si consideri il chatbot che non comprende le domande dell’interlocutore e neppure permette il passaggio a un agente umano. Oppure, il sistema di web messaging (asincrono per definizione) che alla domanda del cliente non fa seguire risposte per giorni.
Integrazione agile e progressiva alla base del successo
Qual è, dunque, il percorso di integrazione corretto? Innanzitutto, va definito l’obiettivo strategico dei nuovi servizi, tenendo conto che le aziende sono diverse, così come le industry in cui operano, le esigenze dei loro clienti, il target e anche il lessico adottato dagli interlocutori dell’impresa. Tutte le aziende sentono l’esigenza di ridurre i costi del contact center, ma al tempo stesso non devono perdere revenue, anzi devono aumentarle con gli strumenti digitali. Per questo, la fase di progettazione dell’esperienza ha un valore inestimabile.
“Dopo aver definito l’obiettivo strategico – ci spiega Alberto Pasi, Solution Lead Digital & Conversational AI di Genesys -, leader mondiale nelle soluzioni di customer experience e contact center – occorre comprendere il punto di partenza e quale servizio (o servizi) adottare per primo. Per scegliere correttamente, bisogna partire dagli asset che l’azienda ha a disposizione, ovvero dalle conversazioni con il contact center. Quella mole di informazioni ci permette di capire gli intenti delle chiamate, le esigenze dei clienti e anche il modo in cui si esprimono, il loro lessico”. Valorizzando i dati del contact center, l’azienda può quindi integrare l’automazione dove c’è reale bisogno, assecondando le esigenze dei clienti e supportando i propri agenti. Così facendo, inoltre, è in grado di passare alla fase successiva: disegnare una conversazione adeguata al tipo di cliente, massimizzando l’effetto benefico sull’experience.
La conversazione viene erogata sui canali più adeguati e/o su quelli che il cliente preferisce, in un chiaro approccio omnichannel: dal sito web all’e-commerce, ma senza dimenticare le app dedicate al customer care, alla gestione di processi specifici (apertura pratiche di sinistro nelle assicurazioni, procedure Know Your Customer in ambito bancario…) e i sistemi di messaggistica come FB Messenger o WhatsApp.
Parlando in modo particolare di automazione, ovvero di chatbot e conversational AI, il percorso di adozione deve essere graduale e progressivo. A tal proposito, Pasi pone l’accento sull’agilità del progetto, che dovrebbe sempre partire da una tipologia di servizio ben definita: per avere successo bisogna sperimentare, provare, modificare, mettere in produzione ed effettuare un miglioramento continuo della soluzione prima di passare ad un nuovo canale o servizio. Si può parlare di ‘circolo virtuoso’: l’azienda attiva un primo servizio, magari indirizzandolo a una piccola percentuale di clienti o a un target specifico, poi comprende le necessità dei clienti con gli analytics e sulla base di queste migliora progressivamente l’efficacia del servizio stesso, lo estende e ne apre altri.
Marco Tommasucci, Sales Specialist & Key Account Manager Finance di ComApp (Gruppo Present), sottolinea quanto sia proprio l’assenza di gradualità ad aver condizionato negativamente diversi progetti e, al tempo stesso, quando sia fondamentale una corretta progettazione e pianificazione: “L’azienda che decide di automatizzare all’istante diversi elementi di contatto con i clienti non ha grandi speranze di successo. È capitato, e capita, che progetti di questo tipo falliscano perché le persone smettono di usare i servizi non ottenendo risposte adeguate alle loro esigenze. Per questo, è fondamentale l’attività consulenziale, senza la quale le imprese hanno difficoltà a raggiungere gli obiettivi previsti. Inoltre, c’è bisogno di un approccio analitico finalizzato a migliorare costantemente la qualità del servizio”. Torna quindi il discorso del ‘tuning’ continuo, cui le aziende non si possono sottrarre: una volta aperto un nuovo servizio di comunicazione con il cliente, il monitoraggio è l’unica strada che porta al successo.
Il ruolo centrale del cloud
Qualsiasi azienda voglia integrare l’AI conversazionale o il web messaging nei propri sistemi deve ragionare in ottica cloud, indipendentemente dal fatto che i suoi applicativi si basino su un’infrastruttura cloud, ibrida o on-premises.
Gli elementi chiave di una soluzione conversazionale, ci spiega Pasi, sono i canali d’accesso, la knowledge e l’elemento conversazionale. Questi tre pilastri si ottengono congiuntamente solo approcciando una soluzione cloud: i dati, per esempio, sono fondamentali affinché il chatbot possa supportare in tempo reale il cliente, ma necessitano di capacità di elaborazione molto elevate e difficilmente prevedibili poiché dipendenti da variabili di business come sconti, promozioni e lanci prodotto. A tal fine, la flessibilità nativa del cloud è un fattore centrale, e non è un caso che le soluzioni più avanzate di contact center e customer experience siano erogate come servizio cloud e comprendano tutti e tre i pilastri di cui sopra.
Anche in ambito tecnologico, torna quindi il concetto di progettualità agile. La piattaforma cloud, che pur comprende tutti gli elementi cardine di un’ottima CX, deve essere integrata con sistemi aziendali che non necessariamente sono in cloud. Anche qui non bisogna commettere l’errore di eccedere con le integrazioni, che dipendono dal tipo di servizio che si vuole automatizzare. “Se voglio avere un bot che genera appuntamenti in automatico – spiega Pasi – devo interfacciarmi con i calendari aziendali. Quando l’assicurazione apre un bot per la gestione dei claim deve integrarsi con il CRM. Il retailer che vuole fornire informazioni sulla giacenza di magazzino e lo stato delle spedizioni dovrà integrarsi con l’ERP. Ma a prescindere dai diversi casi d’uso, è fondamentale che l’approccio sia agile: l’azienda non ha nessuna necessità di integrare tutti i sistemi al day one, ma deve essere in grado di farlo in modo agevole e graduale, a seconda di esigenze che nascono poco per volta in funzione dell’analisi dei dati”. Come spesso accade, anche in quest’ambito sono i dati a indirizzare tutte le decisioni più importanti.
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