Il confine tra l’azienda e il suo ecosistema sta rapidamente scomparendo. È una delle principali caratteristiche della digital transformation, al centro della quale c’è oggi l’ingaggio dell’utente/cliente attraverso una esperienza omnicanale molto vasta. Nell’ambito di un ampio servizio sull’APM, ZeroUno ha intervistato Claudio Canevazzi, Executive IT Specialist IBM Cloud Italy, per capire quali sono, dal suo punto di vista, i principali trend evolutivi di queste soluzioni.
ZeroUno: L’ingaggio del cliente, ma anche l’interazione con gli utenti interni, avviene oggi attraverso una pluralità di canali di comunicazione. Questo impatta sulle modalità di misurazione delle performance applicative. Quali sono dunque oggi i trend che caratterizzano soluzioni APM in grado di monitorare che la user/customer experience sia coerente con le aspettative?
Claudio Canevazzi: Negli ultimi anni la modalità di interazione tra le aziende e i propri clienti ha subìto cambiamenti tali che potremmo paragonarli a una vera e propria rivoluzione: il cliente finale interagisce direttamente con le aziende utilizzando i canali e le modalità più disparati, a tutte le ore e da ogni luogo.
Questa rivoluzione ha avuto un importante impatto sul monitoraggio della qualità dei servizi erogati. Nei primi anni del nuovo millennio si era iniziato a parlare di end user experience, ma si trattava di servizi erogati fondamentalmente via browser e quindi il monitoraggio veniva effettuato utilizzando strumenti di misurazione delle performance già presenti all’interno dell’azienda. Oggi, con servizi erogati attraverso infrastrutture eterogenee e che devono raggiungere geografie e canali molto diversi, il monitoraggio della sola infrastruttura non è sufficiente. La qualità del servizio deve essere monitorata end-to-end, lungo tutto il ciclo di vita dell’interazione che oggi implica vere e proprie transazioni perché non ci si limita ad informarsi su siti “vetrina”, ma si effettuano ordini, si pagano servizi e prodotti coinvolgendo quindi vari componenti del backend aziendale.
Le soluzioni APM non devono quindi gestire solo strutture o componenti presenti nei data center aziendali, ma devono allargarsi alla gestione di infrastrutture eterogenee, in cloud pubblici o privati, considerando anche approcci multicloud.
ZeroUno: Quali sono quindi le caratteristiche e le principali metriche che una soluzione APM deve tenere in considerazione per monitorare la user/customer experience oggi?
Canevazzi: Prima di tutto bisogna premettere che sono cambiati gli utilizzatori di queste soluzioni: una volta erano i team delle operation che si dotavano di questi strumenti per monitorare le performance infrastrutturali; oggi sono i business owner che vogliono capire come sta funzionando il servizio erogato di cui sono responsabili. Quindi una delle caratteristiche importanti è che queste soluzioni siano in grado di fornire metriche utili, e renderle disponibili, per diverse tipologie di utenza.
Per quanto riguarda la tipologia di metriche, quelle che vengono richieste maggiormente sono quelle di monitoraggio della end user experience attraverso la simulazione dei comportamenti degli utenti nell’accesso a determinati servizi per verificare che questi siano disponibili per gli utenti finali (quelli che in letteratura vengono definiti sistemi di Synthetic Transaction Monitoring) lungo tutta la filiera dell’erogazione del servizio.
Questi sistemi si affiancano a quelli di Real User Monitoring che controllano come questi servizi vengano effettivamente percepiti dagli utenti. La raccolta e l’analisi di queste informazioni è importantissima per poter valutare se i servizi erogati sono in linea con le aspettative, ma vista la complessità di cui abbiamo parlato, è impossibile riuscire a farlo con strumenti tradizionali. Ecco quindi che le soluzioni APM si sono arricchite di tecnologie di machine learning, di tecnologie cognitive, e nel nostro caso questo si declina con l’integrazione delle tecnologie che derivano dal progetto Watson: con i dati raccolti viene costruito un modello matematico sulle serie storiche che, messo in relazione con i dati reali, consente di verificare se la realtà è in linea con le aspettative. L’obiettivo è quello di anticipare il più possibile eventuali disallineamenti in modo da permettere alle Operation di intervenire immediatamente o anche, in modo proattivo, di impedire il verificarsi di determinate anomalie.
L’altro elemento emergente che è sempre più affiancato alle soluzioni di APM sono le soluzioni di log consolidation e log analysis che consentono di raccogliere i log che arrivano dal middleware e dai componenti applicativi per rendere più rapida l’identificazione del problema e quindi risolverlo.
ZeroUno: Nel mondo “software defined” un’applicazione viene elaborata in differenti infrastrutture (cloud, hybrid, in house in mainframe o servers etc), è distribuita attraverso reti differenti, fruita con diversi device e relativi sistemi operativi. Il monitoraggio dell’infrastruttura IT è sempre più complesso. Come vi fanno fronte le soluzioni APM di oggi?
Canevazzi: Diciamo che sicuramente il dinamismo delle infrastrutture IT ha messo in evidenza alcuni problemi delle soluzioni APM di una volta che richiedevano tempi di configurazione e attivazione non immediati e, quindi, inadeguati a rilasci applicativi o di parti di applicazioni rapidi e veloci. Oggi abbiamo soluzioni più snelle e semplici, anche nella loro implementazione, in modo che le aziende possano integrare nei loro processi di provisioning anche l’attivazione degli strumenti di monitoraggio di queste infrastrutture.
Oggi emerge anche un altro tema, quello dei container: le macchine virtuali ci hanno permesso di ottimizzare l’utilizzo delle infrastrutture distribuite andando a condividere meglio le risorse fisiche, ma hanno tempi di attivazione più lunghi dell’utilizzo di un container che è invece uno strumento molto più snello, che si appoggia su un’infrastruttura esistente nella quale sono già presenti gli strumenti di monitoraggio. Ma non è sufficiente monitorare il container, bisogna anche capire quali sono le prestazioni dei microservizi e delle applicazioni eseguite al suo interno.
E ancora, altro tema importantissimo, lo sviluppatore deve poter integrare nel proprio ambiente di sviluppo le soluzioni di monitoraggio per poter valutare le prestazioni del codice che sta sviluppando già nella fase di test.
ZeroUno: Ha proprio anticipato la mia prossima domanda: è necessario introdurre nei team di sviluppo anche figure che si occupino delle perfomance applicative? E implementare metriche di misurazione delle performance e funzionalità di performance management nei tool di sviluppo delle applicazioni?
Canevazzi: Questo è un tema molto importante e lo sarà sempre più in un prossimo futuro perché una nuova applicazione rilasciata senza un opportuno test delle performance potrebbe veramente mettere a rischio il servizio e, in molti casi, l’immagine stessa dell’azienda. Quindi è necessario che le soluzioni APM possano essere fruite facilmente anche in ambienti di sviluppo e test anche perché pensare di introdurre ulteriori competenze per fare analisi delle performance è molto difficile. Quello su cui si sta lavorando è proprio quello di poter fornire agli sviluppatori dashboard semplici da interpretare in modo che siano loro stessi a poter valutare la qualità del codice che scrivono.
ZeroUno: Infine, anche alla luce di quanto detto prima, mi può illustrare le caratteristiche principali della soluzione IBM?
Canevazzi: IBM Cloud Performance Management nasce dall’evoluzione delle soluzioni di monitoraggio tradizionale che IBM ha sempre avuto per le infrastrutture distribuite e per i mainframe.
Elemento importante della nostra soluzione, completamente integrata con la soluzione di IT Service Management, è quella di consolidare in un’unica consolle i dati provenienti da un’infrastruttura eterogenea (distribuita, mainframe, cloud, multicloud). Per rispondere al contesto che abbiamo illustrato e alle esigenze di garantire una user/customer experience consona alle aspettative, la soluzione, come ho già accennato, integra tecnologie di machine learning per verificare se i dati raccolti in real time sono in linea con il modello costruito analizzando i dati storici.
Affiancata a questa funzionalità c’è quella di saper isolare tempestivamente il componente che sta creando una anomalia e, una volta identificato, consentire di intervenire rapidamente sfruttando funzionalità analitiche (integrandole con uno strumento di incident & ticketing per capire se il problema si è già presentato in passato e come è stato risolto) per rendere più celere questa diagnosi.
Ci sono poi soluzioni accessorie, offerte in modalità as a service, come IBM Alert Notification per accelerare la notifica degli allarmi al team di supporto che prevede processi di escalation (con il coinvolgimento, in base alla gravità del problema, di altro personale in mancanza di risposta immediata). Abbiamo poi rilasciato IBM Runbook Automation che consente alle organizzazioni di creare ed eseguire runbook e attività automatizzate per una risoluzione dei problemi più veloce, ripetibile e uniforme: chi svolge determinate procedure rilascia dei feedback che documentano la risoluzione di uno specifico problema in modo che questa sia sempre più efficiente con miglioramenti incrementali.
IBM Cloud Performance Management può essere installata on premise oppure fruita come servizio scaricando gli agent di monitoraggio da installare nella propria infrastruttura che dialogano sia con il cloud IBM sia con eventuali altri cloud provider.
Infine abbiamo reso disponibile l’Application Performance Management Developer Center , un servizio che permette agli sviluppatori di verificare immediatamente le performance di un’applicazione che si sta rilasciando in cloud.