MILANO – L’edizione 2017 del Dedagroup Stealth Day, evento annuale organizzato da Dedagroup per confrontarsi con l’ecosistema di aziende del comparto moda e lusso, si è concentrata sul fenomeno dell’omnicanalità che sta incidendo sulle strategie delle aziende del settore nel loro complesso, oltre a ridefinire il concetto stesso di retail.
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LE TECNOLOGIE – L’evoluzione della Dedagroup Stealth Platform, come il software cambia il fashion |
L’appuntamento si è svolto dopo l’annuncio della costituzione di Dedagroup Stealth, controllata da Dedagroup, nata, come ha ricordato il Ceo Cosimo Solida, per offrire al settore una piattaforma ERP (Stealth) oltre a consulenza di processo e servizi IT che si estenderanno sempre più a livello globale per seguire i clienti nella loro strategia di globalizzazione: novità di quest’anno, molto apprezzata dai clienti, l’incarico a Richard Kolodynski (manager con una quarantennale esperienza in ruoli di vendita e management in aziende di tutto il mondo, dall’Asia al Sud Africa, dagli Usa all’Australia) proprio di coordinare le operations internazionali per il gruppo e che riporterà direttamente a Luca Tonello, Sales Director & Channel Manager Dedagroup Stealth.
Dall’analisi dei trend in atto nel settore, grazie al contributo di Chris Field, esperto di marketing e Director di Fieldworks (agenzia che offre servizi di pr e digital content marketing, specializzata nel mercato retail), emerge che il business del retail sarà sempre più complesso per varie ragioni. Prima di tutto la ricerca continua della convenienza da parte dei clienti, che stimola una competizione su tutti i canali. Dal canto loro, i brand stanno ritornando sui propri passi rispetto all’utilizzo dei canali commerciali quali grande distribuzione o department store perché si rendono conto che in tali ambiti la propria proposta non viene abbastanza valorizzata; stanno dunque continuando a investire nei negozi anche perché, per esempio, questi possono rappresentare delle opportunità in ottica click&collect (ordine online e ritiro del prodotto in un punto stabilito per la consegna).
Non solo, tra i fattori che stanno spingendo i produttori a investire nei punti vendita vi è la volontà di offrire ai propri clienti la possibilità di sperimentare la qualità del prodotto e, ancor di più, permettere loro di entrare nel mondo che tali prodotti evocano (un esempio di eccellenza in questo senso è rappresentato dagli store della Lego, vere e proprie boutique dei mattoncini di plastica colorata nelle quali, in epoca si e-commerce, si continua a investire; basti pensare alle recenti aperture del novembre scorso: quelle del Lego store più grande del mondo a Londra – 914 metri quadri – e, più vicino a noi, in pieno centro a Milano, 270 mq, ndr): il negozio risulta così, tra l’altro, un’occasione utile a chiudere quel circolo virtuoso avviato con una massiccia e corretta comunicazione online, sui social ecc.
Il punto vendita è inoltre una opportunità, e veniamo ai big data, per raccogliere tutta una serie di informazioni sofisticate preziose, soprattutto se si utilizzano immediatamente per esempio con mobile app, per supportare il cliente nella scelta mentre si trova ancora nel negozio.
A uno scenario di questo tipo “non è possibile rispondere se non con architetture best of breed – è intervenuto Stefano Spiniello, technology director PwC – ossia solide e sicure, che siano in grado di supportare tutte le applicazioni delle aziende facendo collaborare Erp, Plm, Crm e così via al fine di offrire tutti quei processi che possono essere utili al mondo retail, dal monitoraggio dell’offerta allo smart warehousing, dalla personalizzazione del prodotto alla riduzione dei tempi di sviluppo del prodotto stesso. E questo nel fashion significa, per esempio, che a pochi giorni dalla sfilata sarà possibile consegnare i capi d’abbigliamento, customizzati a seconda delle esigenze dei diversi clienti.”