SANTA MONICA (Cal) – Si fa un gran parlare oggi di digitalizzazione del business e di digital transformation, ma lo sforzo di una nuova proposta di prodotti e servizi a base digitale deve fare i conti con due elementi frenanti e diventati negli anni “strutturali”: una diffusione di modelli organizzativi ancorati a business e a criteri competitivi le cui radici risalgono ancora agli Anni ’60-70 e, secondo punto, la mancanza dell’attuazione di un modello di produzione software che concretizzi effettivamente in una modalità “software centric” il business (digital) verso cui i mercati oggi tendono.
Struttura dell’articolo:
- La software factory, centrale al cambiamento
- Abbattere i silos: con tecnologie e una cultura “Agile”
- Il puzzle CA per l’impresa software oriented
- Spazio alle idee: le start up crescono dentro CA
Questo è vero perché fondamentalmente fino ad oggi il software, e l’informatica in genere, è considerato nelle aziende soprattutto (e nella migliore delle ipotesi) come elemento di efficienza e produttività ma non ancora appieno come un componente core del proprio business. Con questa impostazione, la tecnologia si è diffusa negli anni stratificandosi nelle tradizionali strutture organizzative trasversali e verticalizzandosi nei differenti silos funzionali del marketing, HR, sales, finance, ecc. Si è così definito un meccanismo di “fusione tecnologica” inscindibile, cresciuto attorno al modello organizzativo e culturale di gestione del business tradizionale, che oggi rallenta pericolosamente il cambiamento di prospettiva invece necessario per i nuovi business digital based. Quali sono questi nuovi business? Tutti. Il business è a base software, e capire questa impostazione significa trovare gli strumenti organizzativi e le tecnologie più appropriate per dare al software quella centralità che connota un nuovo modello di relazione tra azienda e consumatori, tra azienda, prodotti, brand e user experience.
La Software Factory, centrale al cambiamento
Siamo volati fino in California con CA Technologies per approfondire questi concetti, attorno ai quali quest’azienda da 4,5 miliardi di dollari, oggi guidata dal Ceo Mike Gregoire, sta ormai da qualche anno riproponendosi come soggetto di riferimento per la costruzione di quella Software Factory che ogni impresa dovrebbe disporre al proprio interno e che guida lo scambio sinergico, continuativo e dinamico tra di essa e i propri clienti.
Sì, perché ormai sempre più il modello di interazione continua impresa-utente, in una reciproca dialettica di scambio di informazioni e dati per la creazione di prodotti e servizi allineati alle aspettative individuali, ha la sua base centrale nel software. Ma non bastano tecnologie, metodologie e processi, serve anche trasformare le strutture organizzative, i modelli e le culture radicatisi negli anni in cui il business era totalmente diverso da oggi. Come è oggi? In due parole: il brand di un’azienda, il modo di comunicare con il mercato, di essere valutata, di capire come evolvono i gusti dei clienti, di essere percepita e seguita dagli utenti, è digitale.
E’ un’esperienza ibrida fisico-digitale che impone di porre al centro dell’approccio business nuovi modelli operativi basati sulla tecnologia, nella fattispecie quella software. App Intuitive e semplici, performance ottimali, esperienze pre, durante e post acquisto, presuppongono un software disegnato, sviluppato e reso fruibile a misura di utente. Una software centricity grazie alla quale queste interazioni con gli utenti, in un flusso continuo e interattivo, sono una preziosa fonte di insight che devono distribuirsi nell’azienda in tutte le sue dimensioni e componenti; devono essere rese trasversali attraverso modelli che, come vedremo, basandosi su metodologie Agile e DevOps possono estendersi dalla dimensione dello sviluppo applicativo all’intero modo di operare dell’azienda e al suo approccio al business.
Abbattere i silos: con tecnologie e una cultura “Agile”
Per far questo serve realizzare un meccanismo interattivo basato su 2-3 elementi: creare un’azienda, indipendentemente dal business di riferimento, davvero software oriented che abbia al centro la rivisitazione del modelli organizzativi sequenziali di sviluppo applicativo (waterfall), tradizionalmente lineari e a step/silos, per lasciare posto a modalità Agile/DevOps che presuppongono invece una forte integrazione, collaborazione, partecipazione tra (piccoli) team che presidiano tutto il ciclo di sviluppo software (plan, design, build, test, run, monitor, estendendosi anche a security, operation e architetture) nella costruzione modulare e costantemente verificata/validata (ogni 2-3 settimane) da regolari feed back con gli utenti dell’applicazione, arricchendo quel processo di analisi continuo degli insight che deve essere trasversale ai team. Infine, altro elemento base per concretizzare davvero una dimensione digitale del proprio business, serve una gestione semplificata integrata e sicura delle Api, interfacce di programmazione alimentate da dati e servizi, da dare in pasto (esporre) agli sviluppatori, sia interni sia sul mercato e tra i propri partner, per assemblare rapidamente nuove applicazioni da cui sviluppare nuovi business (la scelta di come esporre le Api, più che un fatto tecnologico, con una propria corretta sintassi, deve infatti traguardare in primis obiettivi di sviluppo business).
Perché se ne parla tanto oggi di questi concetti che tutto sommato, se pensiamo ad esempio alla metodologia Agile, hanno le proprie radici fin negli Anni ’70? Perché il business ha esigenze di personalizzazione, velocità, cambiamento dinamico continuo che i modelli tradizionali non si riescono più a sostenere. Ecco cosa ha detto, in apertura dell’evento ristretto a giornalisti e analisti, “Built to Change”, Otto Berkes, Chief Technology Officer dell’azienda: “Il panorama è drasticamente cambiato nell’ultima decade. Ogni azienda deve diventare una software company e noi dobbiamo essere in grado, con i nostri prodotti, di seguire questa rivoluzione inevitabile.
Who's Who
Otto Berkes
Dobbiamo far cambiare la prospettiva di quelle imprese che considerano ancora il software solo come backoffice, per portarlo invece ad una dimensione di innovazione del business. E’ l’unico modo per trasformare le idee in digital experience, ma per fare questo serve una vera software factory”. E Ayman Sayed, Chief Product Officer ha sottolineato che “In CA, tra acquisizioni e sviluppi abbiamo radicalmente cambiato i nostro portfolio negli ultimi anni e siamo una delle poche aziende con una copertura estesa che spazia dall’Agile, al DevOps, alla security, realizzando tra queste una fortissima integrazione.
Ci sono ormai disruption in tutte le industry, ed è fondamentale per noi essere parte attiva dell’attuale e futura revisione dei modelli di business in chiave digitale che le aziende stanno sviluppando”.
Il puzzle CA per l’impresa software oriented
Who's Who
Ayman Sayed
Tra acquisizioni, nuovi sviluppi e lancio di iniziative, CA Technologies sta costruendo un puzzle di prodotti e soluzioni per dare alle imprese i “mattoncini” per la costruzione di questa software factory.
L’offerta copre le fasi classiche del ciclo del software, plan, design, build, test, run, monitor, innervandole di prodotti con al loro interno, in buona parte, feature per garantire una security nativa fin dalle prime fasi del ciclo; analytics e machine learning per insights e una serie di funzionalità, ad esempio nel testing (security, Gui, Performance testing) in public cloud, frutto dell’acquisizione di BlazeMeter, società specializzata nel Continuous Application Performance Testing in ambito open source. Una tecnologia indispensabile per elevare il livello qualitativo del software, accelerandone il rilascio attraverso una migliore efficienza dei test fin dalle fasi iniziali del ciclo di sviluppo.
In area Api management, Live Api Creator consente lo sviluppo e la distribuzione rapida di Api dalle attuali fonti di dati senza la necessità di approfonditi skill data base (la società dichiara miglioramenti in velocità fino a 10 volte rispetto alla generazione manuale. In area DevOps, uno degli obiettivi primari è introdurre livelli di security in ogni fase del processo. Oggi, in realtà la security non è parte integrante del quality control applicativo. Da una survey Coleman Parkes realizzata su 1.770 senior business e IT Executives (compresi Cso e Ciso) riportata durante l’evento, il 68% degli intervistati dichiara che accetta di compromettere parzialmente la security dell’applicazione per poter essere sul mercato più velocemente. Viene in risposta a questa situazione il DevSecOps, il DevOps con la security built-in, introducendo concetti di automazione e scaling nella fase di application security testing (AST), frutto dell’acquisizione, di circa un anno fa, di Veracode, player riconosciuto (soprattutto in area midsize) nel segmento delle piattaforme di security DevOps in Saas.
Spazio alle idee: le start up crescono dentro CA
Per dare l’idea di quanto profondo sia il cambiamento in atto in CA Technologies e di come, secondo quanto anche affermato da Scott Morrison, SVP & Distinguished Engineer in un’intervista esclusiva a ZeroUno, “l’azienda stia attuando principi organizzativi e di utilizzo di tecnologie nel processo di sviluppo software esattamente come andiamo a proporre ai nostri clienti sul mercato”, è stato lanciato di recente CA Accelerator, un programma per sostenere progetti di innovazione interna, sempre nell’ambito del ciclo di sviluppo software, in una logica di incubatore di start up che poi troveranno la luce come prodotti integrabili nell’offerta della società.
Le realtà che nascono hanno la libertà di ingaggiarsi con il mercato per condividere percorsi di sviluppo, in raccordo ovviamente alle strategie CA. Scontrandosi, spesso, anche con i fallimenti da cui imparare, approccio tipico del mondo start up (Forty2.io, ad esempio, era un progetto che è stato chiuso non avendo riscontrato adeguata risposta di mercato, ma da questo progetto è nato l’analytic engine – Project Jarvis – oggi usato per integrare funzionalità evolute di analytics trasversali a tutto il portfolio).
Molto interessante come iniziativa sposta il focus da un approccio di sviluppo offerta modello “big project”, con pochi grandi (e rischiosi) investimenti, al criterio lean tipico delle start up: piccoli progetti che in un processo interattivo e di evoluzione continuamente verificata, possono trovare il lancio sul mercato in un’integrazione con il resto del portfolio di offerta. Solo alcuni esempi per identificare gli ambiti di sperimentazione in corso: Waffle.io (automated project management tools), Ypee.io (modellazione visuale per applicazioni a microservizi); Instant Agenda (Web e Mobile App), Qubeship (toolchain per semplificare e accelerare il lavoro dei team Docker- la piattaforma standard di software container), Code Pilot.ai (piattaforma di developer productivity con deep learning e tool di AI) e altre realtà ancora con progetti aperti basati su tecnologie open source, neural networks, real time e data analytics declinate in modalità Saas. Sì perché se il modello cloud è valido per la fruizione del software, lo è altrettanto nel software development attraverso l’utilizzo di tools di sviluppo cloud based (una recente survey condotta da Freeform Dynamics conferma risultati migliori da questa combinazione DevOps in cloud, sul piano della velocità di rilascio del software, almeno raddoppiata, nonché del suo miglioramento qualitativo, + 66% dovuto a minori difetti). E proprio in ambito cloud, la società ha rilasciato CA Agile Central, una enterprise Paas per la sincronizzazione e la gestione del lavoro di sviluppo dei vari team, con funzioni di coordinamento, tracking, prioritizzazione e collaborazione, misurando il livello di produttività, qualità e rispondenza con metriche di performance real time. Serve ad allineare l’autonomia operativa del singolo sviluppatore e dei diversi team alle strategie enterprise definite. Ancora per migliorare l’orchestrazione dell’intera catena di rilascio del software, l’azienda ha presentato, in versione beta pubblica, CA Continuous Delivery Director, con funzioni di analytics per tenere sotto controllo il timing di ogni fase del ciclo di sviluppo, accelerando i tempi di rilascio. E a proposito di analytics, tra i tanti annunci troviamo CA Digital Experience Insights, soluzione, sempre in modalità Saas, che fornisce una serie di insights business e operational per migliorare quella che definiamo essere l’esperienza digitale dell’utente, correlando l’attività e l’experience digitale di quest’ultimo con un monitoraggio di dettaglio dell’infrastruttura IT e delle applicazioni.
Ecco come si concretizza tecnologicamente la Software Factory, in un processo che non deve avere mai fine ma è di cambiamento e miglioramento continuo.