“PMI, non digitalizzatevi. A meno che non abbiate prima una strategia”. La provocazione è di Mattia Macellari, direttore commerciale di Cata Informatica, system integrator e partner per le soluzioni enterprise di TeamSystem. In uno scenario come quello attuale, in cui l’offerta IT in generale e di sistemi ERP (Enterprise Resource Planning) in particolare, si presenta in maniera sempre più frastagliata, la frase di Macellari intende suggerire alle piccole e medie imprese un metodo per orientarsi. Perché non si tratta solo di software selection: “Le PMI – spiega – devono porsi il tema di come la tecnologia debba seguire l’espansione strategica dell’impresa. Perché se le due cose non vanno su due binari paralleli, ci si può far prendere dalla moda del digitale ma, invece, di efficientare i processi, si rischia di renderli più complicati”.
Chi deve scegliere l’ERP all’interno della PMI?
La testimonianza del direttore commerciale di Cata sull’adozione dell’ERP, che lui ama definire “spina dorsale” dell’impresa, fa capire quali sono i meccanismi che intervengono soprattutto in un mercato cosiddetto di sostituzione. “I nostri principali interlocutori sono aziende già informatizzate, in alcuni casi con soluzioni software obsolete, che quindi non seguono più la strategia di espansione, di internazionalizzazione o semplicemente l’ampliamento dovuto a nuovi utenti che entrano in azienda”. Il primo problema da risolvere è quello di trovare l’interlocutore giusto. L’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano, ad esempio, ha rilevato che nel 44% dei casi la gestione delle aree ICT e digital è appannaggio di un Responsabile IT a cui è affidata la manutenzione ordinaria dei sistemi informatici, nel 20% è di competenza di un Innovation Manager vero e proprio, nel 18% prevede una figura specifica che presidia un singolo ambito o un solo processo (sicurezza IT, e-commerce, data analysis). L’esperienza di Cata conferma questi risultati, anche se Macellari sostiene che “lo sponsor ideale è l’imprenditore. Siamo efficaci quando veniamo ingaggiati da un imprenditore che capisce che può raggiungere determinati obiettivi di business se ha a disposizione degli strumenti digitali per farlo.
I benefici del 4.0 per le aziende di produzione
Nel panorama variegato delle PMI, un discorso a parte va fatto per quelle che operano nella produzione. “Dall’agroalimentare alla meccanica, a quelle che lavorano su commessa – dice ancora Macellari -, il paradigma di Industry 4.0, insieme agli incentivi dei Piani governativi che si sono susseguiti in Italia, è stato un boost importantissimo”. Il problema è che oggi gli investimenti si sono fermati, perché le aziende hanno bisogno di certezze riguardo al tipo di agevolazione e ai periodi di compensazione del credito d’imposta. Finora, nonostante le rassicurazioni del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, il quale ha dichiarato che il Piano Transizione 4.0 potrà contare su 30 miliardi provenienti dal Recovery fund, tutto rimane sospeso fino all’approvazione della legge di bilancio 2021. In ogni caso, anche con riferimento ai benefici fiscali, vale quanto sottolineato a proposito dell’avere una strategia prima ancora di avviare un progetto di digitalizzazione. I benefici funzionano se chi li usa non lo fa “tatticamente”, solo per ottenere benefici fiscali, ma perché è orientato a rivedere i processi in un’ottica di ottimizzazione e incremento dell’efficienza. “Le imprese manifatturiere che incontriamo stanno concentrando i propri investimenti in soluzioni di Smart Manufacturing, da soluzioni MES Manufacturing Execution System, fino all’integrazione con i linguaggi macchina, per raccogliere dati dagli impianti integrandoli con quelli dell’ERP. O, ancora, la nostra soluzione Warehouse Management System, anch’essa integrata, per gestire la logistica. In aggiunta, abbiamo un set di KPI, consultabili da cruscotti personalizzati per consentire ad esempio al direttore di produzione di conoscere tutto quello che accade in fabbrica”.
Cloud oppure on premise: quale deployment
Tutte le soluzioni software proposta da Cata sono fruibili on premise oppure in cloud, così da adattare la piattaforma software alle esigenze dell’impresa. Tenuto conto che il mercato del cloud computing, in base ai dati dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, è in continua crescita e ha raggiunto nel 2019 in Italia un valore pari a 2,77 miliardi di euro, è un paradigma che va attentamente considerato come alternativa rispetto alle installazioni in locale. “Siamo in grado di consigliare la migliore soluzione anche in termini di deployment analizzando le necessità dei nostri clienti e confrontando insieme a loro i vantaggi dell’una o dell’altra dal punto di vista dei costi e dei benefici”. In alcuni casi il tipo di deployment è legato a condizioni di partenza che ne indirizzano chiaramente la scelta. All’interno delle PMI, per esempio, c’è una categoria per la quale CATA ha previsto una soluzione dedicata, quella delle startup. “Anche se si stratta di una piccola quota del nostro fatturato – sottolinea Mattia Macellari -, A loro abbiamo dedicato espressamente la nostra soluzione full cloud, perfettamente scalabile e che si adatta ai cambiamenti del ciclo di vita dell’azienda”. Realtà più grandi possono propendere per il private cloud, anche se la decisione dell’impresa è soggetta a diverse variabili. “C’è chi ritiene – conclude Macellari – di non voler più avere data center in casa, perché non ha le competenze per gestirle o perché assegna un valore importante alla scalabilità dell’infrastruttura tecnologica e alla sicurezza. Un’altra metà all’incirca delle PMI nostre clienti, o perché possiede già l’infrastruttura, o per questioni di connessione (può sembrare assurdo, ma è così), decide di avere tutto on premise. Per quanto ci riguarda, quando ci troviamo ad analizzare il deployment ideale per un’impresa, mettiamo in fila una serie di fattori e ci permettiamo di consigliare quello migliore in base alla situazione specifica”.