Digital marketing e multicanalità integrata, quale innovazione nella customer relationship

La pubblicità massiva non basta più: per essere davvero competitive, le aziende devono riuscire a costruire per i propri clienti un journey customizzato, contestuale e multicanale. Come si può impostare un simile percorso di trasformazione? I problemi sono di diversa natura: tecnologici e legislativi, ma anche di carattere organizzativo e culturale. Pensare a un momento di “Big bang”, in cui le aziende, liberate dai freni delle tecnologie tradizionali, possano aprire un nuovo capitolo, sfruttando tutte le possibilità di questo marketing customercentrico, è ancora difficile, ma cresce la consapevolezza e i progetti in questa direzione non mancano

Pubblicato il 21 Dic 2015

Executive Dinner

Sempre più aziende stanno sfruttando la digitalizzazione per garantire qualità ed efficacia alla “experience” dei propri clienti. Riuscire a impostare un marketing multicanale in grado di creare una interazione intelligente con il singolo utente, considerandone gusti e peculiarità specifici, e più ancora curando il contesto in cui questo “in un dato luogo, in un dato momento” si trova, è diventato un obiettivo importante, perché importanti possono essere gli impatti che questo nuovo approccio “customercentrico” può avere sul business: “Stiamo abbandonando il modello ‘inside-out’, nel quale l’azienda impone al mercato un certo prodotto in modo massivo, in favore di un marketing ‘outside-in’, personalizzato, impostato su un rapporto azienda-cliente one to one per cui le tecnologie It, e nello specifico gli analytics, giocano un ruolo fondamentale”, ha detto Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno, in apertura dell’Executive Dinner “Customer Centric: analizzare, capire, gestire la multicanalità”, organizzato in collaborazione con Hybris, azienda del gruppo Sap, specializzata nella tecnologia per il commercio elettronico multicanale.

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Come ha spiegato Nicola Spiller, Docente di Marketing del Mip Politecnico di Milano. “I clienti hanno capito di avere nuovi poteri e hanno fatto scendere ‘dal piedistallo’ i grandi brand, chiedendo alle aziende di essere messi loro, ora, al centro dei processi”.

I relatori, da sinistra: Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno, Nicola Spiller, Docente di Marketing del Mip Politecnico di Milano e Ivano Fossati, Director Business Development Cec-Emea di Hybris

Lo scenario di riferimento per l’It e per chi si occupa in particolare di digital marketing, è dunque decisamente trasformato: la tavola rotonda ha fatto emergere in modo chiaro che la consapevolezza, rispetto alla necessità di rispondere a questa trasformazione del mercato, è in crescita, ma per cambiamenti sostanziali in chiave “outside-in”, esistono in molte realtà problemi di diversa natura che frenano il percorso: tecnologici e legislativi, ma anche di carattere organizzativo e culturale.

Legacy: trasformare una macchina in corsa

Gianrico Sarracco, Ict Innovation Lab di Unipol Sai

Sul piano tecnologico, il primo degli ostacoli è il legacy: “Per aziende come banche e assicurazioni, che sono state tra le prime realtà a digitalizzarsi – ha detto Gianrico Sarracco, Ict Innovation Lab di Unipol Sai – il problema è gestire la trasformazione di un sistema complesso, progettato tanti anni fa, ma in piena attività: è come – metaforicamente parlando – dover lavorare sul motore di una macchina mentre questa è in corsa”.

Lorenzo Romano, Responsabile It, Crm and Multichannel Area di Reale Mutua

Sulla stessa linea Lorenzo Romano, Responsabile It, Crm and Multichannel Area di Reale Mutua: “La difficoltà maggiore, quando l’azienda ha una lunga storia alle spalle, è gestire l’integrazione di una immensa mole di dati distribuita su tanti sistemi diversi”. Difficile è anche, quando si lavora su una molteplicità di strumenti già acquisiti, che si sono accostati l’uno all’altro nel tempo, lavorare in ottica multicanale in modo organico, dal momento che, come sottolinea Ivano Fossati, Director Business Development Cec-Emea di Hybris, “multicanalità non significa offrire al cliente la stessa esperienza attraverso tutti i canali, ma, quando si sceglie di fare un’azione, avere a disposizione una serie di canali, tutti allineati tra loro, su cui lavorare: il percorso del cliente deve rimanere uno solo”. Le complessità causate dal legacy hanno spinto alcune imprese, nell’attesa di capire come affrontare la problematica, a creare “ex novo” aziende parallele a quelle tradizionali, in modo tale da potersi muovere con agilità impostando sistemi e processi “da zero”, e orientandosi fin da subito a modelli di rapporto azienda-cliente one to one come quelli descritti.

Omar Imberti, Responsabile Marketing Operativo di Scame Parre

Omar Imberti, Responsabile Marketing Operativo di Scame Parre e Sarracco hanno anche sottolineato come fattore critico il fatto che le tecnologie big data, che abilitano questo “nuovo marketing”, siano ancora di frontiera: spesso le soluzioni non sono consolidate come l’enterprise si aspetta, e chi le adotta deve entrare nell’ottica, per renderle effettivamente utili, di dedicare tempo ed energie per integrarle con i processi aziendali.

Privacy: un terreno minato

Come ha detto Spiller: “Oggi curare i contenuti non è più sufficiente: l’offerta va contestualizzata”. Per essere competitivi vanno sfruttate le opportunità derivate dalla situazione favorevole in cui si può trovare (in un determinato tempo, in un determinato luogo) l’utente; è fondamentale per le aziende la capacità di cogliere il “right moment” per finalizzare l’azione di marketing. In questo senso, studiare la sua navigazione su Internet può essere estremamente prezioso; gli ospiti hanno discusso in particolare dei vantaggi che possono derivare dal sapere, quando un utente “atterra” sul sito aziendale, la sua provenienza e più in particolare come ha interrogato i motori di ricerca: significherebbe capire, da subito, di cosa l’utente ha bisogno.

Antonio Polimeno, Head of Digital, Channels Adm and Information and integration at Barclays Bank

La tecnologia, sfruttando in primis le informazioni contenute nei cookie, consente di farlo, ma le aziende potrebbero essere frenate nell’investire in questa direzione; le perplessità riguardano il tema privacy e compliance: come ha fatto notare Antonio Polimeno, Head of Digital, Channels Adm and Information and integration at Barclays Bank, “la paura è che vi sia attualmente un vuoto normativo in materia, dal momento che questo, come altri interrogativi legati alla gestione dei dati sensibili, sono nati solo da poco, parallelamente all’avanzare delle possibilità offerte dalle tecnologie”; siamo quindi di fronte, secondo il manager, a zone “grigie” da un punto di vista legislativo, dove ci si può oggi addentrare, ma che domani potrebbero essere regolamentate in modo più rigido, creando problemi a chi ha progetti già avviati. “Specialmente nelle realtà bancarie, generalmente è il reparto legal, spaventato dalle possibili sanzioni, a mettere i paletti – dice Fossati a questo proposito – mentre It e Marketing si dimostrano molto più ricettivi”. Sta di fatto che, come sottolinea Spiller, la questione privacy va inevitabilmente affrontata in modo costruttivo: “Nella misura in cui si tenta di mappare il customer journey il problema si pone, perché il valore aggiunto dato dal conoscere l’utente anche prima che questo acceda al sito aziendale, o che si identifichi registrandosi, e di connettere ciò che l’utente fa dopo la sua identificazione con tutto ciò che ha fatto prima, è estremamente alto”. Un obiettivo, il riuscire a collegare il mondo dell’anonimo con quello dell’identificato, non facile da raggiungere, che spinge spesso le aziende, a maggior ragione, a cercare di ingaggiare l’utente il prima possibile e a stimolarne l’identificazione per poter iniziare un più semplice percorso di avvicinamento.

I partecipanti all'Executive Dinner

Non crea invece particolari perplessità in tema privacy lo studio del percorso dei clienti all’interno del sito dell’azienda, anch’esso fonte di indicazioni preziose; lo ha ricordato Polimeno, che ha fatto anche notare che esiste la possibilità di limitare le proprie azioni in ottica “marketing customercentrico” solo ad alcuni clienti più preziosi per l’azienda, se è troppo complesso agire su larga scala rivolgendosi a tutta la clientela: “Fondamentale da questo punto di vista risulta essere l’integrazione con le informazioni derivate dal Crm, sfruttato in questo senso con la specifica funzione di selezionare i clienti ‘migliori’ a cui si intende riservare un trattamento personalizzato attraverso un journey costruito su misura”. I partecipanti hanno a questo proposito sottolineato proprio l’importanza di una corretta integrazione dei nuovi strumenti con il Crm, che deve evolversi in un portale, possibilmente cloud, che porti un effettivo valore aggiunto a chi lo usa, che sia rapido, in grado di interagire con i social media e, più in generale, “aperto” al dialogo con altri sistemi.

Aspetti culturali e organizzativi: perché è difficile voltare pagina

Dal punto di vista della cultura e dell’organizzazione aziendale, questi i nodi critici sottolineati dai partecipanti:

Silos organizzativi difficili da sradicare – Manca spesso un buon dialogo rispetto a questi temi: è un aspetto che risulta evidente ai vendor – come testiomonia Hybris – che notano come le varie figure aziendali, di fronte alla proposta di aprirsi a progetti di marketing multicanale, invece che rispondere in modo allineato, manifestano ognuno punti di vista e intenzioni differenti. Il problema si manifesta anche sul piano della di condivisione di dati: “I nuovi strumenti sul mercato sono dei fattori abilitanti che mi rendono capace di fare cose che la tecnologia tradizionale non permetteva di fare; ma sono le persone il più grande problema delle aziende, italiane e non, perché i silos, prima che nei dati, sono nell’organizzazione delle imprese”, dice Sarracco, che fa quindi notare come i reparti aziendali, e chi si occupa di mass marketing in particolare, spesso siano poco propensi a condividere i propri dati con altri team: “Senza questo spirito di collaborazione non può esserci multicanalità perché se l’azienda vuole avere una visione olistica del cliente deve poter sapere quello che gli succede in ogni fase del suo percorso”.

Gianluca Ambrogi, Application manager di Deutsche Bank

Che i vecchi modelli siano difficili da sradicare lo testimonia anche Gianluca Ambrogi, Application manager di Deutsche Bank, che fa notare come i forti investimenti fatti sul digitale non corrispondano sempre a un’altrettanto importante evoluzione in chiave multicanale: “Quando un’azienda ha una lunga storia alle spalle, cambiare i modelli organizzativi diventa un processo davvero lungo e complesso e il marketing di massa rimane così privilegiato, anche quando ci si rivolge ai clienti già acquisiti [e dunque meglio conosciuti -ndr]. ”.

La paura del momento disruptive – Molti degli ospiti presenti alla Tavola Rotonda, hanno individuato nei timori legati alla gestione del momento disruptive il problema maggiore: “C’è una forte paura di svoltare, un rifiuto del momento disruptive”, ha detto Fossati. Sarracco ha parlato a questo proposito della difficoltà (giustificata anche dai motivi tecnologici sopra descritti) di gestire quello che definisce il “Big bang”, inteso come il momento in cui l’azienda, anche quella più complessa e con una lunga storia alle spalle, si libera definitivamente dai freni dalle tecnologie tradizionali per “voltare pagina”, sfruttando tutte le possibilità che questo nuovo marketing customercentrico offre.

Luigi Pignatelli, Ict Manager di Carl Zeiss Vision

Luigi Pignatelli, Ict Manager di Carl Zeiss Vision, sottolinea la necessità di lavorare sul Change Management, di adottare cioè un approccio strutturato per gestire la transizione dall’assetto corrente a quello auspicato, tenendo presente che la vera rivoluzione avverrà a suo parere quando le nuove generazioni prenderanno il controllo delle aziende; nell’attesa, come è stato sottolineato, preziose possono essere azioni di “reverse coaching”: giovani nativi digitali che affiancano da coach i manager nel familiarizzare con strumenti e concetti informatici di “nuova generazione”.
Culturale è anche il problema della paura, da parte del canale distributivo, della disintermediazione che questo nuovo rapporto privilegiato azienda-cliente può provocare: “Il canale è geloso dei propri dati e teme di risultare penalizzato da questa trasformazione – dice Pignatelli – Ma non siamo in ogni caso noi ad aver scelto: è la società che cambia e che traina inevitabilmente verso questa direzione”.

• Le giuste persone “attorno al tavolo” – Rilevante è poi il tema competenze: “Spesso nelle banche ci sono poche competenze interne e si lavora molto con i consulenti”, dice Ambrogi, che quindi sottolinea come le realtà che si muovono con successo verso il marketing multicanale e verso la digitalizzazione in generale, hanno invece generalmente in casa le persone con gli skill necessari. Quando l’organico è ampio, va però studiato con attenzione: “Bisogna saper invitare i giusti attori attorno la tavolo – dice Spiller – Molto spesso si finge di non vedere che esistono dei modi per iniziare a muoversi verso la multicanalità, sfruttando risorse vicine, interne, nell’attesa di riuscire a portare in casa tutte le competenze necessarie a lavorare in modo ottimale”.

Andrea Arrigoni, Head of IS business partner di Sanofi

• Abituarsi al giudizio degli utentiAndrea Arrigoni, Head of IS business partner di Sanofi, sottolinea infine, conseguenza diretta della tenenza customercentrica in atto, come le aziende siano oggi oggetto di critica e giustizio, positivo e negativo, da parte dei clienti, e debbano dunque entrare nell’ottica di accettare – e di trovare gli strumenti giusti per gestire – un confronto alla pari e trasparente con gli utenti, confronto che tipicamente si svolge nell’”arena” dei social network.


Hybris: conoscere a fondo il cliente

Secondo il Cmo Study 2014, realizzato da Ibm e commentato da Hybris durante l’evento, il 54% degli addetti alle vendite concorda sul fatto che i clienti chiedono una esperienza digitale migliore, specialmente in ambito social e mobile, e di fatto ben il 70% dei clienti intervistati si aspetta un rapporto one-to-one con l’azienda; tuttavia il 95% di queste ultime non è sicura di stare effettivamente offrendo questo tipo di servizio. Come ha detto Ivano Fossati, Director Business Development Cec – Emea di Hybris: “Le aspettative dei clienti rispetto al tema della personalizzazione crescono, ma le organizzazioni non sono in grado di soddisfarle”. È questo il margine di miglioramento su cui si può agire: la suite Hybris Marketing vuole offrire alle aziende una conoscenza più approfondita dei propri clienti, per arrivare a sapere come si sono comportati finora, come potrebbero comportarsi in futuro e come si stanno muovendo al momento. La soluzione elabora le informazioni sul contesto in cui si trova ogni utente in tempo reale, quindi sfrutta questi dati per fornire l’“experience” che si aspettano. Le soluzioni di Hybris consentono, sfruttando la multicanalità, di supportare le aziende nelle fasi di: 1) acquisizione e ingaggio del cliente, facendo in modo che, sfruttando i social in primis, si crei un forte legame al brand, incentivato da attività, iniziative e promozioni rivolte alla community; 2) monetizzazione, attraverso esperienze di acquisto personalizzate e capaci di sfruttare real time la contestualità; 3) advocacy, ovvero comprensione e gestione del cliente che sui canali social si esprime in merito al brand.

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