Riusciranno le fatture B2b a digitalizzare le imprese italiane?
Dal 1° gennaio 2019 potrebbe aprirsi una nuova breccia nella resistenza culturale di tante aziende in Italia alla digital economy. E, soprattutto, delle Pmi.
Il panorama attuale, di fatto, è tutt’altro che lusinghiero per la terza economia UE post Brexit: anche nel 2018, l’Italia risulta al 25° posto nel ranking complessivo della competitività digitale del Desi-Digital Economy and Society Index – stilato dalla Commissione Europea – dietro Ungheria e Polonia, e davanti soltanto a Bulgaria, Grecia e Romania. Un po’ meglio va nell’area dell’Integrazione delle tecnologie digitali, dove il nostro Paese sale al 20° posto, e proprio grazie alla crescente diffusione della fatturazione elettronica, richiesta dalla Pubblica Amministrazione.
“Ci troviamo senz’altro di fronte a un Sistema Paese tuttora arretrato sul fronte della digitalizzazione e ancora poco propenso ad attrezzarsi per affrontarla – commenta Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e eCommerce B2b della School of Management del Politecnico di Milano –: le ricerche condotte per l’ultima edizione dell’Osservatorio attestano che circa metà delle imprese nazionali – 59% delle grandi imprese e 45% delle Pmi – investe meno dell’1% del fatturato in progetti di digitalizzazione. E se ben un quarto delle Pmi dichiara esplicitamente il proprio disinteresse verso la digital transformation, anche nei restanti tre quarti non è sempre chiaro quanto e come l’attenzione dichiarata si traduca in prassi e operatività”.
L’analisi dell’impatto FE nel nuovo Osservatorio
L’edizione 2018-2019 dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica ed eCommerce B2b s’è già rimessa in moto a ottobre, con l’obiettivo prioritario di analizzare l’impatto dell’obbligo di fatturazione elettronica tra privati in Italia, ma inserito per di più in un contesto europeo.
Nel fitto programma dell’Osservatorio – articolato in numerosi workshop e in una survey ad ampio raggio, fino al convegno finale di presentazione della ricerca il 27 giugno 2019 – figurano la quantificazione dello scambio documentale tra privati in Italia (in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate), una panoramica aggiornata sulla diffusione dell’obbligo di fatturazione elettronica B2c e B2b, il confronto sui processi operativi della fattura elettronica tra Francia, Portogallo e Italia, l’impatto dell’introduzione dello standard Peppol-Pan European Public Procurement On Line.
Sempre in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate, è prevista anche un’analisi dei modelli di fatturazione elettronica che si stanno affermando sul mercato, con una specifica verticalizzazione nell’ambito delle Pmi. Né mancherà un monitoraggio dell’evoluzione normativa in materia di fatturazione elettronica, conservazione digitale, dematerializzazione documentale e digitalizzazione dei processi lavorativi e di relazione (a monte e a valle) per intercettarne gli impatti sull’operatività aziendale.
Per capire meglio l’impatto sui principali processi B2b del passaggio dalla gestione di documenti a quella di flussi di dati, s’intende procedere anche a un riesame del processo di pagamento B2b, degli attori coinvolti, degli strumenti utilizzabili e degli effetti generati dall’obbligo dopo il 1° gennaio 2019, nonché identificare i nuovi servizi abilitati dalla disponibilità dei dati della fatturazione elettronica (tra cui controllo di gestione, credit management, modelli di gestione dei fornitori, previsione dei flussi di cassa, ecc.). E oltre a un monitoraggio della diffusione delle soluzioni di digitalizzazione (Edi, Extranet) in Italia, è in calendario anche un censimento delle piattaforme cloud per la gestione dei progetti collaborativi tra aziende.
“Se già l’indagine dell’Osservatorio 2017-2018 – aggiunge Rorato – si era concentrata sulle leve che aiutano le aziende a entrare nella logica della digitalizzazione e sulle barriere che le ostacolano, ora si vogliono approfondire ancora di più, per capire quali sono le motivazioni, al di fuori di ogni razionalità gestionale e imprenditoriale, che portano anche a rinunciare a un risparmio certo sul ciclo di fatturazione. Scopo della nostra ricerca, quindi, è anche quello di affinare la definizione di ‘arretratezza culturale’ e di specificare i comportamenti adottati o rifiutati in cui essa si traduce”.
La reazione delle aziende ‘partite’ il 1° luglio 2018
Com’è noto, una prima fase di ‘rodaggio’ dell’obbligo di fatturazione elettronica tra privati è già scattata a partire dal 1° luglio scorso, sia pure limitata alle aziende attive nel commercio di benzina per i veicoli di autotrazione e ai subappaltatori nella filiera degli appalti pubblici.
“I segnali arrivati in questi primi mesi dalle imprese del settore petrolifero coinvolte in tale anticipo – nota Rorato – sono sostanzialmente positivi. Dopo qualche ‘mal di pancia’ nelle settimane d’esordio per l’adozione delle nuove procedure, c’è già qualche azienda che, ormai a regime con la fatturazione elettronica, sta pensando a come ricavarne ulteriori benefici e a digitalizzare ancor di più i processi interni”.
Da parte sua, l’Unione petrolifera – l’associazione delle aziende italiane della filiera del petrolio – ha sostenuto per tempo e da vicino, in questo passaggio, le imprese associate, organizzando corsi di formazione e workshop, offrendo consulenze e soluzioni informatiche e attivando anche nuovi servizi di assistenza.
“Il leit motiv – sottolinea Rorato – dovrebbe sempre essere questo: la fatturazione elettronica non è un documento fiscale, ma un momento organizzativo. In tal senso, il supporto delle associazioni di categoria è determinante: è importante che riescano ad attivare presso le imprese associate un programma di sensibilizzazione, formazione, informazione e sostegno, nonché di continuo incoraggiamento in modo che le aziende recepiscano meglio e da subito i benefici della fatturazione elettronica, non la vivano per lo più come un problema e un obbligo di legge, e non la considerino un costo, ma un investimento”.
Peraltro, anche le imprese che dal 2014 hanno dovuto attivare la fatturazione elettronica con la PA, hanno preso confidenza in tempi brevi, imparando ad apprezzarne i vantaggi sia in termini operativi che di costi.
“Adesso in molte aziende – nota Rorato – si manifesta soprattutto una certa difficoltà ad abbandonare l’attuale ‘zona di conforto’ e a innescare un cambiamento di abitudini senza capirne bene le ragioni e i benefici che ne potranno derivare. Ma una volta appreso il funzionamento, molte inquietudini si dissolvono: proprio per questo, se già non l’hanno fatto, suggerirei alle imprese di cimentarsi, in quest’ultimo mese di countdown, in una simulazione delle procedure di fatturazione elettronica per comprenderne meglio il meccanismo, magari ricorrendo anche al supporto di provider tecnologici o dei suggerimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate”.
Obiettivo Pmi: chi ben comincia, risparmia prima
Prima si comincia, meglio è: soprattutto se nell’attuare la fatturazione elettronica B2B, il management aziendale coglie l’occasione per ridisegnare i propri processi interni – a cominciare da quelli amministrativi – e valorizzare la relazione con fornitori, clienti e intermediari, passando dalla classica gestione “per documenti” a una gestione per “flussi di dati” e dalla dematerializzazione di un documento alla digitalizzazione dell’intero ciclo ordine-pagamento.
“In ambito amministrativo-fiscale – riassume Rorato – la tecnologia può supportare le esigenze delle aziende in più direzioni: nella circolazione delle informazioni e nella sua tempestività, in un approccio datacentrico sempre più evoluto e in un progressivo allineamento delle aziende con gli stakeholder della supply chain e dell’ecosistema: fornitori, clienti, banche, PA, ecc. Se si aumenta il livello di competenza nell’ambito del controllo di gestione, di credit management, di valutazione dei fornitori, si alzerà poi anche l’asticella della qualità dei dati a disposizione e di quelli utilizzati, favorendo l’adozione di applicazioni più sofisticate, di business intelligence, di intelligenza artificiale, Big Data”. Queste ultime, ovviamente, per realtà più mature e strutturate.
Senza contare i vantaggi in termini di costi: secondo le stime dell’Osservatorio, i risparmi derivanti dall’introduzione della sola fattura elettronica strutturata oscillano tra i 5,5 e gli 8,2 euro per fattura, mentre la digitalizzazione dell’intero ciclo dell’ordine varia tra 25 e 65 euro per ciclo.
“Soprattutto nell’ambito delle microaziende, e quindi delle ditte individuali o familiari – sottolinea Rorato – è importante il ruolo di rassicurazione e di accompagnamento delle figure professionali – commercialisti, fiscalisti ecc – e delle associazioni di categoria. Possono svolgere una duplice attività di sensibilizzazione e d’incoraggiamento anche per quelle microimprese che non rientrano nelle categorie obbligate dal 1° gennaio prossimo. Anche per loro sarebbe utile l’uso della fattura elettronica, soprattutto se hanno a che fare con aziende che rientrano tra I soggetti obbligati. Solo così potranno evitare di dover gestire un doppio binario contabile e amministrativo. Anche nel loro caso, dalla diffusione della fatturazione elettronica potrà derivare una maggiore competitività delle aziende stesse, perché i processi interni diventano più efficienti, si accorciano i tempi di lavorazione, con minor dispendio di risorse finanziarie con un probabile aumento della marginalità”.