L’it attraverso il business degli studi professionali

Attività sempre più tecnologico-dipendenti in presenza di un mercato frammentato e conservatore, che fa

i conti con budget limitati di spesa. AI professionisti, comunque, l’adozione di nuove tecnologie si impone

Pubblicato il 09 Apr 2005

Le statistiche affermano che in Italia ci sono quattro milioni di professionisti, una cifra doppia rispetto la media dei paesi occidentali. Una categoria, o meglio una macro-categoria (perché coinvolge diverse professionalità: notai, avvocati, consulenti del lavoro, commercialisti, medici e altro ancora) estremamente radicata nella Penisola.

“In Italia abbiamo un avvocato ogni 430 abitanti, un rapporto che in Germania è pari a uno su 740, in Francia equivale a uno su 1.640 e a uno su 6 mila in Gran Bretagna”, spiega Gian Luca Petrillo, consigliere per Internet del Ministero delle Comunicazioni, “se parliamo di commercialisti, invece, ne abbiamo uno ogni mille abitanti o uno per 90 imprese. Anche in questo caso nel resto dell’Unione Europea i parametri sono più elevati”. I dati citati da Petrillo sono il frutto di un’indagine in seno al progetto “Agire Digitale”, un’iniziativa che si propone di promuovere l’adozione delle banda larga e delle applicazioni Internet-based da parte del mondo dei professionisti, attraverso un coinvolgimento diretto degli Ordini professionali di riferimento (Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurgi e Odontoiatri, Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense e Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti). Il progetto è promosso e sviluppato dalla Fondazione Ugo Bordoni (www.fub.it) ed è stato approvato dal Comitato dei Ministri per la Società dell’Informazione su proposta del Ministero delle Comunicazioni (si vedano nel riquadro alcuni dati quantitativi). Gli obiettivi del progetto vanno dall’opportunità rappresentata dal colmare la distanza tra domanda e offerta, alla definizione o ridefinizione dei contenuti e delle applicazioni dei servizi Internet, individuando e indirizzando le esigenze tecnologiche in termini di posta certificata, firma digitale, protezione anti-intrusione per i Pc e, più in generale, di sicurezza informatica. Ma ci sono anche problematiche come l’uniformare applicazioni e tecnologie alle direttive e agli standard internazionali, fino all’identificazione degli attori del processo di adozione virtuosa delle nuove tecnologie, contribuendo alla loro diffusione nel territorio.

“Se vogliamo costruire un mercato digitale competitivo, dobbiamo avere utenti capaci di esprimere valori rilevanti”, sottolinea Guido Salerno, direttore generale della Fondazione Ugo Bordoni, “in tal senso la larga banda rappresenta un vettore di sviluppo irrinunciabile, capace di aumentare la competizione tra gli attori, migliorare i servizi offrendo nuovi vantaggi ai professionisti e ai loro clienti. Il tessuto produttivo del Paese è polverizzato; il progetto si propone di tessere un nuovo ecosistema di relazioni per garantire sviluppo e competitività”.

Un mercato parcellizzatoin via di associazione
Come si scrive in apertura, il mercato dei professionisti è esteso e frammentato, basti pensare che se ne contano oltre 500 mila tra medici, avvocati e commercialisti, iscritti agli ordini di riferimento.
Un esercito di specialisti che sfugge alle analisi statistiche, tanto che non esiste ancora una vera e propria valutazione dei confini di questo mercato. Forse perché fino a pochi anni fa non era un comparto appetibile, o meglio, interessato all’adozione delle tecnologie informatiche. Tuttavia, da un po’ di anni a questa parte la tendenza è cambiata: da una parte, la spinta data dai progetti di e-governement con la trasformazione del rapporto tra cittadino, imprese e istituzioni in un modello telematico, dall’altra l’accresciuta complessità delle attività di consulenza, nonché la trasversatilità delle competenze richieste dai clienti degli studi professionali, stanno modificando il rapporto di questi soggetti con le nuove tecnologie.
Come spiega Gabriele Comuzzo, manager Bain & Co. (www.bain.com): “Per offrire servizi a valore aggiunto o attività correlate ai servizi principali è in atto una concentrazione degli studi. Un’evoluzione spinta dalla ricerca di sinergia dei professionisti, oltre che dalla condivisione dei clienti e dalla possibilità di ampliare la gamma di attività in seno a uno studio”.
Un modello che si avvicina all’idea anglossassone degli studi professionali, dove lo studio associato è una realtà da sempre.
Sicuramente, in Italia il processo è solamente all’inizio del suo percorso, tuttavia, è una tendenza da non sottovalutare, in quanto amplifica le esigenze informatiche e, soprattutto, le diversifica.
“I professionisti stanno evolvendo verso un modello di consulente d’azienda – afferma Comuzzo – è un mercato che ha rappresentato una rendita costante per i fornitori di tecnologie specializzate. Va però sottolineato che la componente servizio in questo contesto è sempre più importante, anche solo per andare verso una modalità di outsourcing. In ogni caso, oggi, c’è uno scarso ricorso all’Asp o all’outsourcing stesso ma sono modalità destinate a crescere in futuro, in quanto siamo in presenza di un settore un po’ reticente al cambiamento. E per lo sviluppo occorre farne percepire il valore”.Per capire quali siano le principali esigenze informatiche e il ricorso all’It degli studi professionali, ZeroUno ha messo a confronto i player di questo mercato.“Ci sono molti fattori che hanno portato a una accelerazione del fabbisogno di soluzioni informatiche all’interno degli studi: per i commercialisti l’esigenza primaria è la gestione degli adempimenti fiscali e contabili, che comporta l’automazione dei processi e delle attività, sulla spinta delle sollecitazioni da parte del Ministero (invio telematico, privacy, firma digitale, rapporti con la Pa, eccetera). In questi ultimi anni, l’inasprirsi del clima competitivo, l’aumento deciso dell’associazionismo tra studi ha portato una maggiore attenzione anche a temi quali l’organizzazione dello studio, il controllo di gestione, la gestione del cliente, che richiedono soluzioni informatiche adeguate alla realtà del mondo professionale – introduce Fabio Giuccioli, marketing manager business unit Fiscale Software Osra Ipsoa Pragma www.ipsoa.it, www.osra.it, www.pragma.it). A tutto ciò occorre aggiungere il crescente bisogno di gestire tempi e risorse nel segno dell’efficacia e dell’efficienza, riducendo al minimo la dispersione di ‘energia’ nella gestione dei flussi di lavoro. In quest’ottica appare interessante la prospettiva di soluzioni gestionali per lo studio capaci di rispondere sia alle esigenze operative (adempimenti e analisi) sia a quelle informative (recupero delle informazioni come supporto alle decisioni). Per gli studi legali, invece, la priorità è la gestione dei testi e del tempo (scadenze e pratiche): per questo sono nate soluzioni che offrono agli avvocati strumenti per la gestione documentale e/o per l’organizzazione dello studio”.Secondo Luigi Lombardi, marketing operativo Professionisti di Sistemi (www.sistemi.com), le esigenze che stanno emergendo si possono raggruppare sotto tre titoli: integrazione, comunicazione, mobilità. L’integrazione intesa sia tra le procedure informatiche utilizzate in studio, sia tra lo studio e l’azienda, che significa anche la possibilità di accedere in modalità remota alle applicazioni utilizzate. La comunicazione da intendersi sia interna, tra i componenti dello studio, sia verso l’esterno. E sotto questo capitolo rientrano la condivisione dei documenti: siti web, archivi online, circolari, ma anche l’invio di fax e di posta elettronica integrato con gli strumenti di produzione dei documenti. Nel caso della mobilità, invece, assistiamo a un aumento della necessità del professionista e dei collaboratori. L’accesso al patrimonio di dati e documenti dello studio deve potere avvenire attraverso connessioni web, e si richiede la sincronizzazione con notebook, palmari e, perché no, smartphone. Un’altra esigenza, di cui gli studi professionali non sono abbastanza consapevoli, è la sicurezza informatica. Esigenza posta proprio dalla necessità di maggiore apertura della rete informatica dello Studio verso l’esterno .

Dimensioni degli studie investimenti in tecnologie
In un tale contesto sorge spontanea la domanda di quale possa essere la capacità di investimento di un settore che, come sappiamo, è frammentato e parcellizzato in realtà di dimensioni ridotte. “Va da sé che gli studi più grandi abbiamo esigenze maggiori, anche in conseguenza del fenomeno di questi anni ossia la concentrazione in studi associati che, di conseguenza, aumenta sia le complessità sia la capacità di investimento – spiega Stefano Matera, direttore commerciale e marketing TeamSystem (www.teamsystem.com) – Un’ulteriore conseguenza di questo scenario è la maggior richiesta di controllo della gestione commerciale degli studi. E le soluzioni applicative vanno in questa direzione”.Gli investimenti per le tecnologie sono ritagliati sulle dimensioni degli studi, suggerisce Stefano Iori, responsabile sviluppo mercato paghe e personale di Dylog Italia (www.dylog.it): “Riferendoci alle nostre specifiche aree di intervento, ovvero commercialisti e consulenti del lavoro, certamente questi operatori sono dimensionati sulle reali esigenze di ogni singolo studio, ma anche gli studi molto piccoli si devono dotare di strumenti informatici. Non esiste più il professionista che fa tutto a mano e non esistono più le dichiazioni dei redditi su carta. Ormai, tutte le comunicazioni formali agli enti devono essere trasmesse telematicamente e gli studi devono essere in grado di farlo”.

Nuovo modello commerciale
Per concludere, cerchiamo di capire quale modello commerciale (licenza tradizionale, Asp, on demand, outsourcing e via dicendo) incontra il maggior favore di questo speciale pubblico di utenti. Nonostante, il modello dell’application service providing non sia totalmente decollato in Italia, va sottolineato che in questo particolare comparto il ricorso all’on demand potrebbe dare un forte impulso all’utilizzo di nuove tecnologie, soprattutto in presenza di una sempre più forte accelerazione verso un concetto telematico di relazione con gli enti e gli apparati statali. Si pensi solamente ai modelli adottati nelle altre nazioni dell’Unione Europea, dove il rapporto con lo Stato è fortemente, se non totalmente, automatizzato. “C’è molto interesse verso il concetto di Asp, un interesse che però rimane tale – dice Elisa Furlanetto, product manager di Passepartout (www.passepartout.com) – si va verso modelli tradizionali con possibilità di lavorare in remoto”. “Inaz è entrata nel mondo dell’elaborazione delle paghe perché alcuni clienti hanno deciso di passare al concetto di service – spiega Linda Gilli, presidente di InazPaghe (www.inaz.it) – ma la situazione è molto varia: c’è Asp, licenze e via dicendo. Le software house devono quindi essere pronte a rispondere a esigenze composite”. Per Gabriele Magi, product manager Soluzioni per Professionisti di Esa Software (www.esasoftware.it) è ancora presto parlare di Asp per questa categoria: “desiderano avere tutto in casa, anche se per esempio dal punto di vista della sicurezza i fornitori It potrebbero offrire loro un maggiore controllo”. “È un’idea che sta nascendo – dice Enrico Busani, amministratore delegato di Zucchetti SpA (www.zucchetti.it), divisione Professionisti – anche la spinta delle istituzioni li ha messi in condizione di avere un approccio telematico che apre a concetti meno tradizionali rispetto al passato”. Per Matera, invece, “l’application service providing trova un suo target naturale negli studi più piccoli, dove può generare risparmi sui costi. Bisogna anche segnalare che, nel mondo dei professionisti, il concetto di tecnologia si evolve lentamente”.

FORNITORI E UTENTI: CAPIRSI MEGLIO
Nell’indagine relativa all’adozione della banda larga, inserita nel progetto “Agire Digitale” del Ministero delle Comunicazioni, nel confronto tra un campione della domanda e dell’offerta emerge quanto le imprese Isp non abbiano compreso del tutto esigenze e priorità in materia di utilizzo della banda larga da parte del comparto degli studi professionali. Infatti, mentre la maggioranza dei fornitori dell’offerta (63%) ha individuato nella ricerca di visibilità la prima esigenza dei professionisti, la necessità espressa dagli utilizzatori (in misura variabile tra i diversi ordini ma, comunque, compresa tra il 63% dei commercialisti e il 71% dei medici) è disporre di efficaci strumenti di accesso a informazioni e comunicazione, interna ed esterna. Analoga divergenza si manifesta anche nell’individuazione delle priorità in termini di vantaggi attesi dalle tecnologie adottate: i fornitori ritengono che i professionisti scelgano pragmaticamente sulla base del rapporto costi benefici, la priorità per gli utenti è dotarsi di strumenti semplici e usabili, con scarso interesse per servizi web evoluti. Emerge quindi la necessità di un dialogo più diretto tra fornitori e utenti.

L’ACCESSO VELOCE ALLA RETE
“Molti degli studi sono composti da pochi professionisti – dice Gian Luca Petrillo, consigliere per Internet del Ministero delle Comunicazioni – nel 90% dei casi sono formati da tre professionisti. Il Ministero, come tutta l’amministrazione pubblica in generale, sostiene lo sviluppo della banda per avviare appieno il modello di rapporto telematico, e vorremmo che se ne facessero uso. Basti pensare che lo studio indica che se l’84% dei commercialisti italiani dispone già oggi di un collegamento banda larga, è solo il 44% nel caso di medici e avvocati. Agendo con gli incentivi sulla domanda, le connessioni sono passate dalle 300 mila del 2001 ai 4 milioni registrati nel 2004”. La politica va nella direzione di avviare meccanismi per accrescere le tecnologie legate al collegamento veloce al web, tanto che all’interno di Sviluppo Italia è stata costituita la società di scopo Infrater, nei cui piani operativi c’è la realizzazione di ‘autostrade telematiche’ in quelle aree del Paese non ancora raggiunte dalle infrastrutture di banda larga.

NON SOLO SOFTWARE, MA SERVIZI
È innegabile che gli aggiornamenti, i nuovi regolamenti e le leggi trainano i servizi, assurti di diritto a vera base di partenza nel rapporto tra fornitori It e utenti. “Il servizio è la chiave di questo business e non è un semplice accessorio al software – dice Busani di Zucchetti – il prodotto software deve essere correlato da diverse tipologie di servizio, dalla formazione e dagli aggiornamenti che aumentano la fidelizzazione del cliente”. “Non si parla più di prodotti – gli fa eco Magi di Esa Software – ma di una serie di soluzioni che forniamo a corredo dell’applicativo. Un chiaro esempio è l’e-learning. Infatti, la nostra figura è cresciuta e la visione si colloca in un contesto più globale”. Il concetto di servizio è imprescindibile anche per Furlanetto di Passepartout: “Per le software house significa investimenti in competenze ed esperienza. Gli stessi rivenditori devono essere formati sia dal punto di vista tecnico sia da quello fiscale e organizzativo per aumentare la qualità del servizio offerto”. Specializzata in soluzioni per consulenti del lavoro e nel mondo delle paghe e contributi, Inaz sottolinea che “nel nostro ambito possono convivere sia software standard sia soluzioni personalizzate e verticalizzate – dice Gilli di Inaz Paghe – Va però detto che per quanto riguarda il mercato specifico non tutti stanno investendo. Forse si pensa che nell’amministrazione del personale si possa andare avanti con soluzioni anche obsolete, tuttavia l’ambito è chiamato a contribuire alla soluzione delle problematiche che vivono le aziende, per cui si rileva un certo bisogno di innovazione tecnologica”.

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