Intervista

Salesforce, partner e clienti: un “ménage à trois” che funziona

Intervista con Marco Marcone, Director & Lead Alliances and Channel Italy di Salesforce, per parlare del canale, delle logiche di gestione, dei rapporti con i clienti e delle figure orientate a disegnare, in un corretto equilibrio a tre, progetti Crm di qualità. Strategie, aspettative, punti critici

Pubblicato il 10 Ott 2018

Foto di Marco Marcone

SAN FRANCISCO – A margine del recente Dreamforce 2018, l’evento internazionale di Salesforce che ha riunito a San Francisco circa 170 mila persone tra clienti, partner, analisti e stampa, abbiamo approfondito con Marco Marcone, Director & Lead Alliances and Channel Italy di Salesforce, strategie, prospettive e anche criticità legate all’evoluzione di un elemento fondamentale nello sviluppo del business della società quale è appunto il canale e la rete dei partner. Salesforce è oggi una realtà da oltre 10 miliardi di dollari di fatturato, in rapida crescita sulla spinta di un mercato, quello delle soluzioni Crm in cloud (di cui la società è indubbiamente il numero 1) che rappresenta la risposta fondamentale delle imprese alla loro necessità di una relazione più intima, di maggiore conoscenza del cliente. L’obiettivo è sviluppare tecniche di marketing & sales one-to-one, attingendo ad Insight di valore, spesso proposti, nella piattaforma Salesforce, da tecnologie di AI e di machine learning. Un Crm evoluto, con meccanismi di ingaggio e coinvolgimento del cliente, funzioni di governance delle strategie di vendita e tuning continuo delle proposte da indirizzare a specifici cluster di clienti. Un modello di Crm dove la vendita è una fase, certamente importante, di una relazione continuativa, bidirezionale con il cliente, correttamente pesata e governata, che va spesso oltre la semplice transazione economica. Tutto questo è garantito oggi da un portfolio di servizi cloud che è stato da poco arricchito funzionalmente (vedi articolo Salesforce: un CRM a misura di cliente e di valori e anche Salesforce, il numero 1 del CRM sposta in avanti il limite) e che si riversa sulla rete dei partner Salesforce perché questi siano in grado di disegnare correttamente le soluzioni per (e insieme) ai clienti.

Foto di Marco Marcone
Marco Marcone, Director & Lead Alliances and Channel Italy di Salesforce

ZeroUno: Cominciamo da una fotografia di base della vostra rete di partner. Come sono strutturati e quanti sono?

Marco Marcone: E’ il classico modello di canale dove inquadri i partner locali e internazionali in base alla loro performance in almeno tre aree: primo, quanta influenza hanno sul mercato (il volume di affari); secondo, il livello delle competenze, che è per noi la componente più importante valutata per numero di persone certificate ed esperienze sul territorio; terzo, la loro qualità progettuale. Quando un partner termina un progetto, lo registra nel nostro portale e il cliente riceve da noi un questionario di valutazione sul livello di relazione avuto e sullo svolgimento del progetto. Su questo punto siamo esigenti: il partner deve garantire un risultato minimo di 8.4 su 10 all’anno per rimanere nel nostro programma. In questo scenario si muove un mix di partner locali italiani e internazionali che compongono oggi un ecosistema di circa 60 aziende, da piccole realtà con 15-20 dipendenti fino alle multinazionali con centinaia di persone dedicate a Salesforce nelle loro practice. Una decina di realtà si muove sulla parte alta del mercato, anche se in questo momento non disdegnano anche i nomi della media impresa italiana che rappresentano per loro un’opportunità per sperimentare soluzioni e affinare modelli e modalità di disegno, farsi importanti referenze con nomi illustri del made in Italy; 20-25 partner operano nella media impresa e il resto è un subset di partner che lavora sulla piccola impresa o sono nuovi e stanno incominciando a posizionarsi. Sono distribuiti sul territorio in modo non ancora omogeneo; però, oltre naturalmente a un ecosistema molto ricco tra Nord-est, Lombardia e Piemonte, abbiamo partner in Puglia, a Roma, nelle Marche… e ci stiamo espandendo…


ZeroUno: Come orchestrate l’approccio al mercato con queste differenti tipologie di partner?

Marcone: Dobbiamo partire da un fatto: questa è una fase di trasformazione importante per Salesforce, un’azienda che sta crescendo molto velocemente, anche in Italia. In questo scenario, per noi è fondamentale che la formazione dei partner sia rapida, facile da gestire, non costosa o a costo zero e sia “democratica”, cioè consenta l’accesso a percorsi importanti di formazione indipendentemente dalla dimensione del partner. Il modello del Trailhead (un portale Salesforce di training on line con moduli formativi, video demo, documentazione tecnico-implementativa di ogni tipo su tutti i servizi cloud della società – ndr) e la partner community, ci permettono di dare accesso completo alla formazione tecnica per ogni tipologia di partner, garantendogli la possibilità di nuove proposte progettuali sempre più complete e articolate.


ZeroUno: Questo è un passaggio obbligato per arrivare alla certificazione?

Marcone: Il corso non è obbligatorio, però è fortemente consigliato. Sia per abbattere i costi delle partnership sia per non rallentare il processo di crescita, nostro e del partner, che per noi in questo momento è fondamentale.


ZeroUno: Qualche nome?

Marcone: Tra i più grandi, i classici nomi, Deloitte, Accenture, PWC, anche IBM, NTT Data; poi realtà locali importanti come Engineering, Reply, Jakala Valuelab e poi tutta una serie di partner, tra cui quelli storici come Atlantic, Alpenite, Enigen, Ten…


ZeroUno: Veniamo a un punto molto critico: come disegnare correttamente un portfolio di servizi che sia utile all’azienda cliente per supportare adeguatamente una propria strategia di Crm? Se non ci sono oggi nelle imprese utenti processi adeguati, qualità dei dati, integrazione organizzativa, il tutto risulta essere molto complicato. Quali sono le figure che possono aiutare il cliente nella messa a punto di un ambiente Salesforce efficace? E’ un punto delicato; la storia insegna come i partner siano propensi a mantenere i clienti all’interno della propria dimensione di controllo e sia difficile un trasferimento “fluido” tra vendor-partner-cliente e viceversa….

Marcone: Innanzitutto, per come sono strutturate alcune certificazioni, cerchiamo di dare anche la metodologia corretta ai partner per far sì che implementino Salesforce come si deve, cioè attraverso una fortissima vicinanza al business. Oggi le aziende chiedono deliverable e un time to market-time to value molto brevi, per cui è fondamentale sedersi al tavolo con il business, fare del co-design basandosi su una metodologia Agile, disegnando con un approccio prototipale il corretto ambiente Crm finale.

C’è poi un altro aspetto fondamentale. Salesforce è un’azienda che vende servizi e un servizio, in quanto tale, va rinnovato. Per noi è vitale che questo accada. C’è quindi un team all’interno di Salesforce, chiamato Customer Success, che ha al proprio interno una componente di servizi professionali per una “sana coesistenza” con il partner, (e per verificare che operi bene – ndr), per creare una relazione di partnership tra noi, il partner e il cliente finale, con ruoli molto ben definiti: c’è una netta divisione tra quello che fa Salesforce e il lavoro (e il business) del system integrator; non ci sono situazioni di competition tra le due parti ma di collaborazione spesso richiesta dallo stesso partner. Ad esempio, se noi ci occupiamo di avviare il progetto con la corretta metodologia, o di quality assurance, di gestione e supporto al cliente e al partner, per far sì che il progetto sia di successo, è qualcosa che è utile e di valore per tutti.

Ci sono inoltre delle figure Salesforce, parte sempre di questo team, che sono risorse comprese nel costo di servizio che il cliente paga: hanno il compito di fare un po’ da guida, da tutor. Ad esempio, ogni volta che esce una nuova release, questi Customer Success Manager, circa 6 settimane prima iniziano a spiegare le caratteristiche al cliente, ragionando insieme per capire se quelle funzioni possono o meno essere di interesse, cosa implementare, cosa non ha senso fare… Insomma far sì che il cliente stia sfruttando al meglio quello che è stato implementato fino a quel momento, e se qualcosa non funziona, aprire un dialogo molto trasparente e sano a tre, tra cliente, partner e Salesforce. Il modello del Customer Success prevede anche uno strumento che ci permette di realizzare dei benchmark per guidare il cliente verso metriche di utilizzo ottimale della piattaforma. Possiamo capire, nella massima anonimia dei dati, se l’utilizzo dei servizi della piattaforma è al di fuori di quei benchmark, avvisare il cliente e dargli suggerimenti per mettere a posto le cose. Un esempio: sei un utente di Salesforce ma rileviamo che non lo stai usando in mobilità? Ha senso consigliarti di installare la Mobile App, che fa parte del contratto che tu già hai con Salesforce, per sfruttare anche questa opportunità…


ZeroUno: E i punti critici di questo “ménage à trois”?

Marcone: Quando i rapporti sono sbilanciati. Tipicamente quando al tavolo di confronto non siede il business, che è poi quello che deve fruire del servizio, per cui si fa fatica a sviluppare l’ambito prototipale e magari non si arriva al risultato desiderato. Questo è un classico esempio… Però quando riusciamo a fare questa triangolazione e c’è un commitment forte in tutte e tre le componenti, i progetti vanno bene.


ZeroUno: Qual è l’obiettivo strategico nell’evoluzione del canale per i prossimi anni in Italia?

Marcone: La crescita in profondità, far sì che i partner sviluppino sempre più l’abilità di allargare l’offerta della piattaforma Salesforce ai nuovi servizi cloud disponibili nonché elevare ancora di più il livello qualitativo della loro capacità progettuale. Crescere in profondità vuol dire questo: più che nel numero, nella qualità, nella competenza. C’è poi un versante più “sociale” a cui tengo molto. Mi sto personalmente occupando di promuovere programmi universitari. Ad esempio con

Deloitte a Napoli è stato realizzato il primo master su Salesforce all’Università Federico II, all’interno di un progetto di sviluppo di comunità territoriale: una Digital Academy per formare i giovani a sviluppare nuove competenze digitali, una collaborazione virtuosa tra università, un partner che dà contenuti, un vendor, Salesforce, e un gruppo di clienti che potrebbero poi anche assorbire questi giovani. Mi piacerebbe allargare questi progetti anche ad altre università. A breve partiremo con lo Iulm (l’Università di lingue e scienze della comunicazione), stiamo parlando con quella de L’Aquila… Crediamo sia importante. Non è solo un discorso di opportunità di business, cioè la crescita dell’ecosistema. Credo sia anche un approccio pienamente in linea con la vocazione sociale e filantropica della nostra azienda, credo sia una nostra responsabilità. Io ho la fortuna di avere un ruolo in azienda che raggiunge migliaia di professionisti che lavorano su Salesforce. E tra i miei obiettivi c’è anche quello di saper comunicare i nostri valori ai partner per poi trasferirli anche ai clienti e creare attorno a questi valori quel concetto di “famiglia allargata” (Ohana) cui il nostro Ceo, Marc Beniof, tiene moltissimo.

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