Tante imprese eccellenti, sì ma con l’Ict in seconda fila

Un’indagine su medie e piccole imprese di successo del milanese. Ma tra i fattori chiave del successo l’Ict stenta ancora a trovare quel ruolo strategico che invece dovrebbe avere. È in arrivo, però, un cambio generazionale… Ne parliamo con Sergio Campodall’orto (nella fotografia), professore dell’Università degli Studi di Bergamo e Direttore generale di Alintec

Pubblicato il 21 Feb 2010

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Come competere sullo scenario globale mantenendo un solido presidio del mercato anche in momenti di crisi? Dare risposta a questo interrogativo è oggi l’obiettivo di gran parte delle imprese, tutte alla ricerca dei fattori chiave per il successo. A questa ricerca si è dedicato anche Sergio Campodall’Orto, professore dell’Università degli Studi di Bergamo e Direttore generale di Alintec ( – società nata nel 2008 dall’unione di Politecnico Innovazione e Assotec, società di trasferimento tecnologico di Assolombarda-Camera di Commercio) con un’indagine basata sull’analisi di una serie di casi di eccellenza pubblicata nel volume “Imprese eccellenti” (editore Franco Angeli).
Sono state inizialmente individuate oltre un centinaio di aziende piccole e medie (da 11 a 500 dipendenti) attive nell’area del milanese e che si sono distinte, nel periodo 2000-2006, per livelli di eccellenza determinati da 3 tipi di fattori: tasso di crescita, capacità di generare utili e impiego virtuoso di una tecnologia specifica per il settore di attività. Un’analisi più approfondita è stata poi effettuata su 18 aziende e, in conclusione, l’autore ha cercato di individuare i principali fattori di successo comuni alle esperienze di queste imprese.
Quali sono allora i principali fattori di successo che accomunano le storie di queste imprese eccellenti? “Fare gruppo” con dipendenti e fornitori; crescere all’estero, perché in caso contrario non c’è il successo; qualità, flessibilità e servizio al cliente; creatività (nei materiali impiegati per la produzione, nella grafica e nel marketing, nell’individuare nuovi modelli di business ecc.); capacità di rischiare e voglia di cambiare. A ciascuno di questi punti, per ogni singolo caso, il volume dedica approfondite analisi. Quello su cui ci interessa invece soffermarci qui è il fatto che in queste storie l’Ict, come ci conferma l’autore, ha un ruolo assolutamente secondario, di supporto infrastrutturale e poco più. Un quadro piuttosto sconsolante, su cui abbiamo voluto interpellare il direttore generale di Alintec.
ZeroUno – Qual è la visione che queste “aziende eccellenti” hanno del ruolo dell’It?
Campodall’Orto – L’It continua ad essere vista solo come strumento di ottimizzazione della gestione e non come strumento strategico da diffondere in maniera sistematica nelle dinamiche aziendali. Mi sembra illuminante il fatto che nessuna delle aziende eccellenti analizzate, anche quelle che operano sul consumatore finale, faccia commercio elettronico. C’è il caso di Pomellato, nota società di ideazione e fabbricazione di gioielli, che ha allestito un sito ma in ottica di semplice vetrina e catalogo. Molti altri siti aziendali hanno una intranet che tuttavia nessuno cita come elemento di criticità vincente per il rapporto con il sistema di fornitura; non è utilizzata per analizzare e monitorare insieme ai fornitori la rapidità delle consegne, magari per programmare insieme la produzione. Il tema dell’efficienza è visto non attraverso forme di integrazione e di collaborazione con l’esterno, con i partner o i clienti, ma come un obiettivo da raggiungere nei processi interni.

ZeroUno – Come si spiega lei questi limiti?
Campodall’Orto – Francamente penso che nel mondo imprenditoriale ci sia un ritardo culturale rispetto all’Ict. In molte aziende, anche quelle che raggiungono eccellenti performance di business, l’Ict è ancora vista prevalentemente come un costo e non come una risorsa strategica.
A tutti gli imprenditori incontrati nel corso di questa ricerca ho chiesto di citarmi il fattore chiave del loro successo. Neanche uno ha citato l’It. C’è una sorta di ritrosia culturale in coloro che non possiedono la capacità o la sensibilità di usare queste tecnologie, e che li porta a rinunciare, per competere su altri fattori come la ricerca specialistica sul prodotto, l’utilizzo di tecnologie molto specialistiche e costose, il prezzo…
Quello che non si conosce e non si riesce a presidiare viene percepito solo come costo e quindi si riduce l’investimento al minimo indispensabile. Le aziende che possono spendere lo fanno nei sistemi di produzione, con macchine superautomatiche all’avanguardia nel mondo. Ma nessuna di queste aziende ha, per esempio, un cruscotto per il controllo e il supporto decisionale o un sistema di knowledge management.

ZeroUno – Eppure in queste aziende spesso si trovano anche sistemi e software di grande qualità…
Campodall’Orto – Certo, sulla gestione della produzione e sulla gestione di magazzino ci sono sistemi ottimi ma tutto è ancora visto solo in ottica di maggior efficienza. E poi questi sistemi, sia pur ottimi, funzionano a silos, non si parlano e non si integrano. Una cosa priva di logica: il sistema informativo chiuso all’interno dell’azienda non ha senso se non si collega con l’esterno: come si fa a programmare la produzione se non so quando il fornitore mi manda i prodotti?

ZeroUno – E allora, come guardare al futuro?
Campodall’Orto – Le aziende di successo sono aziende padronali la cui anima è fatta da imprenditori che le hanno fondate 20 o 30 anni fa; una generazione di 50 o 60enni preparatissimi sulle tecnologie di prodotto specifiche e con forte conoscenza della nicchia di mercato ma con un approccio arretrato all’Ict. Per fortuna anche in queste aziende è in arrivo una nuova generazione che ha sicuramente un approccio e una visione più moderni per quanto riguarda le potenzialità strategiche dell’Ict.

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