Attualità

Un’architettura a prova di futuro per i sistemi informativi logistici

Nel mondo della logistica di magazzino e produttiva, un sistema informativo future-proof è quello che permette all’azienda di abbracciare le tecnologie di oggi e di domani, migliorando continuamente l’efficienza di tutto l’ambiente. I risultati di business, a livello di contenimento dei costi, accelerazione delle attività logistiche, produttività e flessibilità, possono essere straordinari. Vediamo di cosa si tratta

Pubblicato il 06 Mag 2021

In che modo possiamo collegare un argomento squisitamente tecnico come quello delle architetture dei sistemi di logistica interna (di magazzino e produttiva) a temi cari al business come la razionalizzazione dei costi, l’aumento di produttività, l’efficienza e la capacità di assecondare le esigenze dei clienti? Ponendoci a un livello di osservazione molto alto, la prima considerazione riguarda il fatto che – dopo decenni di relativa immobilità – oggi la logistica di magazzino e produzione è un fattore determinante per il successo di un’impresa: i mercati non perdonano le inefficienze, mentre i tempi di produzione e di consegna sono sempre più ristretti e il cliente è molto più difficile da accontentare, da cui il ricorso a sistemi esecutivi come il WMS (Warehouse Management System) per la logistica di magazzino e il MES (Manufacturing Execution System) per la produzione, ma anche a interfacce uomo-macchina evolute, a sistemi di assistenza alle attività logistiche e alla vera e propria automazione.

Logistica interna, un settore che corre forte

Data la sua centralità acquisita, questo settore evolve ogni giorno con nuovi device, soluzioni sempre più evolute e tecnologie all’avanguardia: solo a titolo d’esempio, si pensi ai droni per le attività di inventario, ai magazzini completamente automatici, ai mezzi senza uomo a bordo (AGV) o alla realtà virtuale per il picking.

Il concetto di ambiente logistico a prova di futuro diventa una vera e propria necessità: oggi chi gestisce la logistica di magazzino vuole poter adottare nuovi sistemi di handling automatizzati, interfacce evolute su tablet Android e piattaforme IoT in modo relativamente agevole e rapido, senza dover riprogettare o sostituire i sistemi informativi che governano i magazzini e la produzione; inoltre, chiede di non essere vincolato alla tecnologia di oggi ma di poter abbracciare anche quella di domani.

I motivi sono ovvii: l’azienda vuole aumentare progressivamente l’efficienza dell’impianto tenendo i costi sotto controllo, adottare tecnologie sempre più avanzate come gli attuali sistemi IoT, ottimizzare la user experience e quindi abbattere i tempi di apprendimento degli strumenti (app) usati dagli operatori, e adottare un approccio best in class per quanto concerne interfacce, dispositivi e macchine presenti sul campo, ma anche per quanto concerne i sistemi aziendali come quelli di Business Intelligence e gli ERP, con cui i sistemi esecutivi vanno integrati.

In altri termini, ciò che si chiede al sistema informativo logistico (WMS, ma meglio ancora SCES: Supply Chain Execution System) è la massima flessibilità, e questa è legata a doppia mandata alla sua architettura.

Architettura dei sistemi informativi e logistici, tra presente e futuro

Mentre l’Osservatorio IoT del Politecnico di Milano offre un’interessante visione (a 10 anni) dei sistemi informativi logistici basata sulla confluenza in un Data Lake di tutti i dati provenienti dal campo (macchine, carrelli, device, automazioni…) e sull’impiego di protocolli Open a disposizione degli sviluppatori di applicazioni, la situazione attuale è ancora piuttosto lontana da questo paradigma.

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Quello che oggi è già possibile e ha un impatto fondamentale sul carattere future proof dell’intero sistema che supervisiona magazzino e produzione (SCES), è un’architettura basata sul principio del disaccoppiamento, cioè sulla separazione netta degli strati applicativi (WMS, MES…) rispetto a quelli che gestiscono le interfacce uomo-macchina e le risorse logistiche. Rispetto alle architetture monolitiche tradizionali, l’impatto è molto forte poiché la parte core del sistema, cioè quella che gestisce i processi logistici e/o produttivi, diventa del tutto indipendente dalle logiche, dagli strumenti e dalla tecnologia usata per eseguirli, che quindi può essere aggiornata e sostituita in modo agevole, rapido e senza intaccare in alcun modo lo strato applicativo. È precisamente questa la chiave del carattere future proof dei sistemi logistici e produttivi più evoluti.

Come funziona un sistema informativo logistico moderno

Per approfondire il discorso abbiamo interpellato Stefano Cudicio, CEO di Stesi, il cui software di Supply Chain Execution (Silwa) miscela le funzionalità tipiche di un WMS con quelle di un MES e si basa precisamente sull’architettura di cui sopra: “Tra 10 anni, le architetture dei sistemi informativi logistici saranno certamente come quelle descritte dall’Osservatorio IoT del Politecnico – afferma Cudicio –. Mi rendo conto che oggi di strada da percorrere ce ne sia ancora molta, ma devo dire che in Stesi abbiamo già avviato il percorso e ci stiamo avvicinando a quel modello. Nella nostra soluzione Silwa, infatti, abbiamo posto gli strati applicativi al centro del sistema [WMS, MES, Mission Manager…, ndr] e poi realizzato diversi layer che li disaccoppiano dall’interfaccia utente, cioè dalla connessione uomo-macchina, ma anche dai sistemi di Business Intelligence, dai Business Information System (ERP, MRP…) e dalle risorse logistiche come carrelli, trasloelevatori, sistemi di handling e mezzi di movimentazione con o senza uomo a bordo. Il disaccoppiamento ci permette di agire in modo del tutto indipendente sui vari componenti dell’architettura, di essere estremamente flessibili rispetto a nuovi trend, prodotti e componenti, e di sfruttare al massimo i device attuali”.

Cudicio porta l’esempio degli smartphone Android, che vengono ormai usati con frequenza nei contesti logistici: a differenza delle architetture tradizionali, che sotto questo profilo ricorrono all’emulazione o alle web app, quella di Silwa permette di sfruttare la user experience nativa di Android e di sviluppare app che sfruttino al 100% le potenzialità del terminale. Parliamo dunque non solo di abbattere la curva di apprendimento (perché chiunque sa usare Android), ma di sfruttare la geolocalizzazione del device per ottimizzare le operazioni logistiche, attivare una comunicazione M2M per evitare le collisioni tra i mezzi, o magari usare ulteriori device connessi, come i visori di realtà virtuale. Ecco quindi che un fattore squisitamente tecnico, come l’architettura di una soluzione software, determina conseguenze straordinarie non solo sulla “longevità” (future-proof) dell’ambiente logistico, ma anche sulla sua produttività, sulla rapidità di esecuzione delle missioni, sulla semplificazione delle operazioni e, ovviamente, sui costi.

La separazione è netta anche rispetto ai sistemi di BI, rispetto ai quali il sistema logistico mantiene totale indipendenza, rispetto agli ERP e anche alle macchine e alle risorse dello shopfloor. “Anche qui abbiamo adottato il medesimo principio del disaccoppiamento – aggiunge Cudicio – creando un middleware che comunica verso la parte applicativa con dei protocolli standard conformi al paradigma 4.0 e trasforma le istruzioni applicative in istruzioni esecutive per i dispositivi di campo, di modo tale da rendere l’attività indipendente dalla natura di questi dispositivi. Una volta definita la missione, questo layer trasforma il comando logico in uno fisico per i trasloelevatori piuttosto che per i carrelli. I vantaggi sono diversi: si possono aggiungere facilmente nuove risorse e, soprattutto, continuare a ragionare per processi esecutivi e di business senza preoccuparsi di chi/cosa li esegue: il modello resta invariato rispetto ai sottosistemi che eseguono le operazioni”.

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