Vantaggi, criticità e prospettive del Saas nelle Pmi

Per approfondire il tema del Saas e degli scenari che si aprono in relazione al comportamento dei grandi software vendor, ZeroUno ha sentito il parere di Antonio Capparelli, associate director di Gartner

Pubblicato il 19 Nov 2006

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Per analizzare a dovere il tema delle applicazioni on demand occorre partire dal concetto di Asp ed evidenziarne quattro diverse declinazioni: l’accesso al software via rete Internet, il software erogato come servizio (Saas -“software as a service”), l’application utility e le soluzioni usufruite on demand. L’interpretazione del fenomeno è di Antonio Capparelli, associate director in Gartner: “L’Asp è un modello che non ha trovato continuità anche perché ha pagato lo scoppio della bolla della net economy. Non è corretto parlare di questo fenomeno come di un vero e proprio mercato: si tratta di una modalità di acquisto e di delivery del software e si affianca ai classici modelli di licensing là dove c’è una certa maturità da parte della domanda. Parliamo quindi di applicazioni fornite in termini di servizio, all’interno di una tendenza che vede crescere sensibilmente il ricorso all’outsourcing e la necessità di trovare nuovi strumenti a valore per innovare la gestione dei processi di business. Il fenomeno è internazionale. Avrà futuro anche in Italia, pur con una dinamica di adozione più lenta, ma è anche lecito affermare che il Saas non sarà il modello di riferimento di utilizzo delle soluzioni applicative”.

L’adozione di applicazioni on demand va correlata, secondo Capparelli, alla tendenza che vede già oggi le medie imprese intenzionate a “comprare” il software in modo diverso, più flessibile; la realtà dice che l’hosting funziona per alcune specifiche soluzioni gestionali verticali. “Il Saas – sostiene il ricercatore di Gartner – deve maturare attraverso contratti e livelli di servizio adeguati e sfruttare in questo cammino driver di sviluppo quali la velocità di accesso alle applicazioni e la domanda emergente di aziende di piccole dimensioni, di nuove business unit o di filiali di multinazionali attive in contesti locali. E non è certo scontato che le grandi organizzazioni siano tagliate fuori dal recitare un ruolo chiave per lo sviluppo del fenomeno”. Come si comporteranno in quest’ottica i grandi nomi del software applicativo? La risposta di Capparelli è stata la seguente: “Occorre avere un nome riconosciuto sul mercato, definire un target di utenza ben definito, possedere competenze mirate e una value proposition molto articolata. Gli Isv che scommetteranno sul Saas potrebbero diventare partner dei grandi vendor tradizionali. Sap, Oracle e le altre punteranno su questo modello quale appendice del proprio ecosistema di offerta: non verranno messe in discussione le strategie di vendita attuali perché la crescita delle licenze a consumo produrrebbe nel lungo termine una contrazione dei ricavi all’interno di un modello di revenue che fa leva sull’acquisto di suite e moduli in versione completa. Il fatto che dalle aziende utenti siano spesso sottoutilizzati è una problematica di diversa natura”.

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