Quale è il polso del mercato dei Sistemi Erp? L’argomento è stato affrontato durante un evento organizzato di recente a Villa San Carlo Borromeo di Senago da Cbt (www.cbt.it) con la collaborazione di esperti del settore, rappresentanti dei fornitori e degli implementatori. Parimenti l’argomento è tra quelli sviscerati, come da tradizione, dall’annuale Rapporto Assinform (www.rapportoassinform.it) dal quale si apprende che il valore di questo mercato ha raggiunto nello scorso anno in Italia i 907 milioni di euro, di cui la parte maggiore relativa ai servizi (620 milioni) e la differenza relativa al software. La domanda nel suo complesso si è mantenuta anche nello scorso anno intorno ai tassi di crescita degli ultimi anni, compresi tra l’1-2%. Le motivazioni legate a questi risultati, nella sostanza positivi considerati la maturità degli Erp e la situazione congiunturale del momento, sono da ricercare soprattutto in due driver. In primo luogo l’attenzione dei principali vendor di sistemi Erp verso le soluzioni di governance risk & complicance, cui le imprese guardano in chiave di prevenzione del rischio, soprattutto in contesti di recente internazionalizzazione (in questi casi ci si trova infatti a far fronte a un corpo normativo nuovo e allargato nonché a flussi di dati di norma consistenti). Il secondo driver va identificato nella presenza di soluzioni di gestione di financial supply chain, che permette un recupero di liquidità attraverso una più attenta gestione delle operazioni e l’allineamento dei flussi operativi a quelli finanziari.
Questi aspetti caratterizzanti l’evoluzione dell’offerta quantitativa di queste soluzioni hanno trovato eco anche durante i lavori dell’Erp Village solution day, come è stata chiamata la manifestazione di Villa Borromeo aperta da Paolo Zanolini, amministratore delegato di Cbt. “Uno degli aspetti nuovi che domina questo mercato è l’interesse anche di molte aziende di media dimensione verso queste soluzioni. Le ragioni sono semplici. Anche le Pmi si rendono conto di avere bisogno di strumenti nuovi, maturi ma sempre evoluti, per affrontare la competitività in patria e per proiettarsi sui mercati internazionali. In questo contesto Cbt si pone non solo come un fornitore di tecnologie, in particolare delle soluzioni Acg di Ibm con cui intrattiene un rapporto di lunga durata, ma anche come centro in grado di produrre cultura sull’ambiente Erp, forte dei suoi dipendenti e dei 120 partner che insieme generano una forza specializzata di 2400 persone e un fatturato di circa 300 milioni di euro. Ci consideriamo un distretto virtuale in grado di erogare tutti i servizi della filiera Ict”, dice Zanolini.
Cbt è l’acronimo di Cosmic BlueTeam: un gruppo con sette sedi, 250 risorse umane e un fatturato di 56 milioni di euro nel 2008 che si è venuto configurando nell’assetto odierno grazie a una serie di acquisizioni. È premier business partner di Ibm ma vende anche prodotti di Hp, Microsoft, Cisco, Vmware e Lenovo.
“Il nostro valore aggiunto – tiene ancora a precisare Zanolini – lo diamo nell’erogazione dei progetti, oggi di integrazione, virtualizzazione, consolidamento, data recovery, business continuity, etc. L’area delle soluzioni applicative è il settore in cui la società esplica al meglio la propria missione grazie a una eccellente conoscenza delle Acg e a un portafoglio di circa 300 soluzioni”.
Competenze superficiali o troppo specialistiche
Per Severino Meregalli, esperto di sistemi informatici e docente presso la Sda Bocconi (www.sdabocconi.it), il dinamismo e la complessità sono oggi elementi strutturali che amplificano la difficoltà di relazione tra domanda e offerta Ict con impatti molto da vicino anche sui sistemi Erp. Una matassa resa ancora più aggrovigliata dalla molteplicità ed eterogeneità dei soggetti coinvolti, non più circoscritti a Cio, Ceo e responsabili finanziari ma anche a figure come il management funzionale e gli stakeholder.
“Non sono del tutto convinto che le aziende italiane siano refrattarie alle tecnologie e che siano a corto di cultura dell’innovazione. Molto spesso è l’offerta che non ci sa fare – osserva l’esponente del mondo accademico -. Non è sempre vero che un certo numero di fornitori hanno prodotti ‘perfetti’ che il mercato non capisce. È vero invece che il livello di competenze dei vendor è molto disomogeneo, spesso troppo superficiale, in altre situazioni eccessivamente specialistico, rispetto alle capacità di assimilazione delle aziende. Inoltre, nella sostanza molte tecnologie It, osservazione che vale in particolare per i sistemi Erp, sono rigide e non vanno quindi bene più di tanto per aziende che richiedono flessibilità se non sottoposte a un buon deployment”, dice Meregalli che formula alcuni suggerimenti per i vendor di soluzioni Erp: rendere coerente e non solo più semplice il sistema dell’offerta; fare il massimo sforzo per trasferire ai clienti l’ingente patrimonio di conoscenze esistente presso i fornitori di Ict; segmentare la domanda con maggiore attenzione; usare argomentazioni diverse a seconda dell’interlocutore che si ha di fronte nelle trattative, di norma rappresentanti della proprietà o esponenti del management; non confondere la Pmi con la Pmb (Piccoli medi budget).
“Soltanto abbinando la valutazione degli effetti sui costi – è il punto di vista del docente – con quella sugli impatti sul valore è possibile far emergere gli elementi che giustificano economicamente gli investimenti in innovazione, come si possono catalogare anche quelli in Erp. Sarebbe altresì necessario, ove possibile, creare un rapporto diretto tra vendor di soluzioni Erp e aziende, senza sminuire più di tanto ruolo e spazio del canale; anzi quest’ultimo andrebbe supportato maggiormente in termini di comunicazione e formazione. Infine occorrerebbe che il sistema bancario si desse una specializzazione, acquisendo maggiore capacità di valutazione nel merito degli investimenti in software, magari stando maggiormente a fianco dei fornitori che si propongono di trasferire con continuità ai clienti competenze e valore”.
Il finanziamento dei progetti di innovazione è stato un tema trattato da Paolo Sangalli, da pochi mesi amministratore delegato e direttore generale di Ibm Italia Servizi Finanziari (www.ibm.com/financing/it), che conta 125mila clienti distribuiti in 50 Paesi. “Ormai – dice il manager – l’imperativo di tutti è quello di ‘fare di più con meno’ e questo succede anche a livello di finanziamento. In effetti quello che stiamo vedendo sono nuove e dinamiche forme di sostegni economici, dove si tende a ridurre il costo della provvista e controllare i costi e ciò allo scopo di ottenere Roi più rapidi e ottimizzare il total cost of ownership”.
Cliente ancora semisconosciuto
L’evento organizzato da Cbt e al quale ha partecipato una folta schiera di operatori del settore, ha visto anche il succedersi di due tavole rotonde. La prima ha avuto come protagonisti una serie qualificata di vendor, la seconda di implementatori di sistemi Erp.
Da entrambe è emersa la volontà di fondo di essere il più vicino possibile alle esigenze del cliente, un vecchio ritornello al quale, però, alternative non ce ne sono. Nel senso che nonostante le molte promesse esiste ancora un divario tra offerta e domanda che i vendor e i partner dei fornitori di tecnologie a vario titolo dicono di voler colmare per “far evidenziare il vero valore dell’Erp”.
Ma quali ritengono sia per i fornitori di tecnologie il/i valori più importanti della loro offerta?
Per Enza Fumarola (nella foto), direttore generale di Infor (www.infor.com), i valori principali sono due: specializzazione e flessibilità. I prodotti Infor sono infatti pensati per l’ambiente di produzione e quindi per imprese con strategie di internazionalizzazione . “I nostri – precisa Fumarola – sono sistemi integrati e completi, in grado di coprire tutti i processi delle aziende del manufaturing nonché ora anche di integrarsi con i prodotti della concorrenza. Se devo definirli con tre aggettivi direi che sono semplici, economici e veloci da installare”.
Maarten Sunier, direttore commerciale Formula (www.formula.it), ama dire che la sua azienda offre “energia gestionale, con un approccio composto di tre cose: avere delle risposte certe, risposte su dati certi e nei tempi auspicati. Inoltre il focus si è spostato dal mezzo al fine, con una specializzazione che spazia dal flusso classico a quello finanziario. Infine, semplicità, chiarezza e sicurezza sono le nostre parole chiavi quando ci poniamo davanti al cliente”.
Quello che veramente serve alle aziende oggi è una tecnologia che aiuti a trasformare il modo di lavorare. Per fare questo Ibm ha completamente ridisegnato le sue Acg, un prodotto peraltro sviluppato in Italia dove è usato da oltre 5000 aziende. “Al mercato – dice Renato Ottina, Acg Business leader Ibm Italia (nella foto) – noi offriamo due cose importanti: un elemento di continuità e un elemento di innovazione, dove un ruolo importante lo gioca anche il network degli 80 Business Partner con il loro impegno in termini di sviluppo e non solo di implementazione”,
Il mercato italiano dell’Erp non è inferiore a quello del Sud Europa: lo afferma Vieri Chiti, responsabile per quest’area del canale Dynamics di Microsoft. “Con un modello totalmente
indiretto – puntualizza – offriamo alla nostra clientela lo stesso tipo di approccio di altri prodotti, tra cui una ‘esperienza di utilizzo’ che aiuta concretamente quel 20% di utenti che in media nelle aziende usano i sistemi Erp”. La flessibilità è l’arma su cui punta maggiormente Oracle (www.oracle.com) secondo Paolo Borriello, presales leader Applications Midsize Market di Oracle Italia, mentre partner, verticalizzazioni e implementazioni complete sono gli atout più citati per Sap (www.sap.com) dal channel manager della sede italiana, Emanuele Ghiringhelli.
Le lamentele degli implementatori
Qualche voce fuori dal coro arriva dagli implementatori. Per Gabriella Palazzolo, vice president Erp Solutions di Atlantic Technologies (www.atlantic.it), non basta conoscere bene il prodotto ma prima ancora bisogna conoscere l’azienda-cliente. Ovvero è importante disporre di professionalità di processo. Per Paolo Masoni, direttore commerciale di Cbt, un implementatore deve essere anche un consulente e in alcune circostanze perfino un “assistente spirituale”.
Infine, per Antonio Carta, presidente e socio fondatore di Cdm Tecnconsulting (www.cdmtc.it), “il ruolo dell’implementatore oggi è quello di riuscire a gestire insieme al cliente il cambiamento, con adozione delle best practice, possibilmente senza concedere troppo alle personalizzazioni ma lavorando su soluzioni verticali e quindi riutilizzabili”.