Secondo la definizione data dalla FinOps Foundation, “FinOps è sia una disciplina di gestione finanziaria e sia una pratica culturale, che consente alle organizzazioni di ottenere il massimo valore aziendale aiutando i team informatici e finanziari a collaborare e prendere decisioni sui costi basandosi su dati consolidati”. Non solo una soluzione tecnologica, quindi: lo scopo della pratica FinOps è di creare una sinergia tra team diversi dell’azienda in modo da ottenere KPI oggettive su cui basare le decisioni di ottimizzazioni dei costi relative alle spese IT e cloud.
Già l’acronimo è un segnale forte dell’obbiettivo di questa disciplina: FinOps è l’abbreviazione dell’espressione Financial DevOps, e sottolinea in questo modo gli ambiti che l’attività coinvolge. La disciplina prevede un insieme di pratiche e tool che non riguardano solo l’utilizzo di software e strumenti specifici, ma che mettono al centro del processo un cambiamento culturale e un’acquisizione di consapevolezza da parte di tutti gli attori aziendali coinvolti.
L’impatto del cloud sui costi aziendali
La fase di digital transformation e la corsa all’adozione di soluzioni cloud ha aperto nuovi scenari e introdotto elementi di imprevedibilità a livello finanziario. “Spesso le aziende che migrano i loro servizi su cloud si trovano a fare i conti con un’impennata dei costi” spiega Dan Ortman, Director, Cloud FinOps Services di SoftwareONE.
Si tratta di un fenomeno ormai conosciuto e che ha, tra le sue cause, proprio quel passaggio dei costi da Capex a Opex che viene indicato come uno dei vantaggi offerti dal cloud. Il rischio legato alla trasformazione degli investimenti IT in costi operativi, infatti, è quello di valutarli in maniera errata, sottostimandone l’impatto. In altre parole, la logica per cui i costi vengono determinati “a consumo” espone l’azienda a esborsi che possono dipendere da fattori poco prevedibili, come i volumi di utilizzo di un servizio online.
“Applicando una strategia FinOps, è possibile evitare questo fenomeno e trarre il maggior valore dagli investimenti sul cloud” spiega Ortman. “Per farlo, però, è necessario dotarsi di strumenti che consentano per prima cosa di avere visibilità delle attività IT. Sapere quali sono i servizi utilizzati e chi li utilizza è un passo indispensabile per ottimizzarne l’utilizzo”.
Mettere le persone al centro
Elaborare una base dati affidabile sugli impieghi delle risorse cloud e IT con strumenti di monitoraggio in grado di evidenziare le KPI rilevanti non basta. “Per arrivare a centrare l’obbiettivo – spiega Ortman- è necessario che l’azienda acquisisca una forte consapevolezza dell’importanza di questa valutazione e che tutti i team e gli attori aziendali intraprendano un percorso di crescita culturale. FinOps, infatti, significa innanzitutto un forte cambiamento su cui l’azienda deve lavorare per acquisire consapevolezza di come poter migliorare i propri processi e metodi di lavoro”.
Insomma: non si tratta semplicemente di valutare se convenga o meno utilizzare la piattaforma cloud per un servizio. È indispensabile innescare un processo in cui tutti i soggetti coinvolti collaborino per individuare le modalità che permettono di ottenere il massimo adattando i processi e individuando gli strumenti più adatti. Questo processo, sottolinea Ortman, richiede di lavorare sulle persone e sul loro mindset.
Fondamentale nella pratica FinOps, infatti, è che anche team che sembrano essere apparentemente lontani tra loro in azienda, come il team di sviluppo e quello dedicato al settore Finance, comunichino e collaborino tra di loro, evitando di rimanere isolati, ma mettendo invece in condivisione esperienze e punti di vista.
A questo scopo, Software One organizza dei workshop mirati durante i quali diversi attori aziendali possono esprimere i loro pareri e confrontarsi su temi riguardanti l’infrastruttura tecnologica e l’allocazione di risorse in cloud.
Dalla responsabilità alla sostenibilità
“Durante i workshop – racconta Ortman – vengono messi insieme gruppi di persone provenienti da diversi team aziendali, che imparano così a facilitare la discussione, condividere le best practice, e a confrontarsi esprimendo liberamente punti di vista che prima non riuscivano a emergere”.
In questo modo le persone prendono consapevolezza delle proprie responsabilità nei confronti dell’utilizzo delle risorse IT e cloud, e possono proporre modi per ottimizzare i consumi di risorse. Si passa perciò da una fase iniziale in cui gli impiegati vengono responsabilizzati sul tema del cloud, a un’evoluzione in cui gli attori aziendali si impegnano per ottimizzare l’utilizzo delle risorse IT e a promuoverne la sostenibilità.
Dal generale al particolare, esistono elementi specifici che impediscono una comunicazione efficace tra i diversi reparti. Uno di questi è il fatto che i diversi rami aziendali sono abituati a parlare diversi “slang” e a muoversi su piani di logiche differenti.
“Uno dei maggiori successi del cambio di mindset promosso dalle pratiche FinOps” –spiega Ortman– “è proprio raggiungere questa osmosi tra i diversi reparti dell’azienda, in modo che imparino a comunicare tra di loro su un piano comune e che all’interno dei processi si creino vere e proprie correnti trasversali in grado di promuovere la crescita culturale necessaria”.
“In questo modo la pratica FinOps diventa parte integrante del mindset aziendale a tutti i livelli – prosegue – e promuove un confronto costruttivo tra i diversi piani di management, che imparano a ottimizzare le proprie pratiche cloud sulla base delle esperienze condivise con tutto il gruppo”.