Dal costruire l’architettura IT aziendale all’offrire valore al business. È questo il tema chiave dello studio di Forrester dal titolo Enterprise Architecture in 2025 and Beyond curato da Gordon Barnett e pubblicato nel maggio scorso. La trasformazione delle architetture aziendali (EA) oggi nasce soprattutto da quella che la società di analisi chiama l’“ossessione” delle imprese per i clienti. Un’ossessione alla quale anche i sistemi EA devono conformarsi.
A tal fine Forrester ha preso a modello le peculiarità dei vincitori del Forrester/InfoWorld Enterprise Architecture Awards che propone annualmente, suddividendo il documento in due macro argomenti:
- il futuro delle architetture come ecosistema focalizzato sui risultati;
- insights e risultati quali tendenze per definire la value proposition di una architettura IT.
Le 3 “ondate” che hanno caratterizzato l’architettura IT secondo Forrester
Per spiegare la direzione verso cui si stanno muovendo le architetture aziendali, cioè quella focalizzata sui risultati, lo studio anzitutto ripercorre le tre fasi, cioè “ondate”, che negli ultimi due decenni le hanno caratterizzate.
L’avvento delle architetture tecnologiche
Nella prima, che coincide con la loro ascesa, per far fronte a una tecnologia costosa, complessa e non adattabile, che influiva negativamente sui costi operativi e le prestazioni, i professionisti EA hanno fornito ai CIO architetture di tipo bottom-up con un valore enorme nella gestione degli asset tecnologici. Purtroppo, questo valore tecnologico non è stato accompagnato dalla percezione di un analogo valore di business. Ciò non toglie che tuttora Forrester calcoli che il 50% dei suoi clienti operi con questo modello.
Architettura IT e l’introduzione di business capabilities
La seconda “ondata” vede la configurazione delle architetture basata sulle capacità e la pianificazione. Quindi, ottimizzando asset come il capitale umano, i dati e le tecnologie, si passa da un metodo bottom-up a uno top-down in cui l’architettura corrisponde a un portafoglio di business capabilities. Il 35% dei clienti di Forrester rientra fra quelli che stanno migrando verso questa modalità.
La focalizzazione su insight e risultati
Infine, la terza fase si fonda su insight e risultati. Proprio per quella “customer obsession” a cui si accennava all’inizio, le architetture si concentrano su customer journey, flusso del valore e ciclo di vita. In questi sistemi EA sono compresi piattaforma, prodotto, esperienza, digitale e architetti dell’organizzazione per guidare il cambiamento dell’approccio architetturale. Forrester stima che il 15% dei suoi clienti stia modificando le sue architetture da un paradigma funzionale a uno adattivo, in grado cioè di rispondere alle esigenze di agilità aziendale e allo sviluppo di customer value.
Le caratteristiche principali dei professionisti specializzati in architettura IT del futuro
La principale differenza, secondo Forrester, tra le architetture della prima ondata e quelle della seconda e terza, risiede in uno spostamento permanente da un livello tattico a uno strategico. Mentre, infatti, i professionisti EA della prima ondata sono impantanati in battaglie sui processi di governance e sugli standard tecnologici. Quelli della seconda e terza hanno trovato il modo di inserirsi in processi di trasformazione e innovazione capaci di influenzare le decisioni strategiche dell’azienda. In tal senso, questi professionisti assurgono al ruolo di consulenti di fiducia di tutta l’organizzazione. E non soltanto dei profili con competenze tecniche, poiché non forniscono tanto modelli e specifiche architetturali, quanto informazioni rilevanti per il business e per le decisioni aziendali. Di conseguenza, ciò che li distingue si può riassumere nel modo seguente:
- un modo di lavorare diverso che coinvolge più team in una dinamica collaborativa ampia: dai responsabili delle linee di business ai CTO (Chief Technology Officer), fino ai referenti della customer experience.
- Un ruolo più influente nella definizione dei prodotti architetturali, poiché, agendo come product manager, possono creare ecosistemi che rendono strategico ogni prodotto in quanto tende ad aderire costantemente alle esigenze del business.
- Un modello operativo organizzato attorno al business e alla fornitura di servizi che faccia comprendere meglio qual è il fattore aggiunto dell’EA in termini di valore.
I criteri per definire il valore delle Enterprise Architecture
Proprio ai criteri per determinare il valore delle Enterprise Architecture è dedicata l’ultima parte dello studio di Forrester. Si tratta di un passaggio cruciale in quanto, lungo la strada della realizzazione delle architetture, possono essere frapposti ostacoli sotto forma di atteggiamenti tradizionali sul loro scopo o su come debba essere fatta un’architettura.
Per rispondere a queste potenziali obiezioni il primo suggerimento è quello di spostare l’attenzione dalle soluzioni tecnologiche alle piattaforme.
Il secondo verte su un uso moderato e non eccessivo della metodologia, che non deve far allontanare dall’obiettivo. Forrester raccomanda perciò di far prevalere le competenze progettuali sulla conoscenza della metodologia e sulle certificazioni.
Il terzo consiglio riguarda la tracciabilità di metriche basate sul valore, in particolare sull’impatto in termini finanziari che le Enterprise Architecture portano all’azienda. Bisogna prendere maggiormente in esame. Vale a dire, la connessione diretta tra gli sforzi nell’implementare l’architettura e gli indicatori di performance adottati dall’organizzazione.
Raccomandazioni finali per Enterprise Architect e imprese
Le raccomandazioni finali del documento sono rivolte alle imprese e agli Enterprise Architect. Alle imprese Forrester richiama il ruolo critico degli architetti in molteplici casi quali una fusione o un’acquisizione, una trasformazione digitale o una metamorfosi in azienda insights-driven. Invita, invece, gli Enterprise Architect a non cercare riconoscimenti in veste di “maghi” che comprendono microservizi, data lake o altre tecnologie specifiche. Occorre che siano visti piuttosto come risolutori di problemi in grado di identificare le questioni di business per le quali trovare soluzioni tecnologiche adatte.
Da qui la rilevanza nel concentrarsi sui risultati che pone una netta linea di demarcazione tra l’essere soltanto un consulente tecnologico che aiuta a portare avanti i progetti e l’essere un “solution provider”. Il primo è un tecnico esperto e competente che aiuta gli sviluppatori. Mentre il secondo è un partner che capisce come realizzare le pietre miliari della roadmap aziendale individuando soluzioni che fanno progredire il business.