MILANO – Nei mesi scorsi i ricercatori dell’Economist Intelligence Unit hanno condotto un’indagine presso 1.125 Cio e It manager distribuiti in tutto il mondo (dei quali ben 550 in Europa, una quota superiore a quella di solito assegnata in passato al vecchio continente) e scelti fra i responsabili dei comparti It di società con giro d’affari superiore ai 250 milioni di dollari. Scopo della ricerca, condotta per conto di Hp era analizzare la visione che queste figure professionali hanno del rischio informatico e della sua relazione con i rischi di business. I risultati dell’indagine rivelano che il maggior fattore di rischio percepito è quello derivante dai cambiamenti, cioè dalla crescente frequenza e vastità delle operazioni derivanti dalla scelta, o dalla necessità, di cambiare qualcosa nei sistemi aziendali, dall’upgrade delle infrastrutture all’aggiornamento delle applicazioni. I rischi legati al cambiamento superano quelli derivanti dalla complessità dei sistemi e dagli attacchi esterni alla sicurezza; in particolare, per oltre un quarto degli intervistati la mancata individuazione di conflitti e collisioni tra il vecchio e il nuovo è la causa di gran parte del downtime dei sistemi.
Passando alle soluzioni per poter gestire il cambiamento riducendone il rischio, le risposte sono concordi: processi standard e operazioni automatizzate. I primi sono necessari per effettuare i cambiamenti in modo controllato garantendo l’integrità dell’ambiente di produzione e il mantenimento dei livelli di servizio concordati. Quanto all’automazione, è, diremmo, una conseguenza della formalizzazione del processo di cambiamento, che la rende possibile, e ne rende gli effetti prevedibili e ripetibili, due doti fondamentali di ogni funzione It. L’automazione, inoltre, non va limitata al change management, ma andrebbe applicata alle operazioni It in generale, automatizzando le quali, sostiene l’80% degli intervistati, si libererebbero risorse per i progetti innovativi (cosa che si sente dire da anni, ma senza che la situazione risulti molto cambiata).
In ogni caso, la domanda di soluzioni che affrontino i problemi legati alla gestione dei cambiamenti migliorandone la sicurezza e l’efficienza esiste senz’altro, ed è quella a cui si rivolgono i recenti annunci di Hp nell’area della Business Technology Optimization. La Bto è un’offerta che Hp ha sviluppato attraverso le acquisizioni di Mercury prima e poi, via via, di Bristol Technology, Spi Dynamics, Opsware e Tower Power. Lo scopo, con una scelta che Marco Becattini, country manager software del Technology Solution Group di Hp Italia, ha definito “lungimirante”, è di affiancare a quello che era, e rimane, un software di riferimento nell’ambito delle operation, soluzioni a maggior valore aggiunto per il business.
Tra i nuovi annunci Bto i principali sono, a nostro parere, la versione 4.0 di Hp Release Control (ex Hp Change Control Management), ed il nuovo Configuration Management System (CMS), basato su Itil. L’Hp Release Control automatizza la impact analysis e supporta le decisioni del team d’implementazione offrendo un monitoraggio in tempo reale delle attività di cambiamento in atto che permette d’individuare i conflitti durante la fase di esecuzione, prevenendo le interruzioni del servizio. Quanto al CMS, si tratta della prima soluzione di gestione delle configurazioni che usa le librerie Itil V3 (di cui Hp è co-autore) e rispetto ai prodotti che offrono una vista statica delle relazioni tra asset tecnologici e modalità di erogazione dei servizi It, offre forme di accesso e condivisione di dati che permettono di collocare le informazioni nel contesto adatto, con più opportunità di scelta e minori rischi di configurazioni sbagliate.
Hp: change management senza rischi
L’offerta della società nell’area del software per la business technology optimization si arricchisce di soluzioni per la gestione della configurazione e per l’automazione dei processi di change management. Che secondo una ricerca ad hoc, sono la maggiore fonte di rischio informatico
Pubblicato il 01 Ott 2008
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