Caso Utente

Istat: una digitalizzazione di successo

Un caso virtuoso di trasformazione basata sulla misura della qualità del software e dei processi di sviluppo, con l’obiettivo di adeguare i prodotti statistici e l’organizzazione nel suo complesso alle nuove esigenze sociali ed economiche. La qualità e l’affidabilità delle applicazioni sono state le condizioni per la digitalizzazione.
L’esperienza, illustrata dal Cio Massimo Fedeli, in occasione di Restart Italia, evento organizzato Forum Pa, ci fa capire che “si può fare”, che l’amministrazione pubblica ha le competenze e la spinta per aiutare la ripartenza.

Pubblicato il 21 Gen 2021

Istat

La trasformazione dell’Istat è stata resa possibile dalla gestione avanzata dello sviluppo del codice, alla base di applicazioni, che rappresentavano e tuttora rappresentano il nucleo centrale dell’attività statistica, non più adeguate alla nuova realtà informativa e sociale. “Istat si è resa conto che i censimenti con cadenza quinquennale o decennale non erano più attuali in un’epoca nella quale siamo abituati a dati aggiornati quotidianamente”, ha spiegato Massimo Fedeli, CIO – Direttore Centrale IT dell’Istituto, all’interno di un seminario -intervista, supportato da Cast e condotto Michele Slocovich, Italy Director of outreach per il CISQ, nell’ambito di Restart Italia, l’evento organizzato da Forum PA.

A partire dal 2016, Istat ha dunque messo in campo un programma ambizioso di modernizzazione per efficientare le attività e migliorare la qualità dei prodotti statistici. L’obiettivo mirava sia all’ottimizzazione dei processi interni sia, soprattutto, a stare al passo con i tempi e le nuove esigenze. La necessità di creare le condizioni per censimenti permanenti e a cadenza annuale in molteplici campi (la popolazione, le imprese, il no profit, l’agricoltura…) ha portato inevitabilmente a mettere in discussione la precedente organizzazione. Fino al 2016 l’Istituto era infatti organizzato per silos verticali che seguivano le diverse tematiche dei dipartimenti (statistiche sociali, economiche …).

foto Massimo Fedeli
Massimo Fedeli, CIO – Direttore Centrale IT di Istat

Il superamento della frammentazione è stato supportato dall’adozione di strumenti e soluzioni capaci di abilitare la qualità e garantire l’aderenza agli standard internazionali, per evitare processi segmentati e parcellizzati. Sono stati adottati i principali standard di riferimento (come ISO 25000 per la qualità del software, il framework ITIL per i processi di governance dell’IT, ISO 27000 per la sicurezza…), rendendo uniformi i processi, prima legati alla singola area statistica.

È importante ricordare che Istat adotta un modello internalizzato di sviluppo software, con oltre 200 persone che operano nell’unità IT, 90 delle quali dedicate allo sviluppo che seguono tutto il ciclo completo dalla raccolta dei requisiti fino al testing, passando per l’analisi, la progettazione, lo sviluppo.

“Le scelte fatte ci hanno consentito non solo di rendere più efficiente il lavoro delle persone grazie ai processi standardizzati, ma anche di motivarle e coinvolgerle nell’acquisizione di nuove competenze e best practice”, spiega Fedeli.

In concreto è stato realizzato un portale di governance a supporto dei gruppi di sviluppo. “Anche in precedenza venivano usati strumenti a supporto dello sviluppo che però differivano per i differenti silos applicativi– precisa Fedeli – Questa vecchia impostazione non consentiva di raggiungere un livello di qualità adeguato, realizzabile invece con un impegno trasversale e strutturato indispensabile per abilitare il miglioramento continuo”.

Qualità, affidabilità, velocità di sviluppo: funzionali ai censimenti permanenti

Il portale, basato su piattaforme di mercato (fra cui Cast), consente di misurare diversi indicatori sul software sviluppato, generando molteplici benefici.

  • Consentono di migliorare la qualità del software prodotto, grazie al feedback dello strumento che fornisce un responso su alcune dimensioni di qualità; il codice viene dunque messo in produzione solo se risponde al livello qualitativo minimo definito internamente.
  • La possibilità di raccogliere in modo massivo indicatori sul codice realizzato favorisce la capacità di indirizzare gli sforzi di medio-lungo periodo; la possibilità di valutare la maturità delle piattaforme sviluppate consente indirizzare gli investimenti in nuovi sviluppi o nella manutenzione del software esistente.
  • È possibile misurare la dimensione di quanto sviluppato, grazie all’adozione massiva degli automated function point.
  • Il percorso per certificare anche le piattaforme di sviluppo ha aumentato le competenze interne.
  • È aumentata la velocità di sviluppo.

L’ultimo risultato consente di arrivare puntuali ogni anno all’appuntamento con i diversi censimenti permanenti che coinvolgono un gran numero di operatori e rappresentano una sfida l’affidabilità e la sicurezza del codice sviluppato.

Il censimento della popolazione coinvolge ad esempio una rete di rilevazione di 20mila persone (14mila sul campo e 6mila coordinatori) a cui i aggiungono i rilevatori messi a disposizione dai comuni, mentre il censimento dell’agricoltura, avviato a gennaio 2021, coinvolgerà 35mila operatori.

“Il codice sviluppato deve essere assolutamente affidabile: non sono tollerabili errori in fase di rilevazione – sottolinea il CIO – Il processo di rilevazione è infatti totalmente digitale su tablet e non c’è un backup, non è possibile ricorrere alla carta se qualcosa non funziona”. Altrettanto affidabile e a prova di vulnerabilità deve essere il sistema di monitoraggio per rilevare l’andamento del censimento. Proprio grazie all’adozione degli standard, gli strumenti per misurare la qualità e l’analisi statica del codice che consente di evidenziare eventuali vulnerabilità, Istat è riuscita a fornire soluzioni software capaci di soddisfare queste esigenze.

Contratti più semplici grazie agli standard

L’adozione di standard per il software favorisce anche il rapporto contrattuale con fornitori esterni (attivato prevalentemente attraverso gare Consip) a cui Istat di rivolge per supportare uno sviluppo realizzato soprattutto internamente. “L’uso di standard è fondamentale per basare il rapporto contrattuale su parametri condivisi: nei piani di qualità si fa largo uso degli standard internazionali che sono ormai assunti come standard di fatto per gli sviluppatori che realizzano codice per la PA e forniscono una lingua comune per una comunicazione chiara e trasparente nei confronti dei fornitori”, conclude Fedeli.

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