La concorrenza geopolitica e i rapidi cambiamenti tecnologici scuotono da mesi l’economia dell’Unione Europea e vale anche e soprattutto per quei settori strategici in cui non siamo indipendenti. La Commissione Europea ne prende atto, pubblicando una serie di iniziative per minimizzare i rischi ma senza minare quell’apertura economica che a volte ci caratterizza e che spesso ci salva.
Garantire sicurezza, mantenendo alto il livello di competitività dell’Unione Europea in un contesto come quello attuale è decisamente complesso. È una mission che va perseguita continuando ad aggiustare la strategia, a seconda degli eventi che accadono in tutti i continenti.
La Commissione Europea ci prova, ma c’è chi ne critica l’approccio, troppo duro e “anti-cinese”, pur apprezzando l’approccio indipendente alla sicurezza economica.
Controlli solo in extrema ratio
Per raggiungere un buon livello di stabilità, l’UE si è impegnata a promuovere la propria base economica e la propria competitività, proteggendosi dai rischi. Questa strategia lascia perplessa SEMI, un’associazione industriale che rappresenta 3.000 produttori di chip e non lo nasconde. Avendo ben presente le dinamiche che regolano gli affari nel proprio settore, non si trattiene dall’esprimere parecchie perplessità. E una forte richiesta: rinunciare ai controlli sulle esportazioni in Cina.
Secondo l’associazione, quindi, interventi estremi come questi, andrebbero considerati solo “in extremis”, appunto, e per proteggere la sicurezza nazionale, se messa realmente a rischio. Inutile infatti, secondo SEMI, negare che questo genere di decisioni nascono dalla pressione da parte degli Stati Uniti che vogliono l’Europa al proprio fianco nel loro intento di “soffocare” il settore cinese dei semiconduttori. Azioni come quella olandese che ha chiesto a ASML di non fornire più al Regno di Mezzo le sue macchine litografiche a ultravioletti profondi (DUV) uniche al mondo per la produzione di semiconduttori di ultima generazione, sarebbe solo un assaggio di quello che potrebbe accadere in futuro. E SEMI è preoccupata, vendendo prevalere questo tipo di atteggiamento sul terreno globale: ritiene potrebbe portare seri danni agli operatori europei inclusi in una catena di fornitura delle più complesse e delicate, e che va conosciuta bene prima di essere interrotta o modificata.
Anche il controllo più severo degli investimenti stranieri in produttori di chip dell’UE chiesto dalla Commissione, potrebbe ritorcersi contro la supply chain dei chips, anche contro i suoi anelli europei. Questo “scricchiolare” della catena di fornitura fa paura a chi ne fa parte tanto quanto “l’introduzione di meccanismi di screening eccessivi che potrebbero scoraggiare gli investitori extra-UE e compromettere il potenziale successo dell’European Chips Act” afferma SEMI.
Tale associazione desidererebbe invece che l’UE lasci le aziende più libere di decidere come investire, in modo che ciascuna possa muoversi al meglio per mantenere agilità e rilevanza sui mercati globali.
Alleanze, apertura e rafforzamento interno: la linea di SEMI
Nel documento di SEMI non compaiono solo “critiche” e paure, ma ben si delinea l’approccio che il mondo dei chip rappresentato desidererebbe. In modo delicato, ma si invita l’UE a puntare maggiormente sul “costruire” e non sul “vietare” o “controllare”. Ciò significa, nel concreto, suggerirle di impegnarsi nella promozione delle opportunità economiche e sulla creazione di partenariati con i Paesi extraeuropei.
L’obiettivo ultimo delle azioni messe in campo dovrebbe quindi essere quello di garantire il massimo livello possibile di accesso ai mercati globali ai player europei. Il contrario dei divieti che si sentono nell’aria.
Tra le raccomandazioni strategiche contenute nel documento di SEMI compare proprio l’invito a “rafforzare l’ecosistema high-tech europeo” e, con la stessa enfasi, “rafforzare la cooperazione internazionale”. La raccomandazione che ammicca ai controlli tanto graditi agli Stati Uniti, è quella di mantenere “un approccio proporzionato” per non appesantire le aziende della stessa UE, offrendo loro la disponibilità a iniziare “un dialogo continuo e strutturato”. Se l’Unione Europea ascolterà o meno SEMI, lo si capirà nei prossimi mesi.