Non è un buon momento per CentOS, il “Community enterprise Operating System” open source, indirizzato alle imprese e agli utenti professionali. Al termine del 2021, la distribuzione CentOS Linux 8, la “rebuild” di Red Hat Enterprise Linux (RHEL) 8, sviluppata a partire dal codice sorgente che la società rende pubblicamente disponibile, e attualmente installata su molti server, cesserà infatti di esistere: come tale, quindi, non verrà più aggiornata e supportata, violando così una timeline originaria che prevedeva la fase EOL (end-of life), la fine vita di tale versione del sistema operativo, soltanto a fine 2029.
L’inatteso e pesante cambio di programma, che ha indignato molti utenti di CentOS, un sistema installato su milioni di server, fisici o virtuali, è in realtà una diretta conseguenza della decisione, annunciata l’8 dicembre 2020 da Chris Wright, senior vice president e chief technology officer di Red Hat, di spostare interamente l’investimento della società da CentOS Linux a CentOS Stream, la piattaforma di sviluppo “upstream” già annunciata nel settembre 2019. Red Hat, chiarisce Wright nel blog della società, ha informato dello “shift” d’investimento su CentOS Stream il consiglio direttivo del progetto CentOS.
Disappunto tra gli utenti
Come si può constatare leggendo le prime reazioni e commenti sul blog di CentOS, dopo l’annuncio del cambio di focalizzazione della piattaforma, gli utenti del settore non hanno affatto preso bene la mossa di Red Hat, esprimendo un misto di rabbia, delusione, preoccupazione. Non piace, in sostanza, l’idea di poter sfruttare soltanto fino al termine di quest’anno gli aggiornamenti, la solidità di un ecosistema software e di un sistema operativo server come CentOS 8, liberamente scaricabile dai vari mirror ufficiali. E non piace, soprattutto, apprendere, come chiariscono le faq del progetto, che non verrà prodotto un CentOS Linux 9, come rebuild di RHEL 9, ma che esso sarà invece sostituito da CentOS Stream 9: e quest’ultima non è considerabile un’alternativa server valida, in quanto si caratterizza come una “rolling release”, per sua natura non concepita per fornire la comprovata stabilità di CentOS.
Nell’ecosistema di sviluppo software di Red Hat, CentOS Stream si colloca infatti concettualmente in una posizione intermedia: a valle del progetto open source Fedora, anch’esso sponsorizzato da Red Hat e fonte base di RHEL; e a monte del prodotto commerciale RHEL, perché di fatto rappresenta una sorta di anteprima delle caratteristiche e funzionalità che si potranno ritrovare in ogni futura versione di Red Hat Enterprise Linux.
In questa situazione, evidentemente, chi, per vari progetti, da anni era abituato a fare affidamento sulla robustezza di CentOS si sente smarrito, e non trova in CentOS Stream una soluzione accettabile. Nel blog di CentOS Project, gli utenti lamentano vari problemi: c’è chi stava compiendo la migrazione dei server CentOS alla versione CentOS 8, ed ora si trova a dover valutare altre soluzioni server; o chi, ad esempio, usava RHEL in produzione e CentOS in fase di test, per evitare di pagare licenze su tali sistemi, e poter comunque contare su un server Linux stabile, e speculare a RHEL in termini di codice. Molti sviluppatori, aziende di vari settori, creano progetti open source sulla piattaforma CentOS; imprese di piccole e medie dimensioni e amministratori di sistema, in possesso di competenze tecniche sufficienti per gestire la piattaforma, possono scegliere questa distribuzione Linux per risparmiare sui costi derivanti dall’acquisto di una “distro” Linux commerciale e dalla eventuale sottoscrizione di servizi di supporto e consulenza a pagamento, offerti contestualmente. Anche gli hosting provider, ad esempio GoDaddy, tra le varie piattaforme utilizzano CentOS per fornire server dedicati.
Server Linux: alcune possibili alternative a CentOS
Premesso che chi sta utilizzando la versione CentOS 7 potrà ancora contare sul supporto di questa distro fino al 2024, seguendo il ciclo di vita di RHEL 7, chi ha server basati su CentOS 8, prima della fine del 2021 ha comunque tempo per valutare, ed eventualmente adottare, altre distribuzioni Linux dotate di una stabilità equivalente e liberamente utilizzabili: una prima soluzione potrebbe essere rappresentata da Ubuntu server: la release 20.04 LTS (Long Term Support) riceverà infatti aggiornamenti fino ad aprile 2025, e gode di notevole popolarità, non solo tra gli utenti di macchine server.
Anche se, occorre ricordare, a livello enterprise una certa continuità tecnologica tra i sistemi gioca un ruolo importante, e passando ad Ubuntu si perderebbero strumenti abituali: solo per fare un esempio, essendo basata sul progetto Debian, Ubuntu utilizza un package manager come APT (Advanced Package Tool), che gestisce pacchetti con estensione .deb, e si pone quindi in discontinuità con un gestore di pacchetti come YUM/DNF, basato sull’uso di pacchetti .rpm, con il quale gli utenti di CentOS, e di sistemi Linux Red Hat-based, hanno acquisito familiarità da molto tempo.
Da questo punto di vista, alternative interessanti a CentOS ci sarebbero, e si possono individuare in alcuni cloni di RHEL: uno di essi, inizialmente nominato Project Lenix, ed ora chiamato AlmaLinux, è presentato dalla società CloudLinux, la creatrice di CloudLinux OS, un sistema a pagamento, dedicato agli hosting provider e, dichiara CloudLinux, attualmente funzionante su oltre 60 mila server in produzione e più di 20 milioni di siti web. AlmaLinux, invece, è presentato come un “fork”, open source e “community-driven”, di RHEL 8, con cui mantiene una completa compatibilità a livello di file binari; un OS “completamente free” sponsorizzato e manutenuto da CloudLinux, che s’impegna a fornire aggiornamenti stabili e ben testati fino al 2029. Gli utenti di CentOS 8 potranno convertire il server a questo sistema tramite un singolo comando che commuta repository e chiavi di validazione del software. Il rilascio di AlmaLinux è previsto nel primo trimestre di quest’anno.
Per chi invece volesse migrare a una distribuzione subito disponibile, la soluzione può essere Oracle Linux 8, che, sottolinea l’azienda, è al 100% compatibile con RHEL e rappresenta una “better alternative to CentOS”. Anche Oracle fornisce gratuitamente codice sorgente, binari, aggiornamenti, per usare Oracle Linux in produzione. Da CentOS Linux 8, è possibile migrare direttamente a Oracle Linux 8 (OL8) utilizzando uno script.
Un’altra tra le possibili alternative a CentOS 8, ancora però in fase di sviluppo all’interno della comunità, è Rocky Linux: anch’essa si posiziona come una distribuzione gratuita e al 100% compatibile con CentOS. Il Rocky Linux Project è guidato da Gregory Kurtzer, fondatore del progetto CentOS.
2021: Red Hat risponde agli utenti offrendo “No-costRHEL” fino a 16 server
Nel frattempo, e precisamente attraverso un annuncio del 20 gennaio 2021 pubblicato sul proprio blog, Red Hat ha deciso di fornire una soluzione alle reazioni e ai problemi che la base di utenti di CentOS sta affrontando con lo shift verso CentOS Stream. La novità, resa possibile attraverso un’espansione dei termini del Red Hat Developer Program, consiste ora nella possibilità (prima limitata a una singola macchina) di sfruttare la sottoscrizione individuale sviluppatori per RHEL, per utilizzare la distribuzione Linux di Red Hat in produzione senza nessun costo, installandola su un massimo di 16 sistemi. La sola condizione richiesta per scaricare RHEL e ottenere gli aggiornamenti, assicura la società, è la registrazione di un account Red Hat “free”.