MILANO – Parte dai numeri Gianni Anguilletti, country manager di Red Hat Italia, per presentare alla stampa italiana le prossime strategie di sviluppo di una realtà che non conosce crisi, né a livello globale e tanto meno in Italia. Pur non potendo fornire il dettaglio del fatturato nazionale, Anguilletti si sbilancia sottolineando come i numeri locali siano “assolutamente in linea con quelli registrati dal business globale della multinazionale”. E parliamo di una realtà che a febbraio ha chiuso l’anno fiscale 2015 con un fatturato globale di 1,79 miliardi di dollari, in crescita del 17% rispetto allo scorso bilancio d’esercizio, “superando la precedente crescita che avevamo già registrato tra il 2013 e il 2014, pari al 15%, nonostante le ripercussioni legate alle fluttuazioni monetarie: il rafforzamento del dollaro è ‘costato’ all’azienda circa una ventina di milioni di dollari”, ammette Anguilletti. “L’aspetto più rilevante è che la crescita deriva principalmente dalle tecnologie non connesse con i sistemi operativi Linux, ossia dalle piattaforme middleware per lo sviluppo applicativo e le infrastrutture cloud (Jboss, OpenStack, OpenShift e cloud) che sono cresciute di oltre il 43%”.
Un risultato decisamente positivo per quello che oggi è considerato uno dei maggiori ‘contributori’ di codice sviluppato (Linux, OpenStack, Apache…) nelle community open source, tanto da spingere l’azienda a definire “un piano di sviluppo triennale che prevede una crescita costante e l’obiettivo di raggiungere e superare i 3 miliardi di dollari nell’arco del prossimo triennio”, sostiene Anguilletti. “La strategia di sviluppo si snoda su due direttrici principali: quella organizzativa, attraverso la quale l’azienda mira ad una più dettagliata verticalizzazione delle competenze e della capacità propositiva per raggiungere nuovi mercati come quello Retail e Industry [i mercati storici sono rappresentati da Pa, Telco e Finance – ndr]; quella tecnologica che mira alla copertura/completezza tecnologica (attraverso uno stack infrastrutturale che comprende sistema operativo, virtualizzazione, hybrid cloud, middleware, soa, system management, storage, big data, cloud…), alla flessibilità garantita dall’evoluzione verso l’open hybrid cloud, e all’”apertura” attraverso il supporto dei maggiori hyperV, middleware e sistemi operativi”.
A sostegno dei piani rivelati da Anguilletti c’è l’ultima proposizione tecnologica, Red Hat Linux Container: “Si tratta di veri e propri ‘contenitori’ che, esattamente seguendo la logica dei container logistici che possono essere spediti indistintamente via mare, terra, rotaia, ecc., possono trasportare dati e applicazioni indipendentemente dall’infrastruttura sottostante”, spiega Edoardo Schepis, presales manager della filiale italiana. “A nostro avviso, questa soluzione potrebbe addirittura ‘scalzare’ la virtualizzazione perché riesce a garantire una maggiore densità applicativ a su una stessa infrastruttura, sia essa virtualizzata, fisica o in cloud (i contanier si possono spostare con facilità da un ambiente ad un altro e integrarsi e interoperare tra di loro)”.
Uno dei tasselli chiave nella strategia di sviluppo dell’azienda è infine rappresentato dall’IoT, “segmento nel quale vogliamo mettere a frutto la nostra natura di ‘catalizzatori’ – sottolinea Giovanni Pirola, regional service manager di Red Hat Italia -: l’open source e le community globali possono contribuire in modo significativo alla definizione delle architetture cosiddette ‘intermedie’ nell’IoT, quelle che stanno tra i sensori e i componenti ‘sul campo’ e le applicazioni aziendali, soprattutto a livello di middleware e storage”.