Red Hat Open Source Day 2015: quali opportunità dai software aperti

L’edizione milanese del tradizionale appuntamento dedicato all’open source ha offerto una panoramica, con l’intervento di un analista Gartner, sui nuovi scenari digitali e sulle opportunità derivanti da un approccio tecnologico e di innovazione aperto, con il punto di vista dei principali player It partner della software house americana.

Pubblicato il 01 Dic 2015

MILANO – Un’intera giornata di keynote e sessioni tecniche per scoprire i vantaggi in termini di innovazione, economici e competitivi apportati dalle soluzioni a codice sorgente aperto: a Milano è andato in scena l’Open Source Day, evento annuale organizzato da Red Hat, con l’obiettivo di analizzare adozione e applicazioni delle tecnologie open in Italia.

Alla kermesse lombarda (l’evento è stato replicato a Roma in un’affollatissima sessione che ha raccolto nelle due edizioni circa 2800 persone) Gianni Anguiletti Country Manager di Red Hat, ha fatto gli onori di casa; il suo speech di benvenuto è incominciato con alcune considerazioni sullo scenario socio-tecnologico attuale: sui mega schermi appaiono buzzwords come trasformazione digitale, mobile and cognitive era, It-defined business, ma soprattutto Software-defined Everything, ovvero viviamo in un contesto, professionale e privato, dove le applicazioni determinano qualsiasi attività e rappresentano il core per moltissime società leader da Google a PayPal, passando per Airbnb, Amazon, Facebook e Spotify.

L’It bimodale e l’open source per l’innovazione

Gianni Anguiletti, Country Manager di Red Hat, durante il suo intervento

L’It deve sostenere l’impresa a duplice passo (il concetto di bi-modalità teorizzato da Gartner), supportando l’operatività con la costanza di un maratoneta e l’innovazione digitale con l’estro dello sprinter: “In questo quadro – afferma Anguiletti – l’open source si sta imponendo con sempre maggiore evidenza come punto di riferimento e trait d’union rispetto ai fenomeni tecnologici contemporanei, offrendo un modello di sviluppo per la realizzazione sia delle applicazioni più innovative sia delle soluzioni alla base delle infrastrutture core”.

Come sostiene il country manager, l’open source oggi supporta i principali trend tecnologici, come cloud, big data /IoT, DevOps, containers (gli ambienti di virtualizzazione), integrazione applicativa e mobility, offrendo “il giusto contenuto di innovazione, la corretta copertura funzionale, la necessaria sostenibilità economica e la libertà di scelta rispetto al fornitore coinvolto nell’implementazione di progetti mission critical”. Gli esempi citati sostanziano la portata del fenomeno: OpenStack per la nuvola; Hadoop per la gestione dei grandi volumi di dati; Maven, Jenkins e Openshift per lo sviluppo agile; Linux, Docker e Kubernetes per la virtualization, Apache Camel e JBoss Fuse a supporto dell’integration; infine, Android sul fronte smartphone e tablet.

L’approccio Red Hat e la vision Gartner

Dopo Anguiletti, la parola passa a Werner Knoblich, Vice President Emea di Red Hat, per alcune considerazioni di scenario: oggi le aziende concorrono in una dimensione globale e con imprese al di fuori del proprio settore di appartenenza (contaminazione dei mercati); il business richiede una capacità di risposta con velocità ed efficacia senza precedenti, che impone all’It maggiori livelli di flessibilità e scalabilità, in termini infrastrutturali e di software development. Le applicazioni monolitiche tradizionali mal supportano i nuovi requirements, mentre occorrono approcci architetturali più agili, in grado di restituire un corretto bilanciamento tra qualità del software e velocità di development. “Attualmente – sostiene Knoblich – si distinguono quattro tipi diversi di applicazioni: monolithic, connected, modern web e microservices (i software vengono sviluppati come un insieme di piccoli servizi scalabili, indipendentemente implementabili e intercomunicanti attraverso protocolli, ndr), che possono essere eseguite in altrettanti ambienti, ovvero macchine fisiche o virtuali e cloud privati o pubblici”. In questo contesto, la complessità da gestire si alza di livello. La Red Hat Atomic Enterprise Platform si pone come substrato collante per eseguire, orchestrare e scalare applicazioni e servizi multi-container, ovvero eseguibili indipendentemente dal computing environment. La piattaforma è stata lanciata lo scorso giugno e va a completare l’offerta di software e servizi offerti da Red Hat, all’interno di una strategia volta allo sviluppo di un Open Hybrid Cloud, che, nella vision della corporation, va a colmare il gap tra le esigenze di innovazione del business e le effettive capacità di supporto garantite dalle infrastrutture tradizionali.

Philip Dawson, VP Analyst di Gartner durante il suo speech

L’intervento successivo, invece, è stato a cura di Philip Dawson, VP Analyst di Gartner, che ha esploso il concetto di bimodalità dei sistemi informativi, un approccio indispensabile per supportare il digital business. “L’Enterprise It sta vivendo la Terza Era – dice l’analista -: da una fase artigianale dove la tecnologia rappresentava il focus principale, si è passati allo stadio di industrializzazione, per cui i processi erano al centro della scena e gli obiettivi si concentravano intorno ad efficacia ed efficienza. Oggi siamo allo stage della digitalizzazione: sotto i riflettori ci sono i modelli di business e la capacità di portare innovazione”. Se la figura del maratoneta è figlia dell’industializzazione, lo sprinter è tipico dell’epoca attuale. I due ruoli differiscono sotto una pluralità di aspetti (affidabilità vs agilità, pianificazione vs approccio empirico, lungo periodo vs breve, centralità su tecnologia vs business, fornitori enterprise vs piccoli vendor e così via), ma sono entrambi indispensabili. Secondo le dichiarazioni di Gartner, entro il 2017, il 75% delle organizzazioni It incorporerà l’approccio bimodale, ma nella metà dei casi in maniera disordinata. Dawson propone una serie di consigli per una roadmap corretta: innanzitutto, partire con una serie di step preparatori (ad esempio, introdurre elementi agile e di collaboration, istituire innovation lab, aggiungere nuovi fornitori) per arrivare a un livello di adozione più maturo (sourcing adattivo, collaborazione cross-business, Cfo e Ceo nel board, adozione regolare delle metodologie agile); ammodernare le infrastrutture (Modalità 1) per supportare i servizi (Modalità 2); differenziare gli approcci per processi diversi; favorire l’integrazione dei due It Mode, che devono riconoscersi reciprocamente importanza; valutare e testare la capacità dei partner nel seguire e supportare la bimodalità.

Parola ai vendor: verso la digital transformation

Un momento della Tavola Rotonda

Terminati i keynotes, l’evento milanese è proseguito con la tavola rotonda moderata da Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno, con la partecipazione di player leader nel campo dell’Information Technology.

La prima riflessione riguarda la capacità dei vendor di accompagnare le aziende clienti lungo il percorso di digital disruption.

“Con cinquanta miliardi di smart object stimati per il 2020 – esordisce Alberto Degradi, Architectural Infrastructure Leader di Cisco – la trasformazione digitale si profila inarrestabile: è questo il messaggio che cerchiamo di trasferire alle Lob. Se prima l’It permetteva di migliorare le performance, oggi ha una funzione disruptive nell’innovare i modelli di business e aumentare la competitività dell’azienda. Se l’evoluzione del data center era tesa a virtualizzazione e consolidamento per guadagnare efficienza, oggi bisogna puntare all’agilità con il cloud. Il nostro contributo verso tale obiettivo riguarda l’automazione: il Ced deve essere definito dalle applicazioni e guidato dalle policy, un concetto che abbiamo mutuato dalle nostre piattaforme Ucs [sistemi integrati di computing, storage e networking, ndr]”.

“La tecnologia – commenta Fabrizio Garrone, Solutions Manager di Dell – sta cambiando il business. Il trend è evidente, ma meno chiaro è il percorso da adottare verso l’innovazione. A nostro avviso, la chiave di successo risiede nella collaborazione tra It e Lob per costruire un nuovo modello tecnologico e organizzativo bimodale, in grado di sostenere le evoluzioni nel tempo. Dell adotta l’approccio Future Ready Enterprise, con un’offerta di soluzioni modulari basate su open standard per garantire al cliente la massima flessibilità e libertà di scelta”.

L’evoluzione strategica dei partner It

A questo punto, Uberti Foppa porta l’attenzione sul concetto di partnership, realmente orientata all’innovazione dei modelli di business, tra cliente-fornitore. “Negli ultimi anni – interviene Donato Ceccomancini, Sales Consultant and Sales Operation Director di Fujitsu – molti progetti digital sono nati fuori dal dipartimento It: la bimodalità è l’occasione, per l’It, per rientrare nei giochi. In questo senso, il nostro impegno è stato diretto allo sviluppo di soluzioni pre-ingegnerizzate basate su OpenStack, così da prenderci in carico la complessità infrastrutturale, consentendo alle aziende di liberare risorse interne”.

“Il lungo processo di evoluzione It – suggerisce Fabio Tognon, Server Country Manage di Hewlett-Packard – va seguito insieme al cliente; ciò presuppone una trasformazione del vendor. Data l’ampiezza del nostro ventaglio di soluzioni, abbiamo ritenuto necessario sviluppare a latere delle conoscenze tecniche specifiche, anche tutta una serie di competenze trasversali per supportare l’azienda utente con un approccio multiservizio”.
“Per seguire gli scenari di digital transformation – riporta Andrea Vercellini, Manager of Client Technical Professionals di Ibm Italia -, abbiamo operato una riorganizzazione interna istituendo business units specifiche per cloud, analytics, mobile e social. Sotto il profilo tecnologico, abbiamo fatto evolvere il mainframe a piattaforma aperta, in grado di allinearsi con i nuovi paradigmi It. Sul fronte cloud, abbiamo un’offerta basata su datacenter proprietario residente in Italia (un fattore importante per la sicurezza e la compliance) e vediamo un futuro ibrido, ma il nostro punto differenziale è senz’altro il cognitive computing con il sistema Watson, che permette un decisivo passo avanti in tema di analytics”.

“Il nostro approccio – sottolinea Alessandro de Bartolo, Enterprise Business Group Country Manager di Lenovo Italy – è completamente aperto, sia dal punto di vista delle tecnologie fornite basate su sistemi x86 sia della flessibilità nel supportare i progetti digital dei clienti”.

L’evoluzione di Sap nell’era digital prende la forma di Hana, “un sistema gestionale a zero latenza, certificato per Red Hat, che permette ai clienti di consolidare il proprio It landscape, ma anche di innovare a una velocità mai vista, grazie alla capacità di coniugare in real-time database e analytics, consentendo il ridisegno di processi, customer engagment e supply chain” come spiega Zoran Radumilo, Head of Innovation Sales – Strategy & Execution della società.

L’impegno verso il mondo open source

Un secondo giro di tavolo, invece, raccoglie idee e opinioni sul mondo open source. Radumilo considera la community una “fonte inestimabile e non trascurabile di risorse per migliorare la produttività di individui e aziende”. De Bartolo ha visto nelle soluzioni open uno strumento per velocizzare lo sviluppo tecnologico del portfolio Lenovo, dopo la separazione da Ibm. L’impegno di Big Blue verso l’open source, come evidenzia Vercellini, si sintetizza in 100 milioni di dollari spesi ogni anno per coadiuvare gruppi e progetti su tematiche Hadoop, OpenStack e Spark. ”Ibm – aggiunge – dona anche molti brevetti e nel 2013 ha fondato l’Open Power Consortium, che rende libera la concessione dell’architettura alla base dei multiprocessori Power8”. Tognon sottolinea l’efficacia della collaborazione e della condivisione delle competenze tra Hewlett-Packard (impegnata in diverse iniziative open source) e Red Hat soprattutto nel servizio di assistenza post-vendita, mentre Ceccomancini propone l’open source come opportunità per le Pmi di avere accesso a tecnologie innovative a costi contenuti, facendo rete e guadagnando competitività. Secondo Degradi, invece, l’open source va a risolvere almeno tre richieste infrastrutturali delle aziende: scongiurare il vendor lock-in, avere flessibilità verso il cloud, evitare vincoli di hypervisor.

L’intervento di Carmine Stragapede, Country Manager di Intel, infine, mette in luce lo spirito di collaborazione con Red Hat e si traduce in una esortazione per le aziende nazionali: “Come Intel, siamo alla base dell’It: produciamo i building blocks, che però sono stati pensati appositamente per sistemi in grado di supportare l’evoluzione infrastrutturale verso la digital transformation. Non possiamo rimanere indietro, dobbiamo prendere la strada della digitalizzazione per rimanere competitivi sul mercato. Stiamo attraversando la seconda rivoluzione industriale, l’Italia non può perdere questa occasione”.

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