Red Hat, open source un passo obbligato per la digitalizzazione delle imprese

Il vendor ha chiuso l’ultimo anno fiscale con un fatturato di oltre 2 miliardi di dollari. Secondo il country manager italiano sono sempre più i vendor it che desiderano entrare nell’ecosistema della multinazionale dell’open source. Fra le novità più importanti, le partnership con Amazon, Google, Microsoft Azure e Rackspace

Pubblicato il 30 Mag 2016

Gianni Anguilletti, Country Manager Italy di Red Hat, colosso mondiale della fornitura di tecnologie open source, durante un recente incontro con la stampa italiana per fare il punto sugli ultimi sviluppi del vendor, la sua visione del futuro e le strategie in corso, ha affermato con entusiasmo: “Sono convinto che Red Hat stia scrivendo una pagina di storia dell’It”.

Gianni Anguilletti, Country Manager Italy di Red Hat

Secondo il top manager, l’It vive un momento in cui “chi volesse implementare un Infrastructure as a service (IaaS), o un ambiente di integrazione o un’architettura Big data senza utilizzare software open source dovrebbe riflettere seriamente. Non vedo un futuro di sviluppi applicativi e infrastrutturali senza open source”, dichiara ricordando come l’open source consenta di evitare problematiche di vendor lock-in. E quest’ultimo non è un problema che si risolve, per esempio, con l’adozione di servizi cloud; Anguilletti afferma infatti che “in alcune situazioni i servizi cloud pubblici potrebbero rivelarsi un nuovo modo di creare vendor lock-in”, dato che non è detto sia così semplice passare da un fornitore di servizi cloud a un altro.

L’apertura e la flessibilità sono i due aspetti più rilevanti nella visione Red Hat del futuro dell’It. Iniziando a illustrare le tecnologie della sua azienda, Anguilletti sottolinea più volte un punto: “Noi offriamo tutto quello che serve per lo sviluppo, l’integrazione e la creazione di architetture e infrastrutture: dal middleware allo storage, dalla IaaS all’hybrid cloud e al cloud pubblico, ma non obblighiamo a utilizzare solo componenti Red Hat. Su server basati su Red Hat Enterprise Linux si può far girare non solo Red Hat Enterprise Virtualization ma anche Vmware vSphere o Microsoft Hyper-V. Non perché distribuiamo JBoss impediamo ai clienti di implementare altri application server’”.

Date l’ampiezza dell’offerta, spinta all’apertura, qualità del software e le dimensioni del vendor (2 miliardi di dollari di fatturato nel fiscal year 2016, pari a un +17% sul 2015; 2 miliardi di dollari in liquidità; 9.000 dipendenti; uffici in 80 paesi), viene difficile dubitare quando Anguilletti dichiara: “Sono sempre di più gli hardware vendor, gli independent software vendor (Isv) e i system integrator che desiderano far parte del nostro ecosistema”. D’altro canto, la stessa Red Hat si impegna a sviluppare partnership molto strette: fra le più recenti quelle con Amazon, Google, Microsoft Azure e Rackspace. Ibm Softlayer “ha già un ampio portafoglio di tecnologie Linux-based, ma le sue soluzioni si integrano bene con le nostre. Le relazioni con i Certified Cloud Service Provider – conclude Anguilletti – oggi per noi sono molto strategiche”

Da un punto di vista organizzativo, per concludere, Red Hat punta su tre pilastri: sviluppo delle risorse umane, concentrazione sui mercati verticali e focalizzazione su singole tecnologie emergenti.

Strategie che si riflettono direttamente anche sulle relazioni con il canale.

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