L’acquisizione di VMware da parte di Broadcom è un tema consolidato, ma il suo impatto continua a essere significativo a causa della profonda trasformazione che ha determinato, anche sull’offerta e sul modello di business dell’azienda. Curiosi di scoprire quali siano le ultime tendenze del mercato a livello globale, ma anche (e soprattutto) come questo stia reagendo alla trasformazione di un pilastro come VMware, ZeroUno ha interpellato il CTO EMEA dell’azienda, Joe Baguley.
Un nuovo approccio al cloud ibrido e il trend dell’AI “at the Edge”
Partiamo da un’analisi del contesto, ovvero dai trend del momento. VMware ha sempre supportato in modo deciso le declinazioni private e ibride del cloud, fornendo alle organizzazioni tutti gli strumenti per creare un private cloud enterprise a tutto tondo. L’azienda può dunque vantare una prospettiva di osservazione privilegiata sulle dinamiche di mercato.
Per prima cosa, parrebbe che la tanto sbandierata repatriation sia meno incisiva del previsto. Piuttosto, oggi le aziende hanno un approccio diverso nei confronti del cloud, più consapevole, razionale e indirizzato alla massima flessibilità. “Più che un esodo di massa dal cloud pubblico – spiega Joe Baguley – ciò che sta accadendo è un rallentamento. Siamo passati dalla fase in cui tutto sarebbe migrato verso il cloud pubblico a un approccio più equilibrato, dove le aziende identificano cosa migrare e l’infrastruttura giusta verso cui rivolgersi. Qualche anno fa, prima si sceglieva il cloud e poi si lavorava a ritroso”.
Oltretutto, sottolinea il CTO di VMware, oggi tengono banco tematiche di compliance (per esempio, DORA in UE), che stanno facendo (molto) riflettere le aziende circa la localizzazione dei dati. Non a caso, VMware rileva un aumento considerevole nella quantità di provider di cloud sovrani. “Ma nonostante questo, ci sono ancora delle preoccupazioni nell’impiego del cloud, e l’AI sta contribuendo in tal senso. Anche per questo, uno degli ambiti su cui le aziende si stanno concentrando è l’Edge. Vedremo molti più carichi di lavoro AI all’Edge”, e questo contribuirà al rafforzamento di quel paradigma edge-to-cloud che tiene banco da qualche anno.
La semplificazione dell’offerta: più tecnologia e meno “license engineering”
Nel contesto appena descritto, VMware è andata incontro a una trasformazione profonda, che ha determinato un impatto significativo in tutto il mondo IT. Alla revisione organizzativa ha fatto da contraltare una completa ristrutturazione dell’offerta nell’ottica di quella che l’azienda chiama “portfolio simplification”.
Oltre a essere chiaramente una mossa strategica, il CTO di VMware sottolinea quanto la semplificazione fosse a suo giudizio necessaria: “Prima dell’acquisizione, VMware aveva 9.000 prodotti e 168 bundle diversi. C’erano persone tra i nostri clienti con più esperienza in licensing che in tecnologia, e questo doveva cambiare. La semplificazione delle licenze è una replica di quello che abbiamo fatto e stiamo facendo al nostro interno; prima dell’acquisizione, infatti, avevamo diverse business unit e, anche se tutti andavamo nella stessa direzione, c’erano delle differenze e degli aspetti che non si allineavano al 100%. Ora la complessità è sparita e siamo concentrati a fornire la migliore piattaforma integrata di private cloud”.
Semplificare l’offerta porta l’azienda ad essere più rapida nel soddisfare le esigenze del mercato: “Secondo me, la principale differenza rispetto a prima riguarda la roadmap di prodotto: prima, ognuno di quei componenti era una storia a sé, ora la roadmap è guidata da VCF (VMware Cloud Foundation). Con 9.000 prodotti, è difficile fare le cose rapidamente, ma se ho un prodotto ben focalizzato, riesco a concentrarmi su ciò che conta e accelerare. Stiamo facendo esattamente questo, e l’abbiamo già dimostrato con l’annuncio della versione 5.2, che di fatto ha introdotto sul mercato alcune funzionalità (tra cui l’importazione live e i live update – ndr) di cui parlavamo da tempo”.
Ogni mossa di questo calibro risponde ovviamente a una precisa strategia. Con la semplificazione, VMware dichiara di voer fornire una piattaforma cloud industrializzata che sia completa, affidabile, che evolva velocemente e consenta ai clienti (e ai partner) di concentrarsi più sugli aspetti tecnologici che su quelli di “license engineering”. Tuttavia, mettendosi nei panni dell’azienda non si può neppure trascurare il tipico effetto della standardizzazione, ovvero la riduzione di flessibilità. Oggi, molte soluzioni software VMware sono accessibili solo come parte dei pacchetti VCF o VVF (VMware vSphere Foundation) e non possono più essere acquistate singolarmente. È chiaro, che non tutti i clienti hanno bisogno di tutto: questo si riflette sul costo e può certamente condizionare le loro mosse presenti e future.
Il passaggio al modello subscription e il nodo dei costi
Un aspetto che ha fatto parlare molto di sé negli ultimi mesi e ha creato timori e resistenze è stato il passaggio integrale al modello subscription, ovvero all’abbonamento, al posto delle licenze perpetue. Il rischio, sottolineato da più parti, è ovviamente legato a un sostanziale aumento dei costi.
Joe Baguley sottolinea che “nella maggior parte delle conversazioni con i clienti, mi dicono che l’aumento non è stato così importante come si aspettavano, considerando tutto quello che hanno letto negli ultimi mesi. Si dicono molte cose, ma non tutte sono vere, e c’è anche una tema di percezione relativa al passaggio all’abbonamento. Penso che, giustamente, molti clienti siano rimasti sorpresi, ma a volte dipende anche da come le aziende percepiscono i loro costi. Ho avuto una conversazione recente in cui il cliente era convinto avessimo alzato i prezzi in modo consistente, ma poi guardando i numeri ci siamo resi conto che la realtà era un’altra. L’azienda, infatti, aveva la percezione che il suo costo fosse solo la spesa annuale per supporto, servizi e altro, e non teneva conto dell’investimento iniziale. Lato nostro, come abbiamo già detto pubblicamente, se si considera tutto il contenuto del pacchetto (VCF – ndr), questo è offerto a metà prezzo rispetto a prima”.
Resta il tema, cui peraltro abbiamo già accennato, che non a tutte le aziende serve tutto: “Certo, capisco. E quindi so che per alcune aziende i costi potrebbero essere un po’ più elevati. Ma poi succede che ci sediamo con loro, osserviamo cosa stanno usando e scopriamo che potrebbero risparmiare adottando quello che è ora incluso in questo prodotto, e ciò che è ora incluso nell’altro. A volte capita che i CIO mi chiedano consigli su prodotti che pensano VMware non faccia, ma poi si scopre che il prodotto esiste eccome e loro lo possiedono già. Il fatto è che non tutte le aziende, pur avendo acquistato la virtualizzazione magari un decennio fa, hanno seguito l’evoluzione di VMware, cosa è cambiato nel tempo, cosa offriamo e cosa potrebbero fare con soluzioni che ora sono integrate”.
Due miliardi di dollari in ricerca e sviluppo: in quale direzione?
A seguito dell’acquisizione da parte di Broadcom, è stato annunciato investimento di 2 miliardi di dollari per accelerare la ricerca e sviluppo di prodotti e servizi VMware. Limitando l’osservazione ai prodotti, ci domandiamo dunque in che modo l’azienda stia allocando un budget così considerevole, da cui dipende buona parte della sua capacità innovativa.
“La risposta veloce a questo quesito – spiega Joe Baguley – è che ci stiamo concentrando nel rendere VCF la principale piattaforma cloud privata raddoppiando gli investimenti nelle risorse giuste, sia in termini di personale che di tecnologia. Abbiamo poi apportato modifiche alla nostra infrastruttura interna per ottenere un ambiente migliore e più grande su cui sviluppare le nostre soluzioni e, al tempo stesso, investiamo per migliorare il modo con cui sviluppiamo e realizziamo i prodotti. Tornando al discorso di prima sull’accelerazione, alcuni cambiamenti si stanno già vedendo nella release 5.2: se siamo stati in grado di accelerare, è grazie a questi investimenti”.