Non crediamo di far torto alla Rhiag (www.rhiag.com) se diciamo che il suo nome non è tra quelli più noti alla maggioranza dei nostri lettori. Eppure è molto probabile che ciascuno di noi abbia acquistato, sia pure indirettamente, i prodotti che distribuisce. Infatti la società, che ha sede a Milano ma fa parte di un gruppo di aziende commerciali che opera anche in Svizzera e nell’Est Europa (Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Ucraina e Ungheria) è il numero uno in Italia nella distribuzione dei componenti per autovetture, trattori e veicoli industriali. E diciamo ‘componenti’ per usare il termine dal più ampio significato, perché l’offerta Rhiag conta ben 80 linee di prodotto, con quasi 90 mila riferimenti. Si va dai ricambi meccanici a quelli elettrici ed elettronici; dai climatizzatori ai lubrificanti; dagli elementi di carrozzeria a quelli del telaio; nonché a tutte quelle parti che vengono definite di ‘rettifica motore’ (cioè pistoni, canne, fasce, bronzine e, in breve, tutti i pezzi che si cambiano quando si ‘rifà’ un motore), ai sistemi termici (radiatori, riscaldatori e intercooler) e di climatizzazione. Presente da quasi cinquant’anni sul mercato, essendo nata nel 1962, Rhiag offre prodotti certificati di qualità originale, sovente di primo equipaggiamento da parte del produttore, (che possono quindi essere usati su automobili in garanzia) al servizio prima di tutto dei ricambisti, che costituiscono la clientela primaria, e poi, indirettamente, dei rettificatori e degli autoriparatori indipendenti. Come ci spiega Lillo Alletto, Chief Technical Officer della società, “La scelta è di focalizzarci su un numero relativamente limitato di clienti, circa un migliaio, che vengono serviti e seguiti con la massima attenzione da 17 filiali distribuite su tutto il territorio italiano”.
Il mezzo principale attraverso il quale questa selezionata clientela viene seguita è il sito di e-commerce della società, “dal quale proviene più dell’80% del nostro fatturato e che – sottolinea Alletto – è stato sviluppato e continua ad evolvere con l’aiuto degli stessi clienti, attraverso i feedback che da questi riceviamo”. L’obiettivo di Rhiag, infatti, non è quello di fornire semplicemente un catalogo consultabile on-line e dotato di un sistema di acquisto e pagamento, ma di dare ai suoi clienti uno strumento che li aiuti nel loro lavoro in modo tale da costituire un elemento di preferenza e risultare, quindi, un fattore di competitività. Così, ricambisti e autoriparatori possono ottenere, attraverso il sito Rhiag, informazioni tecniche, schemi e istruzioni, tabelle di confronto e quant’altro può servire al loro lavoro quotidiano. Requisito essenziale per un sito di questo genere, che deve dare a una clientela limitata ma esigente un supporto tale da farli sentire al centro dell’attenzione del fornitore (“coccolati”, dice Alletto) è, ovviamente, la continuità del servizio. Dalla quale, come si è detto, dipende il business. Ed è appunto ai fini della business continuity Rhiag che nasce il progetto di cui parliamo.
Alla ricerca di affidabilità e controllo
L’infrastruttura sulla quale, fino a meno di due anni fa, si basava l’It della società era di tipo tradizionale, dove ogni servizio aveva uno o più server dedicati, per un totale di oltre 30 macchine. Vi erano quindi, ricorda Alletto, tutte le tipiche problematiche di aggiornamento e di manutenzione, ordinaria e straordinaria (per guasti hardware o esigenze contingenti), connessi ad un parco server di una certa estensione. Il che comportava delle interruzioni del servizio, e che queste interruzioni fossero pianificate oppure no era comunque l’utente (e cliente) Rhiag a risentirne. “Alla luce delle possibilità che le nuove tecnologie (di server e storage virtualization – ndr) comparse sul mercato stavano offrendo – continua Alletto – incominciammo a pensare di realizzare qualcosa che ci desse, ad un costo accettabile a fronte dei servizi erogati, molta più affidabilità e controllo”.
Dopo aver effettuato un assessment della situazione in cui ci si trovava, venne condotta una serie di prove, durate un mese e mezzo, “per valutare la potenza di cui si aveva bisogno in funzione del numero di macchine che andava implementata sulla nuova infrastruttura e anche – osserva Alletto – per incominciare a prendere coscienza dei nuovi tool e delle possibilità che ci avrebbe offerto la nuova architettura”. La scelta del fornitore è poi avvenuta, molto semplicemente, sottoponendo il problema ai tre maggiori vendor in quest’area d’offerta e affidandosi a quello ritenuto più conveniente “in base alla bontà, semplicità, tempi e costi del progetto proposto”. Che è risultato essere Dell (www.dell.it).
La nuova infrastruttura implementata in Rhiag è virtualizzata su due siti, uno fisicamente alloggiato nella sala macchine della sede di Milano e un secondo collocato in hosting presso un data center ad alcuni chilometri di distanza. Il sito A, primario, conta cinque server industry standard collegati in connettività iSCSI ad una San (storage area network) installata su un sistema Dell EqualLogic PS 5000X, al quale sono parimenti collegati i due server del sito B, secondario, sul quale il sito A viene replicato. Il software VMware permette all’infrastruttura fisica di ospitare più di 60 macchine virtuali (63 al momento dell’intervista), replicate in entrambi i siti. La San EqualLogic, basata su disk array Serial ATA interamente ridondati (Raid 10, 5 o 50, per un’availability del 99,999%) ed integrante in modo nativo gli strumenti di virtualizzazione e di Site recovery management (Srm) di VMware, costituisce la piattaforma necessaria a garantire le prestazioni e la continuità di servizio desiderate. Infatti il tempo di ripristino del sistema è, nello specifico di Rhiag, di soli 5 minuti ed è possibile mettere in linea anche le risorse del sito secondario per mantenere il livello prestazionale del servizio a fronte di un picco delle richieste. Se si pensa che, essendo i clienti Rhiag operanti più o meno tutti nelle stesse fasce d’orario si può arrivare facilmente al migliaio di richieste concorrenti, si ha un’idea della robustezza che deve avere un’infrastruttura in grado di gestire questi picchi di domanda. “Al momento – precisa Alletto – il sito secondario ha essenzialmente compiti di disaster recovery, ma nel prosieguo del progetto è previsto che diventi in tutto e per tutto un sito equiparato al primo, da utilizzare per la business continuity o in caso di overflow del sito primario, ai fini dell’ampiezza e della flessibilità dei servizi erogati”.
Il progetto, che ha richiesto un investimento di circa 65 mila euro, è partito agli inizi del 2008 e si è concluso nel marzo di quest’anno. “Abbiamo avuto – dichiara Alletto – un utile supporto da parte del fornitore nella definizione e nell’affinamento del progetto e anche nell’implementazione dello storage. Abbiamo però deciso di fare noi stessi la maggior parte del lavoro anche per capire cosa ci stavamo portando in casa e prendere coscienza dei vantaggi che ne potevamo trarre”. Ciò che l’It Rhiag si attendeva dalla virtualizzazione era soprattutto un guadagno sul fronte della semplicità e flessibilità nella delivery di nuovi servizi al business, realizzabili in tempi più brevi e con una qualità migliore. Una promessa che è stata verificata realizzando un ambiente di laboratorio dove per un mese e mezzo si è, come dice Alletto, “giocato” con la tecnologia per prendere familiarità con la gestione delle macchine virtuali ed esplorarne le potenzialità. Ma i benefici non si sono fermati qui. “Per cominciare, abbiamo avuto un immediato vantaggio sul fronte economico, dato che abbiamo sostituito gli oltre trenta server che avevamo con un’infrastruttura che ci è costata, alla fine del progetto, il 20% in meno Poi c’è il risparmio energetico: eliminando macchine che, avendo tre-quattro anni, non si potevano nemmeno dire tanto vecchie, ma che consumavano circa un kilowatt ciascuna, abbiamo ridotto di oltre il 60% la spesa per l’energia”. In termini monetari, la ‘bolletta’ Rhiag è passata da oltre 32 mila a 14 mila euro l’anno, con un risparmio di 18 mila euro. “Non ci ha guadagnato l’It – commenta Alletto – perché l’energia non è a nostro budget, ma per l’azienda è senz’altro un bel vantaggio”. Se invece l’energia consumata dai server fosse stata a carico dell’It, commentiamo noi, questo risparmio avrebbe permesso, da solo, di ammortizzare in poco più di 40 mesi l’intero investimento. Ma, come sempre, il vantaggio finale è per il business. “Passando all’infrastruttura virtuale abbiamo quasi raddoppiato la quantità dei servizi forniti. Abbiamo aggiunto nuovi strumenti finanziari per il consolidamento del gruppo, una nuova suite di business intelligence per i bisogni sia della parte commerciale sia della supply chain, e altro ancora; il tutto con facilità e senza dover mettere mano al portafoglio”. E infine, anche se l’It Rhiag non ha un contatto diretto con gli utenti finali, è chiaro che il nuovo livello di qualità nel servizio è recepito: “I nostri agenti – conclude Alletto – non ci chiamano più per lamentarsi, ma per proporre suggerimenti e idee di miglioramento, il che significa che possono concentrarsi di più sul loro lavoro”.
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