Software usato: è tempo di osare

La compravendita tra aziende di licenze software si può fare, eppure, in Europa, ci sono ancora molti freni. Primo fra tutti, quello culturale. Stefan Buschkühler, Sales Director International e fondatore di ReLicense ci racconta il suo punto di vista.

Pubblicato il 05 Ott 2015

Lo abbiamo già sottolineato più volte, trattando il tema della compravendita di software usato, ma vale la pena ricordarlo ancora: la Corte di Giustizia Europea, già nel 2012, ha tolto ogni dubbio in merito ed ha stabilito che lo scambio commerciale di licenze software è del tutto legale e può avvenire sia tra privati sia tra aziende. Eppure, nel panorama europeo l’approccio delle aziende è ancora molto ‘timido’, così almeno lo definisce Stefan Buschkühler, Sales Director International e fondatore di ReLicense, società che ha nel suo core business proprio la compravendita di software di seconda mano. “Il paese che si è mosso per primo e che quindi è un po’ più maturo rispetto agli altri è la Germania, ma le resistenze si riscontrano anche lì”, ammette Buschkühler il quale, tuttavia, guardando il bicchiere mezzo pieno aggiunge: “ReLicense è cresciuta moltissimo negli ultimi due anni e sta avendo particolare successo in Italia; recentemente abbiamo riscontrato notevole interesse anche nei paesi del Nord e dell’Est Europa, Polonia in testa”.

Stefan Buschkühler, Sales Director International e fondatore di ReLicense

La crescita di interesse (e di business) verso queste tematiche e opportunità in paesi emergenti è abbastanza comprensibile, ci dice il fondatore: “l’acquisto di licenze software consente alle aziende che operano in questi Paesi in via di sviluppo, che quindi necessitano dell’apporto It, di accedere a risorse applicative indispensabili per la produttività aziendale ad un costo più basso. In questo senso, possiamo anche dire che la crisi economica ha contribuito all’interesse e all’avvicinamento verso questi ambiti di molte realtà aziendali”.

Ciò che rappresenta ancora un grande freno è l’aspetto culturale, la poca fiducia delle aziende, soprattutto quelle di ‘classe enterprise’. “Le aziende di dimensioni più grandi sembrano più propense a vendere i loro software piuttosto che a comprarne altri di seconda mano”, dice Buschkühler. “Ma anche laddove predisposti alla vendita, spesso si bloccano davanti alla preoccupazione di non rispettare le clausole dei contratti stilati con i big vendor o di fronte alla difficoltà di reperire tutta la documentazione necessaria a certificare il passaggio della licenza”.

Sono dunque gli aspetti legali a preoccupare maggiormente, non quelli di natura tecnica. “Noi stessi lavoriamo più a stretto contatto con gli uffici legali delle aziende che non con i dipartimenti It, anche se è da questi ultimi ovviamente che deve partire l’interesse, anche perché gli uffici legali sono piuttosto conservatori e ‘timorosi’ nel prendere, in autonomia, iniziative e decisioni di questo tipo”, dice il manager tedesco. “E’ vero inoltre che spesso, anche laddove si riesce a lavorare bene con le persone dell’area legale, esistono delle criticità di carattere organizzativo da non sottovalutare, quale per esempio l’assessment delle licenze: non sempre nelle aziende riusciamo a trovare un quadro chiaro con una gestione efficace di queste ultime”.

A volte, il “si può fare” o “non si può fare” non dipende affatto dall’opportunità commerciale e dalle questioni legali ma dalla tipologia di licenza che un’azienda ha in casa: “non tutti i tipi di licenze sono adatte allo scambio commerciale tra privati o tra aziende – osserva in chiusura Buschkühler -, per questo è molto importante effettuare una prima analisi delle licenze disponibili in azienda. Se tutto risulta ‘fattibile’, allora non ci sono scuse: la Corte Europea è stata chiara in merito, si può fare!”.

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