Lo abbiamo già sottolineato più volte, trattando il tema della compravendita di software usato, ma vale la pena ricordarlo ancora: la Corte di Giustizia Europea, già nel 2012, ha tolto ogni dubbio in merito ed ha stabilito che lo scambio commerciale di licenze software è del tutto legale e può avvenire sia tra privati sia tra aziende. Eppure, nel panorama europeo l’approccio delle aziende è ancora molto ‘timido’, così almeno lo definisce Stefan Buschkühler, Sales Director International e fondatore di ReLicense, società che ha nel suo core business proprio la compravendita di software di seconda mano. “Il paese che si è mosso per primo e che quindi è un po’ più maturo rispetto agli altri è la Germania, ma le resistenze si riscontrano anche lì”, ammette Buschkühler il quale, tuttavia, guardando il bicchiere mezzo pieno aggiunge: “ReLicense è cresciuta moltissimo negli ultimi due anni e sta avendo particolare successo in Italia; recentemente abbiamo riscontrato notevole interesse anche nei paesi del Nord e dell’Est Europa, Polonia in testa”.
La crescita di interesse (e di business) verso queste tematiche e opportunità in paesi emergenti è abbastanza comprensibile, ci dice il fondatore: “l’acquisto di licenze software consente alle aziende che operano in questi Paesi in via di sviluppo, che quindi necessitano dell’apporto It, di accedere a risorse applicative indispensabili per la produttività aziendale ad un costo più basso. In questo senso, possiamo anche dire che la crisi economica ha contribuito all’interesse e all’avvicinamento verso questi ambiti di molte realtà aziendali”.
Ciò che rappresenta ancora un grande freno è l’aspetto culturale, la poca fiducia delle aziende, soprattutto quelle di ‘classe enterprise’. “Le aziende di dimensioni più grandi sembrano più propense a vendere i loro software piuttosto che a comprarne altri di seconda mano”, dice Buschkühler. “Ma anche laddove predisposti alla vendita, spesso si bloccano davanti alla preoccupazione di non rispettare le clausole dei contratti stilati con i big vendor o di fronte alla difficoltà di reperire tutta la documentazione necessaria a certificare il passaggio della licenza”.
Sono dunque gli aspetti legali a preoccupare maggiormente, non quelli di natura tecnica. “Noi stessi lavoriamo più a stretto contatto con gli uffici legali delle aziende che non con i dipartimenti It, anche se è da questi ultimi ovviamente che deve partire l’interesse, anche perché gli uffici legali sono piuttosto conservatori e ‘timorosi’ nel prendere, in autonomia, iniziative e decisioni di questo tipo”, dice il manager tedesco. “E’ vero inoltre che spesso, anche laddove si riesce a lavorare bene con le persone dell’area legale, esistono delle criticità di carattere organizzativo da non sottovalutare, quale per esempio l’assessment delle licenze: non sempre nelle aziende riusciamo a trovare un quadro chiaro con una gestione efficace di queste ultime”.
A volte, il “si può fare” o “non si può fare” non dipende affatto dall’opportunità commerciale e dalle questioni legali ma dalla tipologia di licenza che un’azienda ha in casa: “non tutti i tipi di licenze sono adatte allo scambio commerciale tra privati o tra aziende – osserva in chiusura Buschkühler -, per questo è molto importante effettuare una prima analisi delle licenze disponibili in azienda. Se tutto risulta ‘fattibile’, allora non ci sono scuse: la Corte Europea è stata chiara in merito, si può fare!”.